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Regioni storiche e amministrative del Veneto

    Regioni storiche e amministrative del Veneto

    La ripartizione amministrativa

    Il Veneto può esser ripartito in subregioni, basate su caratteri fisici ed economici oppure in circoscrizioni amministrative. Da questo secondo punto di vista il Veneto comprende ora sette province e la divisione ha in parte valore storico e dialettologico, essendo da secoli rimasta pressoché inalterata. L’origine della ripartizione territoriale attuale risale infatti ad un’epoca anteriore al dominio veneziano, il quale soltanto alla fine del secolo XIV e al principio del successivo si estese, salvo piccoli frammenti, sull’intero Veneto: Treviso venne annesso nel 1338 (e definitivamente nel 1388), Rovigo e il Polesine nel 1395, Vicenza nel 1404, Verona e Padova nel 1402, Feltre e Belluno nel 1420. Solo in quest’anno dunque il dominio veneziano comprese (salvo lembi periferici di poco conto) l’intero Veneto, ma poiché l’acquisto della terraferma avvenne più per dedizione spontanea delle popolazioni che per conquista armata, i confini, come del resto gli ordinamenti e le forme di reggimento, consacrate dagli statuti locali, rimasero press’a poco quelli delle antiche signorie. Spesso le circoscrizioni erano assai complesse e mutevoli, con piccoli territori che conservavano la loro autonomia (come, ad es., la Contea di Cesana, corrispondente al comune odierno di Lentiai nella Val Belluna, la quale esistette dal 1159 al 1805 come territorio a sé), per cui nell’uso corrente dei secoli XVI e XVII si divideva comunemente il territorio veneto in alcune province geografico-statistiche, trascurando le unità politiche minori e inglobandole nelle maggiori, tenendo conto, per quanto possibile, di criteri geografici. Ma spesso i limiti erano mal determinati. Si distingueva il Dogado che sotto l’aspetto storico e politico con le sue varie podesterie costituiva qualche cosa di distinto, senza tuttavia avere confini precisi, dalla Terraferma. Questa comprendeva a sua volta il Polesine (senza Adria, che apparteneva al Dogado), il Veronese, il Vicentino (senza il Bassanese, compreso nel Trevigiano), il Padovano, la Marca Trevisana (Trevigiano), il Feltrino, il Bellunese, il Cadore. La tripartizione romana nei municipi di Feltre, Belluno, Julium Carnicum (comprendente il Cadore) è probabilmente da mettere in rapporto con ragioni etniche, trattandosi di regioni ben differenziate essendo stata Feltre fondata dai Reti, Belluno dai Veneti, mentre nel Cadore sono più marcati gli influssi gallici, dato che i vicini Carni erano una popolazione di stirpe gallica. Il Bellunese in senso proprio corrispondeva alla parte del bacino del Piave posta a monte della confluenza del Cordévole, incluso l’Alpago e il tronco della valle del Piave da Ponte nelle Alpi a Termine. Il Cadore, che fin dall’antico costituiva un organismo i cui abitanti si erano uniti per la difesa dei loro beni, dopo il Mille compare col nome di « comunità cadorina » dotata di statuti propri. Più tardi essa acquistò l’attributo di « magnifica » per la sua fedeltà a Venezia.

    Feltre. Veduta del castello

    L’antico palazzo dei Rettori a Belluno, sede ora della Prefettura.

