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origine del nome ed estensione del Veneto

    Veneto

    Il veneto e la sua estensione nelle diverse epoche

    Vicende del nome

    La regione veneta (detta anche Venezie o Tre Venezie) è di gran lunga la più estesa tra le regioni italiane e viene superata per popolazione soltanto dalla Lombardia: essa rappresenta per territorio ed abitanti circa l’ottava parte dell’Italia. La regione triveneta però non costituisce, dal punto di vista amministrativo, una regione unitaria, ma comprende, in base all’articolo 131 della Costituzione italiana, tre sottoregioni distinte: Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, suddivisione che, pur rispecchiando differenze etniche e dialettali, risponde più che altro a fini pratici dato che raggruppa alcune province in tre regioni minori senza tener conto se il territorio corrisponda a una unità storico-geografica. Il Veneto, di cui dobbiamo qui occuparci, mentre alle altre due regioni è riservata una descrizione a parte, non aveva infatti mai abbracciato fino ai nostri giorni un’estensione simile all’attuale, ma il nome aveva sempre designato un territorio alquanto più ampio, sia ad oriente che ad occidente.

    Questo nome Veneto non risale ad epoca remota, come quello di Venezia, ma lo si trova usato abbastanza di frequente a partire dagli ultimi decenni del secolo XVIII per designare le province di terraferma della Repubblica di Venezia, comprese quelle lombarde al di là del Mincio (Bresciano, Bergamasco, Cremasco), il Friuli, la maggior parte dell’Istria, una piccola parte del Trentino. Dicendo Veneto s’usava una forma abbreviata, sottointendendo le parole Dominio o Stato (Veneto). Da allora il nome « Veneto » si è andato diffondendo e si è radicato nell’uso del popolo, nella letteratura e nella cartografia, specie dopo che venne assunto dall’Austria per indicare le province venete del Regno Lombardo-Veneto ad oriente del Mincio, col vantaggio di permettere (in confronto alla denominazione di Venezia, che aveva lunga ma non continua tradizione letteraria) una distinzione più precisa tra « veneto » e « veneziano » per designare ciò che si riferisce alla regione da quanto riguarda la città, ma coli’inconveniente di riferire il nome a una popolazione di cui resta appena il ricordo nella storia (gli antichi Veneti), piuttosto che alla città gloriosa che ha lasciato ovunque impronte nel territorio da lei dominato (Venezia).

    In epoca antica la Venezia era infatti il paese dei Veneti, popolazione che abitava la pianura tra i Cenómani a occidente ed i Carni ad oriente, fra il mare e le Alpi, popolate queste ultime dai Reti e dagli Euganei. Poi la denominazione, scomparsi i Veneti, ha perduto il significato primitivo, d’origine etnica, per diventare un’espressione geografica regionale. La Venezia, che costituiva una parte della Gallia Cisalpina, non aveva infatti confini precisi, specie verso oriente, dove come limite viene indicato ora l’Isonzo, ora il Timavo, ma più spesso il Fòrmio (cioè il Risano attuale). Anche verso settentrione, quando si parlava di Alpi non s’intendeva lo spartiacque, ma la cintura delle Prealpi o forse qualche gruppo montuoso meno elevato. Per confine occidentale era in genere considerato l’Adige, mentre a mezzogiorno il Po segnava un limite ben determinato, salvo in corrispondenza alle foci principali, che erano allora più a mezzogiorno di oggi. Confini meglio determinati, diversi però da quelli fisici ed etnici già ricordati, trattandosi d’una regione amministrativa, essa assume nella ripartizione augustea, nella quale tra le n regioni in cui fu suddivisa l’Italia, venne indicato col nome di Venetia et Histria (X Regio Italiae) il vasto territorio che ad oriente si spingeva fino al Quarnaro, ad occidente si estendeva fin quasi alle sorgenti dell’Adda, raggiungeva l’Oglio e toccava poi l’Adda presso il suo sbocco nel Po (con Mantova, Brescia, Verona), a settentrione comprendeva i territori di Trento e Bolzano fino alle località di Maia e Sublavione, ma senza giungere allo spartiacque alpino. Questo ordinamento augusteo, che è perdurato per oltre tre secoli, non ha mancato di lasciare tracce ed ha contribuito a plasmare l’unità della regione e a gettare le basi della sua individualità. Ridotte sotto Diocleziano (297) le regioni italiane a otto, la Venetia et Histria ebbe per qualche tempo una ampiezza anche maggiore, da un lato fino al Lario, dall’altro fino al bacino superiore della Sava.

