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la pianura campana

    La pianura campana.

    Tra il Garigliano, i Lattari e la base dei rilievi preappenninici si estende una fascia pianeggiante, che rappresenta una delle più estese pianure dell’Italia peninsulare e si compone di tre parti: la pianura del Garigliano a nord del Màssico, il Piano Campano tra il Màssico e le colline flegree e la pianura circumvesuviana.

    La Piana del Garigliano si affaccia al mare su larga fronte dunosa e si riattacca al Piano Campano con un’esile striscia pianeggiante litoranea alla base del Màssico. Essa presenta una ristretta zona retrodunale depressa, già pantanosa, dalla quale si va lentamente rilevando verso il Roccamonfina, dei cui materiali risulta in gran parte formata. I torrenti hanno creato dei solchi sui dolci declivi, originando una serie di ondulazioni, che movimentano la zona più alta e permeabile della pianura.

    La bassa pianura del Garigliano è stata per secoli acquitrinosa e malarica, quasi del tutto priva di insediamenti, fino a che non si sono iniziati — poco più di un trentennio addietro — i lavori di bonifica, che hanno portato dapprima al prosciugamento e all’appoderamento e successivamente all’irrigazione e alla trasformazione agraria di essa.

    Importanti opere di presa sul Garigliano hanno permesso di derivarne le acque, che vengono distribuite ai campi con una fitta rete di canali e consentono la diffusione di ortaggi, di alberi da frutta e di colture industriali. Sui terreni sabbiosi presso il mare cresce rigogliosa la vite, che dà prodotti pregiati, e nella zona pedemontana l’olivo, l’una e l’altro in graduale espansione. La piana era tagliata ai margini dalla Via Appia, che superava il fiume con un ponte sospeso, ma ora è attraversata dalla strada litoranea (Domitiana) che ha favorito la valorizzazione di tutta la fascia costiera fino a Lìcola.

    La piana è ancora scarsamente abitata ed è in parte coltivata dagli abitanti dei centri periferici e specialmente di Mondragone, i quali si trasferiscono dai centri ai campi la mattina e in senso inverso la sera, con lunga serie di carri.

    la pianura circumvesuviana, la quale se ne differenzia nettamente per le forme di utilizzazione del suolo e per la distribuzione della popolazione.

    La sezione a nord del Volturno è estremamente piatta e dal deflusso assai diffìcile ed era pressoché disabitata prima di essere prosciugata con canali e con idrovore. Era il regno dei bufali allo stato brado e dell’acquitrino, in cui si trasferivano temporaneamente dai pochi centri periferici uomini dai visi pallidi, provati duramente dalla malaria e abbrutiti dalla fatica. Una ristretta zona alla base dei rilievi presentava condizioni ambientali meno ostili e richiamava i pochi centri (Mondragone, Sparanise, Calvi, Pignataro Maggiore, Bellona), intorno ai quali si sviluppavano colture legnose (olivo, vite). In seguito alla bonifica e al risanamento delle aree più basse si sono moltiplicate le case sparse, si sono formati vari borghi rurali, si sono sviluppati e rinnovati i vecchi centri, differenziando così la loro economia. Un recente processo di trasformazione industriale sta interessando il territorio di Francolise e di Sparanise, dove è in formazione una vera area industriale.

    sviluppo maggiore, per essere una delle porte di accesso della Campania. Estesi vigneti, dai quali si ricava il robusto Falerno, floride pinete litoranee, valorizzate su lungo tratto con la creazione di stabilimenti balneari, redditizie colture erbacee, allevamento bufalino ed una attrezzatura industriale incipiente fanno assumere alla cittadina importanza agricola, turistica, balneare e commerciale.

    Fra gli altri centri pedemontani si possono ricordare Carinola (13.427 ab.), per la cattedrale romanica (sec. XI) e per alcuni edifìci di stile catalano, in parte crollati, e Calvi Risorta (4676 ab.), poco lontano dai resti dell’antica Cales e presso un’interessante cattedrale del secolo IX e un rovinante castello trecentesco.