    Regioni siffatte, come il Veronese, il Vicentino, la Marca Trevisana, comprendenti aree poste parte in pianura, parte in collina e in montagna, corrispondono a unità politico-amministrative piuttosto che geografiche, per quanto esista qualche elemento geografico ed etnico (soprattutto di carattere dialettale) distintivo. Così più pacato in confronto ai vicini ci appare il Padovano e anche dal punto di vista fisico la regione assume qualche carattere diverso, in quanto, trattandosi d’una pianura bassa e monotona, vi compaiono numerosi argini e canali, che influiscono sull’agricoltura, sull’insediamento e sulla viabilità. Già il Beloch, allo scopo di poter confrontare la densità di popolazione delle epoche passate con quella attuale, aveva procurato di determinare quali fossero le circoscrizioni amministrative esistenti al tempo della Repubblica Veneta. Un calcolo più preciso venne intrapreso in epoca successiva (1917) da O. Marinelli. E risultato che l’estensione era allora alquanto più eterogenea di quella attuale. Il Dogaclo (compreso il distretto di Adria) abbracciava una superficie di 2087 kmq. ; il Polesine (escluso il distretto di Adria) appena 693; il Padovano 2227; il Veronese 3180; il Vicentino (senza il Bassa-nese) 2565; il Trevigiano, compreso il Bassanese, costituiva, prescindendo dal Friuli, la maggiore unità amministrativa dello Stato veneto (3252), mentre la più piccola unità era rappresentata dal Feltrino (616), di estensione inferiore alla metà del Bellunese (1333) e alquanto minore anche del Cadore. Il confine tradizionale tra queste unità regionali (che non sempre coincide con quello amministrativo) è segnato qualche volta da un corso d’acqua, come è il caso dell’Alpone tra Veronese e Vicentino, del Musone tra Padovano e Marca Trevisana, del Livenza tra Marca Trevisana e Friuli. Finché esistette la repubblica non si può tuttavia parlare d’una divisione amministrativa vera e propria nel senso moderno, ma piuttosto d’una forma federale di territori autonomi sotto l’egemonia della città dominante con caratteri simili ai nostri compartimenti.

    Vedi Anche:  Costumi, tradizioni e parlate venete

    Una modificazione radicale della ripartizione amministrativa si ebbe nel breve periodo napoleonico e poi sotto il dominio austriaco, durante il quale venne fissata quella circoscrizione, che salvo piccoli ritocchi, dura tuttora.

    La suddivisione napoleonica in dipartimenti (1810), simile a quella introdotta fin dal 1790 in Francia, nelle denominazioni insistette sull’elemento idrografico e si ebbero il dipartimento dell’Adige (che corrispondeva al Veronese), del Brenta (Padovano), del Piave (Bellunese), dell’Adriatico (avente per capoluogo Venezia, cui era stato attribuito un territorio alquanto maggiore dell’antico Dogado, troppo limitato per una città come Venezia), del Bacchiglione (Vicenza), del Tagliamento (con Treviso), mentre il dipartimento del Basso Po riuniva il Polesine con la provincia di Ferrara, ma esso non apparteneva al Veneto, ma alla Romagna. Questi dipartimenti, a differenza della circoscrizione precedente, assumono il carattere d’una ripartizione provinciale ben determinata. In realtà si tenne molto conto delle ripartizioni precedenti, che vennero però modificate sia per attenuare la disuguale grandezza (per es., Cadore, Bellunese e Feltrino vennero riuniti nella provincia del Piave), sia per aver confini esterni che meglio rispondessero alle esigenze militari. A codesta divisione napoleonica e in pari tempo alle ripartizioni più antiche è inspirata la circoscrizione austriaca del 1818 che durò inalterata fino al 1853, quando subì alcune variazioni. Sarà da ricordare che il distretto di Mirano e una parte di quello di Noale passarono da Padova a Venezia; i distretti di Loreo e Ariano da Venezia al Polesine; Padova acquistò il distretto di Cittadella e parte di quello di Camisano, tolti a Vicenza, mentre il comune di Zero Branco fu trasferito a Treviso; Sappada da Udine passò a Belluno e Gambellara da Verona a Vicenza. Anche i distretti, allora esistenti, subirono in quell’anno varie modificazioni. La ripartizione, passato il Veneto allo Stato italiano, è rimasta poi inalterata. Occorre solo far cenno che il comune di San Giovanni Ilarione è passato (1923) dalla provincia di Vicenza a quella di Verona. Qualche lieve modificazione subì invece l’intera regione, dato che nel 1868 il comune di Ponti sul Mincio è passato alla provincia di Mantova da quella di Verona, mentre Vicenza si è ingrandita (1929) dei due piccoli comuni di Casotto e di Pedemonte staccati dalla provincia di Trento. Dell’ingrandimento della provincia di Belluno in seguito all’aggregazione dei tre comuni di Colle Santa Lucia, Cortina d’Ampezzo e Livinallongo del Col di Lana, che fino al 1918 erano appartenuti alla monarchia austro-ungarica, abbiamo già avuto occasione di far cenno.