    La Marca Trevisana nel «Tolomeo».

    Prescindendo da questi diversi limiti, che sono in rapporto con le esigenze dell’amministrazione, negli ultimi secoli dell’antichità il territorio veneto (Venetia) viene spesso designato al plurale (Venetiae o duae Venetiae), con probabile allusione a un territorio terrestre comprendente anche l’Istria contrapposto al territorio marittimo e la designazione diviene d’uso comune quando, sopravvenute le invasioni barbariche e formatosi nella parte terrestre il dominio longobardo, nel territorio costiero, dove le genti venete cercarono rifugio, andò costituendosi una Venezia bizantina, marittima, avente per capoluogo dapprima Oderzo (fino al 640), poi Eraclea (fino al 737) che i profughi opitergini avevano fondato presso la foce del Piave, indi Malamocco (742-810) e infine Rialto. Questo piccolo territorio costiero, designato col nome di Venezia, che non ebbe sempre identica estensione ma divenne fulcro della futura Repubblica Veneta, vien detto pure Terraferma Veneziana (per es., nell’Itinerario di Marin Sanuto del 1483) o Dogado (ducato), mentre il nucleo urbano vien chiamato dapprima Rialto, mutato poi, a partire dal XIII secolo, prima dai letterati e dagli storici (uno degli esempi più noti è la Cronaca veneziana del diacono Giovanni) e poi dal popolo, esso pure in quello di Venezia.

    Vedi Anche:  Le regioni del veneto

    Dominio veneto in Italia.

    Nel periodo medievale in cui prevale la tendenza alla disgregazione politica si perde il concetto geografico d’una regione veneta unitaria, mentre s’afferma l’individualità di regioni minori, come il Friuli, l’Istria, la Marca Trevigiana (« che Tagliamelo ed Adige rinchiude » e « che siede tra Rialto e le fontane di Brenta e di Piave »), il Cadore, alle quali si contrappone il territorio della Repubblica Veneta. Quest’ultimo attraverso una politica lungimirante s’allarga gradualmente dal Dogado originario alle regioni vicine in seguito a guerre fortunate o sottomissioni volontarie. E per designare il territorio terrestre sul quale Venezia estese a poco a poco il suo dominio, più per designazione spontanea delle popolazioni che per fatti d’arme, si usano nomi diversi, come Terraferma Veneziana, Dominio Veneto in Italia, Stato Veneto in Italia e negli ultimi anni della Repubblica, come si è fatto cenno, anche quello, del resto non d’uso comune, di Veneto, esteso quindi anche al Friuli e all’Istria e alle regioni lombarde dipendenti da Venezia. Quando poi la Repubblica Veneta cessò di esistere e il suo territorio (dopo la breve parentesi napoleonica) venne a fare parte dell’Austria (1815), il Veneto, incorporato alla Lombardia nel Regno Lombardo-Veneto, fu limitato alle otto province centrali della regione veneta (compreso il Friuli), mentre l’Istria passò a far parte del litorale austro-illirico. Il territorio, rispetto al periodo veneziano, andò così restringendosi. Come tale il nome Veneto prevalse nell’uso del popolo e nelle pubblicazioni ufficiali anche in seguito, quando venne a far parte dell’Italia, ma non mancò di essere usato dai dotti e dai geografi (per es., da Giovanni Marinelli) come sinonimo di Veneto anche quello di Venezia. Ma fino al 1915 il nome Veneto è di gran lunga il più diffuso.

