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Forme di attivita economica, utilizzazione delle risorse del suolo

    Forme di attivita economica, utilizzazione delle risorse del suolo

    La formazione del reddito.

    Poiché l’importanza dei diversi settori dell’attività economica si deduce anche dal contributo che da essi deriva alla formazione del reddito della regione e delle sue province, è opportuno che ci soffermiamo brevemente sui suoi valori assoluti e relativi e sulle sue variazioni recenti.

    La Campania occupa il settimo posto tra le regioni d’Italia per il reddito prodotto nel 1962; ma il reddito per abitante rimane sensibilmente inferiore a quello nazionale (69%) e ancor più a quello delle regioni più favorite del nostro paese, sebbene si sia verificato un progresso molto considerevole negli ultimi decenni. Lo sviluppo economico regionale, pur così notevole nell’ultimo decennio, è risultato leggermente inferiore rispetto a quello verificatosi in campo nazionale, soprattutto perchè ha interessato una piccola parte della regione. La Campania ha prodotto il 6,5% del reddito nazionale, pur occupando solo il 4,6% del territorio statale.

    Rinunziando all’esame delle variazioni del reddito prodotto nei tempi passati, ci soffermeremo a considerare il fenomeno per il decennio 1953-62, ritenendo sufficiente, per gli anni anteriori, quanto abbiamo detto qua e là nelle pagine precedenti sulle vicende dell’economia regionale nel secolo scorso e sullo sviluppo economico in relazione con quello demografico nel nostro.

    Il decennio indicato è stato caratterizzato da una politica di interventi straordinari nel Mezzogiorno, allo scopo di attenuare gli squilibri tra le regioni del Nord e del Sud, e si è segnalato per l’alto tasso di sviluppo economico e per i progressi realizzati nel nostro paese, che si considerano superiori a quelli conseguiti nei primi novanta anni dello Stato italiano. In tale decennio il reddito per abitante è cresciuto del 94% nella Campania, ma in misura leggermente superiore per le province di Caserta (111%) e di Avellino (109%) e sensibilmente inferiore per quella di Benevento (72%), mentre per le altre si sono avute variazioni non lontane da quelle regionali (Salerno, 94%; Napoli, 96%).

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    Il grande aumento demografico delle province costiere ha attenuato l’accrescimento del reddito prò capite rispetto a quello assoluto, che è stato molto cospicuo, per lo sviluppo dell’industrializzazione e per l’incremento della produttività. Il limitato aumento del reddito individuale nelle province interne è alla base del flusso emigratorio, che da esse proviene e non accenna a ridursi, dato che il disagio delle popolazioni aumenta a mano a mano che si accentua la differenza tra il loro reddito per abitante e quello delle altre province. Infatti esso è molto diverso tra le province stesse della Campania, dato che nel 1962 per quella di Avellino è risultato il 60% rispetto alla provincia di Napoli, per quella di Benevento il 62%, per quella di Caserta il 65% e per quella di Salerno il 77%.

    E evidente che se si considerasse il reddito per abitante per unità geografiche, anziché amministrative, da un lato si riscontrerebbe maggiore omogeneità nella distribuzione di esso nelle aree più favorite, dall’altro si accentuerebbero le differenze rispetto a quelle più disagiate, donde scaturiscono, almeno in parte, gli spostamenti di popolazione nell’ambito regionale.

    D’altra parte se è giusta aspirazione di una provincia o di una determinata area di adeguare il proprio reddito a quello della nazione e delle regioni più progredite e di seguire il ritmo di sviluppo nazionale, è un fenomeno altrettanto normale che tra le province più progredite economicamente e le altre si accentuino le differenze già esistenti.

    I solchi tra la provincia di Napoli e le altre si sono approfonditi in misura generalmente superiore che tra l’Italia e la Campania: come lo sviluppo economico nazionale non ha sanato il divario tra Nord e Sud, così quello regionale ha accentuato le differenze nel reddito tra le varie province, appunto perchè nel gioco delle forze economiche si avvantaggiano le zone più forti e più preparate a sostenere la gara con le altre. Da ciò sorge spontaneo il dubbio, già manifestato, che l’ulteriore sviluppo industriale della zona partenopea, senza adeguati interventi anche per quelle interne, non giovi nè all’economia generale della regione, nè a quella del Mezzogiorno.

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    Tra il i960 e il 1962 il reddito complessivo della Campania è cresciuto nella misura eccezionale dell’i 1% all’anno, risultando di 1190 miliardi di lire nel 1962, e quello individuale, rispetto alla media nazionale, risulta pari al 69% per la regione, ma all’82% per la provincia di Napoli — che nell’Italia meridionale è seconda solo a Siracusa —, al 63% per quella di Salerno, al 53% per quella di Caserta, al 51% per quella di Benevento e al 50% per quella di Avellino. Questa provincia è una delle ultime d’Italia per il reddito per abitante, prima solo rispetto a Cosenza e a Potenza.

    Sebbene in questi anni si siano registrati nelle province meno evolute aumenti assai considerevoli per tale reddito, anche in funzione dell’esodo della popolazione, tuttavia esse non riescono a lasciare gli ultimi posti della graduatoria per province, pur avendo fatto qualche piccolo passo avanti.

    Occorre seguire anche le variazioni del reddito per settori di attività economica. Quello regionale proveniente dal settore agricoltura, foreste e pesca è sceso dal 25% al 22% nel decennio; ma per la provincia di Napoli risulta solo del 10%, mentre raggiunge il 37% per Salerno, il 42% per Caserta, il 46% per Avellino e il 44% per Benevento.

    Il reddito proveniente dal settore industria, commercio, credito, assicurazione e trasporti varia dal 60% rispetto a quello complessivo per la provincia di Napoli, al 41% per Salerno, al 34% per Caserta, al 31% per Avellino e al 32°/0 Per Benevento. Il tasso di incremento di questo reddito settoriale è stato uguale a quello complessivo, ma è risultato leggermente inferiore nella provincia di Napoli, la quale però ha ulteriormente differenziato la sua economia, già abbastanza complessa.

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    Gli squilibri in genere perdurano e tendono ad accentuarsi; larghi strati della popolazione sono nella povertà e sentono il bisogno di cercare occupazione altrove e di adeguare il loro tenore di vita a quello medio nazionale.