    Ora le sette province del Veneto hanno una superficie media di 2628 kmq., con valori alquanto superiori per Belluno (3679: estesa, ma poco popolata) e Verona (3097), inferiori per Rovigo (1803) e Padova (2142), quasi del tutto pianeggianti. Esse si suddividono ulteriormente in 582 comuni, aventi una superficie media di 31,4 chilometri quadrati. Mentre l’organismo amministrativo comunale è sostanzialmente d’origine francese, i confini comunali in molti casi sono quelli stessi di antiche giurisdizioni e rimontano al Medio Evo, in altri casi (specie nelle zone di bonifica) sono recenti o recentissimi. Valori sensibilmente superiori alla media si riscontrano come estensione nei comuni delle zone di montagna e in quelle lagunari, come Venezia (455,1 kmq.), Porto Tolle (288,1), Chioggia (180,6), Càorle(176,9), Auronzo (220,2), Asiago (163), Belluno (147,2). Più omogenei sono in genere i comuni delle zone collinose e piane, con confini irregolari, che non coincidono quasi mai con linee fisiche, ma piuttosto con limiti di proprietà.

    Monumento a Bartolomeo Colleoni a Venezia.

    Le subregioni geografiche

    Ma accanto alle divisioni amministrative provinciali e comunali vi sono nel Veneto varie regioni tradizionali, specialmente nella parte collinosa e montuosa. Tale è il caso del Cadore, che ricorda l’antica popolazione dei Catubrini, ma che come nome regionale compare per la prima volta soltanto in documenti dal X secolo. Esso costituisce un’unità storica ed etnica ben definita. Già in periodo preromano la regione era ben popolata e la romanizzazione vi si è affermata, tanto più che il Cadore era attraversato da un’arteria stradale assai battuta. Esso non ha del resto limiti geografici precisi. Si è d’accordo nel designare con questo nome il bacino superiore del Piave a monte di Termine coi territori contigui che costituiscono l’Oltremonti cioè le alte valli di torrenti che raggiungono la valle del Piave al di sotto di Termine e cioè la vai Fiorentina (affluente del Cordévole, col comune di Selva di Cadore) e parte della valle del Rutorto (affluente del Maè, col comune di Zoppè). Ma alcuni escludono non solo l’Ampezzano (con Cortina che è stata staccata per molto tempo, dal secolo XVI al 1918, al Cadore), ma anche il Comélico (con Sappada) cioè la regione sorgentifera del Piave, mentre si comprende generalmente nel Cadore l’Oltrechiusa (cioè la media valle del Boite) e l’Oltrepiave (territorio di Lorenzago e Vigo). Si attribuiscono pure al Cadore le due piccole valli del Rio Popena e del Rin Bianco (o Rimbianco) che a N di Misurina col Rin Nero vanno a formare la Rienza, subaffluente dell’Adige. Appartengono anche alla parte cadorina della provincia di Belluno brevi parti degli alti bacini dei torrenti Ongara e Lumiei, che spettano al bacino idrografico del Tagliamento e le stesse sorgenti di questo fiume. Pure al Cadore appartengono gli alti versanti orientali delle Prealpi Carniche fra Cima Laste (2555 m.) e Cima Cadìn (2385 m.), che fanno parte del bacino idrografico del Livenza. Distinti dal Cadore sono invece Zoldano (valle del Maè), Livinallongo (alto Cordévole) e Agordino (medio Cordévole), ripartito quest’ultimo in due parti: Soprachiusa e Sottochiusa, con confine presso Listolade. In queste regioni l’insediamento umano si è affermato soltanto in epoca medioevale e scarsi sono i documenti che risalgano all’epoca romana. Nel Livinallongo, che apparteneva al dominio vescovile di Bressanone, la prima segnalazione d’uno stanziamento permanente è del 1142, mediante colonizzazione attuata con elementi rurali neolatini. Anche Ampezzo, come ha documentato Carlo Battisti, venne abitata in modo stabile solo tardivamente e prima della metà del secolo XI mancano tracce di stanziamento permanente. Poi comincia a costituirsi « un complesso di consorzi armentari (« regole ») che sfruttando terre, pascoli, boschi in modo razionale, cominciarono a dare una nuova impronta alla valle superiore del Boite, la quale come c’insegna la denominazione di Ampezzo (= brughiera pascolativa) era fino a quell’epoca inospite e selvaggia ». Feltrino e Bellunese occupano la sinclinale del medio Piave con le regioni vicine, cioè la Val Belluna, un’appendice della quale si può considerare l’Alpago, che comprende il bacino del lago di Santa Croce denominato in un diploma del 923 di Berengario al vescovo di Belluno Aimone lacus Lapacinensis, dal quale deriva il nome di Alpago. Numerosi nomi regionali compaiono pure nella regione prealpina. Così, in prosecuzione dell’Alpago, Valmareno è chiamato il bacino sorgentifero del Soligo.