    Quando poi, in seguito all’esito vittorioso della prima guerra mondiale, l’Italia acquistò quelle regioni che già in epoca antica avevano fatto parte della Venezia, si presentò il problema di dar loro un nome che ricordasse i legami avuti nel passato col Veneto. Richiamandosi a uno scritto del linguista goriziano Graziadio Isaia Ascoli (apparso nell’agosto 1863 in «Museo di famiglia»), venne rinnovato il nome secolare Venezie (o Tre Venezie) per designare tutta la regione dell’Italia settentrionale posta a est dell’Ortles, dell’Adamello e del Mincio, tra il Po, l’Adriatico e le Alpi, regione piuttosto vasta che ha un’unità più fisica che idiomatica o storica. E furono proposti i nomi di Venezia Tridentina (in luogo di Tirolo meridionale) e di Venezia Giulia per le nuove regioni (o subregioni), mentre il nome Veneto (« d’origine mezzo austriaca », come disse il linguista Matteo Bartoli, in quanto solo sotto l’Austria aVeva assunto limiti più ristretti di quelli avuti sotto Venezia), si proponeva (conformemente all’uso dell’Ascoli) venisse sostituito, col vantaggio di avere un nome più italiano e più simmetrico, con quello di Venezia Propria, corrispondente alla plaga dove, non solo nell’esteriorità dei monumenti, ma negli usi e nei costumi si avverte la profonda influenza di Venezia, e che risulta perciò più veneta delle altre parti, tanto che nell’uso corrente la qualifica di « propria » potrebbe omettersi quando non vi sia pericolo di equivoco.

    La ripartizione della Venezia in tre sottoregioni, disgiunte più da vicende politiche che da ostacoli naturali, venne accolta dai geografi, ma non senza discussioni sui nomi e sui limiti. Così, mentre i nomi di Venezia Tridentina (corrispondente alla parte cisalpina del Tirolo già austriaco e a grandi linee al bacino superiore e medio dell’Adige, per cui qualcuno ha anche proposto il nome di Venezia Atesina) e di Venezia Giulia (per la regione orientale posta tra il vecchio e il nuovo confine, detta anche meno frequentemente Regione Giulia) vennero accettati senz’altro (per quanto piuttosto che di Venezia Giulia sarebbe stato più opportuno parlare di Istria, attribuendo il bacino dell’Isonzo al Veneto) ; contro il nome di Venezia Propria (per quanto sostenuto da Olinto Marinelli) si appuntarono le critiche e, accanto al nome Veneto che continuò ad essere usato dal popolo e negli atti ufficiali, trovò tra i cartografi migliore accoglienza il nome di Venezia Euganea, proposto da Matteo Bartoli, richiamandosi all’antico territorio degli Euganei, che abitavano inter mare Al-pesque. Si è proposto anche di usare i termini Venezia occidentale per la Tridentina, Venezia centrale per il Veneto, Venezia orientale per la Giulia.

    Vedi Anche:  storia di ieri e di oggi della popolazione veneta

    Il Veneto attuale e la sua diversa estensione dal 1797.