    Vedi Anche:  Le regioni del veneto

    Regioni tradizionali del Veneto.

    Venezia. L’Arsenale.

    Nelle prealpi vicentine e veronesi una posizione a parte assumono i Sette Comuni (altopiano di Asiago) e i Tredici Comuni, regioni popolate in passato da genti di stirpe tedesca. Alla storia dei Sette Comuni ha dedicato recentemente (1956) un volume Antonio Domenico Sartori. In passato si riteneva che gli abitanti, aderendo alla tradizione divulgata nel secolo XIV dal letterato veronese Mazzagaglia e dal poeta vicentino Ferreto, discendessero dai Cimbri, sconfitti da Mario ai campi Raudii presso Vercelli (101 a. C.); si era pensato anche a gruppi di Ostrogoti che, sconfitti dai Bizantini, si sarebbero rifugiati nell’altopiano con qualche gruppo di famiglie alemanne, ma ormai si dà per certo che sono affluiti ancora più tardi, nel XII o XIII secolo. Da quell’epoca s’iniziò un movimento da parte di 7 contrade, che presero il nome di Sette Comuni e si costituirono in Federazione politica col nome di Reggenza dei Sette Comuni. I suoi reggitori riuscirono a far riconoscere e rispettare dalle varie signorie che si sono succedute (Scaligeri, Visconti, Venezia) gli aviti privilegi, fino a quando Napoleone l’incorporò (1807) nel Regno d’Italia. Coi nomi di Canale di Brenta e di vai Lagarina si designano due tronchi vallivi, il primo dei quali corrisponde alla valle trasversale del Brenta tra Primolano e Bassano, incassata tra l’altopiano di Asiago e il massiccio del Grappa, il secondo alla chiusa dell’Adige, posta parte nel Veneto, ma per una porzione maggiore nel Trentino. Son da ricordare pure varie denominazioni di vallate subalpine vicentine e veronesi, come quelle di Valdagno, Valpantena, Valpolicella; quest’ultima non designa una valle, ma una zona collinosa solcata da tre corsi d’acqua e la pianura che è presso il loro sbocco sulla sinistra dell’Adige. Non mancano poi denominazioni aventi piuttosto carattere orografico che regionale (come Cansiglio, Montello, ecc.) o che si riferiscono a gruppi di località abitate (Sovramonte, Cavaso, Auronzo, ecc.) o che abbracciano territori molto limitati e poco abitati (Visdende) oppure che ci ricordano vecchie suddivisioni politiche (come Cenedese, Bassanese, Colognese, ecc.) e varie altre.