    Nè mancarono le discussioni sui limiti da dare alle tre regioni. Prima della guerra 1915-18 per Venezia Giulia s’intendeva la regione rivendicata dagli Italiani a oriente del Judrio, ma una volta che essa venne ricongiunta all’Italia era opportuno scomparissero le tracce d’un confine ingiusto. Un geografo particolarmente competente di questi problemi, Olinto Marinelli, dimostrò infatti al Congresso geografico di Firenze (1921) in una sua relazione sul concetto di Regione Giulia che il piccolo fiume non poteva costituire il limite d’una regione naturale ed emise il voto che il nome di Venezia Giulia si estendesse verso occidente in modo da abbracciare l’intero territorio friulano, tanto più che la parte a oriente del Livenza è distinta dal resto per caratteri etnici e condizioni economiche, e quindi il nome Venezia Propria per le altre sette province veniva ad essere ancora più appropriato. Un ordine del giorno votato in quel congresso auspicava infatti « che, cessata felicemente la costrizione politica che limitava a ponente la denominazione di Venezia Giulia all’artificioso confine del Judrio, questa denominazione od altra che la equivalga abbia d’ora innanzi a comprendere, oltre i territori redenti (a oriente di quel confine) anche l’intero territorio friulano, al quale — per ragioni fisiche, linguistiche, storiche, economiche — conviene la pertinenza alla Regione Giulia e il nome di Regione Giulia ». La proposta del Marinelli, fondata com’era su dati di fatti inoppugnabili, ha avuto buona accoglienza ed ha avvicinato sempre più i Friulani ai Triestini ed ai Goriziani, e i loro territori (prescindendo dalla situazione contingente di Trieste) formano ora una delle regioni italiane. Riunito alla Venezia Giulia il Friuli — che viene così ad abbracciare una regione che corrisponde a un’unità amministrativa (la provincia di Udine) — il Veneto (la dizione Venezia Euganea o Venezia Propria sarebbe geograficamente più esatta, ma trova difficoltà a entrare nell’uso), ha visto diminuire ancor più la sua estensione, col vantaggio tuttavia di acquistare una maggiore omogeneità dal punto di vista etnico e dialettale. Così, malgrado l’opposizione di alcuni geografi e linguisti, il nome Veneto ha finito col prevalere ed è giusto che ciò sia perchè ormai la denominazione è ben radicata nell’uso comune.

    Veduta di Malcésine sul lago di Garda.

    Confini ed area del Veneto

    Parlando dei confini del Veneto bisogna distinguere quelli della regione naturale veneta dai confini della regione amministrativa, che è oggetto della nostra descrizione geografica.

    Il Veneto non ha limiti naturali ben netti, che coincidano col bacino d’un fiume o col crinale d’un sistema montuoso, pur tuttavia la vasta pianura, di facile percorso, atta a nutrire una popolazione sufficientemente numerosa per poter assimilare gli elementi stranieri che in essa fossero penetrati, risulta recinta all’intorno da fasce divisorie che, specialmente nelle epoche passate, potevano adempiere funzioni difensive. Tali possono considerarsi l’ampia cintura delle Prealpi, rafforzata in un tratto da una seconda cintura, formata dalle Alpi calcaree, la fascia lagunare adriatica, a caratteri anfibi, e ad occidente una larga striscia di bassure acquitrinose e originariamente selvose tra l’Adige da un lato e il Mincio e il Po dall’altro, alla quale in un certo senso può essere accostata a oriente la zona delle risultive ai piedi delle Prealpi e il corso del Livenza. I limiti delle parlate venete verso quelle lombarde, emiliane e friulane corrispondono in più punti a questi confini naturali.

    Il gruppo del Carega nell’altopiano dei Lessini, m. 2200.

    Il Pasubio visto dal Cornetto.

    Se invece si tien conto delle divisioni politico-amministrative, il tracciato del confine, che in parte tuttora corrisponde a quello della Repubblica Veneta e ai limiti interni stabiliti dall’Austria nel Regno Lombardo-Veneto, è quanto mai irregolare e prescinde dalle esigenze militari e difensive. La linea di confine, lunga in tutto 1104 km. (di cui 909 terrestri e 195 marittimi) racchiude un poligono, lungo circa 210 km. tra la foce del Po e il passo di Monte Croce Comélico, largo 130 km. tra Peschiera e Venezia. Partendo dal Garda il confine tra la provincia di Verona e quella di Mantova, cioè tra Veneto e Lombardia, è segnato solo per breve tratto dal corso del Mincio, dal quale spesso si allontana (come per es., a Valeggio e presso Peschiera, venuta a far parte del Veneto nel 1859, mentre Ponte sul Mincio è passato alla Lombardia nel 1866) con un decorso assai tortuoso portandosi sulla destra; corre poi irregolarmente attraverso le pianure veronesi fino a toccare il Tàrtaro e da questo passare al Po, che accompagna fino a valle di Papozze, da dove raggiunge l’Adriatico seguendo il ramo di Goro. Verso nord il confine, a partire dal Garda, raggiunto il Monte Baldo, taglia l’Adige sotto Borghetto, segue per un tratto le creste dei Lessini fino al Pasubio, al di là del quale appoggiandosi sull’altopiano dei Sette Comuni e sulle Alpi Feltrine e Bellunesi esclude dal Veneto una parte dell’alto bacino dell’Àstico, la valle superiore del Brenta (Val Sugana), gran parte del bacino del Cismòn (Primiero), la testata del Biois, che appartengono al Trentino. Alcune rettifiche, eseguite alla fine della prima guerra mondiale, hanno fatto passare dalla Venezia Tridentina al Veneto il Livinallongo (con Arabba e Colle Santa Lucia: alto bacino del Cordévole) e l’Ampezzano (alta valle del Boite). Cortina d’Ampezzo ha avuto sempre, in epoca antica e medievale, stretti legami con Pieve, capoluogo del Cadore, ed è quindi ben giustificato il suo passaggio alla provincia di Belluno. Nel tratto successivo la linea di confine segue fino al Monte Cristallo, salvo qualche deviazione di poco conto, la linea di displuvio tra Adige e Piave, toccando nel punto più alto la cima della Marmolada. Dopo il Cristallo e fino al Peralba, il confine si appoggia su montagne elevate e coincide con lo spartiacque principale tra Adriatico e mar Nero, separando il Veneto prima dall’Alto Adige e poi, a partire da Cima Vanscuro, dalla Repubblica Austriaca, ricalcando in quest’ultimo tratto (25 km.) il confine che ha separato per secoli la Repubblica Veneta dall’Austria non senza dar luogo in alcuni settori a contese, che i Magistrati ai confini di Venezia (istituiti fin dal 1564) cercavano di risolvere a favore della Repubblica. Visite periodiche garantivano che i cippi di confine (alcuni dei quali sussistono talora al loro posto) non fossero manomessi o spostati. Invece nell’ultima sezione, tra il Monte Peralba (m. 2693) e il mare, il confine funge da limite divisorio regionale solo da poco tempo, da quando cioè il Friuli è stato staccato dal Veneto e passato a far parte della regione Friuli-Venezia Giulia. Nel primo tratto la linea segue (salvo qualche deviazione in corrispondenza al Lumiei e al Vajont) lo spartiacque tra gli affluenti del Piave e quelli del Tagliamento e del Cellina, quindi s’appoggia al bosco del Cansiglio e in pianura raggiunge il corso del Livenza, che segue per breve tratto fin presso Meduna. Indi con una linea sinuosa, che corrisponde ad antichi limiti comunali, arriva al Tagliamento un po’ a nord di Latisana e segue questo fiume fino al mare.

    Vedi Anche:  Agricoltura, allevamento, pesca e caccia

    L’altopiano delle Vette Feltrine.

    L’estremo punto settentrionale del Veneto è costituito da Cima Vanscuro (m. 2677) nel Comèlico (46° 40′ 8″) e a latitudine di poco inferiore è a occidente la Croda del Becco (m. 2810) da dove trae origine il Boite; il punto più meridionale dalla punta di Goro (440 47′ 4″). La regione abbraccia perciò un intervallo in latitudine di quasi due gradi. Di circa due gradi e mezzo è la differenza di longitudine tra la foce del Tagliamento (130 5′ 4″) e un punto posto a ovest di Peschiera, a nordest di San Martino della Battaglia (io0 37′ 3″). Il meridiano di Monte Mario passa per Spinea (Treviso) e per Zoldo (Belluno).

    Arabba verso il Passo di Campolongo.

    Entro i limiti descritti, il Veneto ha un’estensione di 18.378 kmq., che lo classifica all’ottavo posto tra le regioni italiane, un po’ più grande del Lazio, un po’ più piccolo della Puglia. Il punto più elevato del Veneto è la vetta della Marmolada, che con la sua cima ghiacciata si spinge intorno a 3360 metri. Il punto più depresso scende di qualche metro (2-3) sotto il livello medio del mare in zone arginate depresse del Polesine, data la tendenza del terreno alluvionale bonificato ad un lento assestamento e progressivo abbassamento. Il punto più discosto dal mare (132 km.) si trova presso la sponda meridionale del Garda.

    Il monte Cristallo dal passo di Tre Croci