    Vedi Anche:  Le città del Veneto

    Un cenno a parte merita esser fatto della Marca Trevigiana, che ha avuto estensione molto diversa nelle varie epoche storiche. Già sotto i Longobardi aveva una certa importanza e verso il Mille il Comitato di Treviso prese il nome di Marca Trevigiana, per quanto, a differenza di Verona non abbia mai costituito un vero Marchesato. Essa viene ricordata per la prima volta nel 1136 e nel secolo XII compare anche in documenti pubblici; nell’età dei Comuni i suoi limiti sono indicati da Dante (« quella parte della Terra prava Italica che siede tra Rialto e le fontane di Brenta e di Piava », Par., 90), il quale, poiché aggiunge poi « che Tagliamento ed Adice racchiude », ci lascia dubbiosi se Verona fosse o meno compresa in essa oppure spettasse alla Lombardia. L’attributo di « gioiosa » le deriva poi da un poema cavalleresco, l’Entrée d’Espagne. Verso la metà del Trecento Fazio degli Uberti nel Dittamondo indica come limite occidentale l’Alpone. Nei secoli XV e XVI il nome abbraccia di solito un territorio assai più ampio, come appare dall’opera di G. A. Magini, il quale così scrive: « I confini della Marca Trevigiana sono in Levante il fiume Livenza, che da questa banda è termine del Friuli, appresso, una parte del seno del Mare Adriatico, in Settentrione l’Alpi, che distinguono l’Italia dalla Germania, in Ponente la Lombardia, vicino al lago di Garda, e a’ fiumi Mincio e Sarca, in Mezzogiorno la bocca dell’Adige, e le paludi Melariane e Brigantine, nel qual lato altri pigliano per suo termine il Po ». Anche in seguito troviamo la denominazione usata in modo estensivo (tanto da abbracciare presso alcuni autori anche il Trentino e il dominio veneziano d’oltre Mincio), ma poi, come ha documentato ampiamente O. Marinelli, il nome venne di preferenza usato in senso più ristretto. « Nelle trattazioni geografiche della seconda metà del secolo XVII e in quelle del seguente troviamo infatti generalmente designata come Marca Trevigiana la regione comprendente soltanto il Trevigiano (la Trevisana, come si diceva più comunemente), il Bellunese, il Feltrino e tutto al più anche il Cadorino (il quale ultimo però dalla maggior parte degli autori è incluso nel Friuli), onde necessariamente la parte occidentale della Terraferma, comprensivi il Veronese, il Vicentino, il Padovano ed il Polesine di Rovigo, veniva designata come Lombardia Veneta. Più tardi il nome di Marca di Treviso servì solo a indicare la provincia di cui quella città era a capo ». E il Marinelli prosegue : « La forte variabilità dell’estensione attribuita al nome di Marca Trevigiana può venire messa in rapporto con tante circostanze di ordine naturale e storico (tra l’altro anche il fatto che mancava un vero nome collettivo ufficiale per indicare tutti i possessi di terraferma di Venezia), ma gran parte di esse si può riassumere nella considerazione che Treviso, nonostante la sua centralità nel complesso della Venezia, solo per periodi assai brevi ebbe eventualmente una vera preminenza nella regione ».

    Il Polesine è l’unica regione che risulta ben individuata nella pianura veneta. In origine il nome si riferiva soltanto all’Agro Rodigino fra Adige e Adigetto, mentre poi ha abbracciato pure la terra compresa tra l’Adigetto e il Canalbianco e più tardi ancora, verso la fine del secolo XV, quella fino al Po. Ma soltanto nel secolo scorso l’aggregazione di Adria (1815) e più tardi di Loreo e di Ariano (1851) fecero estendere la provincia e il nome di Polesine fino al mare. Un cenno merita la situazione di Cavàrzere, che è venuta a far parte della provincia di Venezia nel 1815 col suo territorio, occupato in passato per la massima parte da terreni paludosi. La porzione del Cavarzerano sita a destra dell’Adige rappresenta una caratteristica testa di ponte che è stata sempre tenuta da Venezia a presidio del Dogado fino alla caduta della Repubblica.

    Anche le circoscrizioni ecclesiastiche sono andate soggette a variazioni molteplici. Così il vescovado di Feltre fu unito a quello di Belluno dal 1204 al 1462, poi venne separato (e nel 1783 perdette la giurisdizione sulla Valsugana), per essere di nuovo riunito a Belluno nel 1818.