    La sezione della pianura di Terra di Lavoro a sud del Volturno è divisa in due parti dai Regi Lagni, che percorrono una zona depressa da Acerra al mare, dominata dalla palude e completamente disabitata fino ai nostri giorni, malgrado le opere di canalizzazione, eseguite fin dal secolo XVI. Anche peggiori erano le condizioni della zona costiera e di quella alla sinistra del Volturno. Piccoli centri sono sorti sulle sponde del fiume (Castel Volturno, Arnone, Grazzanise, Santa Maria La Fossa) e ai margini delle zone malsane (Villa Literno, Casal di Principe), in cui poche centinaia di abitanti hanno condotto per secoli una vita stentata. Erano quelle le note zone dei « mazzoni », cioè dei pascoli, interrotte da pantani e da acquitrini, in cui gruppi di bufali si immergevano nelle ore più calde dell’estate.

    La pianura, però, si va lentissimamente rilevando verso la base dei Tifata e verso le colline flegree e diventa più asciutta e permeabile, in quanto è costituita quasi tutta di materiali piroclastici.

    Nelle zone più alte di essa si sono formati da tempi remoti vere città e cospicui centri, che moltiplicatisi nel corso dei secoli, vi si sono addensati come in nessun’altra parte d’Italia. La bonifica ha modificato le forme di utilizzazione del suolo di vasta parte della pianura; nelle aree più basse, umide e ricche di humus e a falda acquifera superficiale o affiorante, sono diffuse colture irrigue e orticole (mais, fagioli, tabacco, cocomeri, ortaggi), in quelle più rilevate sono praticate colture erbacee (frumento, canapa, legumi) e legnose, specializzate o promiscue (noce, pesco, melo), che hanno guadagnato rapidamente terreno negli ultimi decenni, alterando il tradizionale paesaggio agrario della pianura, in cui gli elementi più notevoli sono i filari di pioppi che sorreggono tipiche ghirlande di viti.

    La conquista delle terre più basse all’agricoltura è stata impresa ardua e coronata talvolta solo da successi temporanei, ma ormai si può dire completa. L’eliminazione dell’acquitrino e della malaria ha trasformato la struttura agraria di vaste zone, ha consentito la dispersione degli insediamenti e il rapido sviluppo dei centri, ha avuto conseguenze economiche e sociali di grande portata per i loro abitanti, i quali si vanno sottraendo lentamente ad un secolare abbrutimento e all’inesorabile legge dell’odio e della violenza, tramandata ai figli dai padri attraverso una lunga serie di luttuosi fatti di sangue.

    Nell’Evo antico le città principali della pianura erano Capua, Atella ed Acerra, accanto a pochi altri centri minori, quali Liternum, Calatia e Suèssula. Capua era una delle più popolose e fiorenti città del mondo antico, di origini assai remote e dalla storia molto agitata; Atella era una notevole cittadina, famosa per le gioviali e frizzanti rappresentazioni teatrali, le Atellane, che riscossero grande favore a Roma. Le due città, duramente provate dagli attacchi degli invasori e in gran parte distrutte, furono sostituite nell’età di mezzo, da Capua medioevale e da Aversa, che saranno destinate a conservare per molti secoli una posizione preminente nelle due sezioni della pianura a nord e a sud dei Regi Lagni. Nei tempi moderni sulle rovine delle due città antiche si sono andate formando Santa Maria Capua Vètere (30.024 ab.) e Orta d’Atella (7562 ab.), la prima con aspetto di città e funzioni differenziate (industriali, militari, commerciali, turistiche), la seconda ad economia agricola e non priva di qualche attività industriale, ma dall’architettura aulica e rurale caratteristica.

     

     

    Aversa fu fondata nel 1030 dai Normanni, ai quali era stato concesso il territorio circostante dal duca di Napoli, Sergio IV, per l’aiuto ricevuto contro il principe di Capua. Divenuta capoluogo di contea e sede vescovile, assunse una posizione preminente tra gli altri centri che si andavano addensando ai margini delle colline flegree. Questo primato essa conserva tuttora, essendo un notevole nodo ferroviario e centro commerciale e industriale (40.336 ab.).

    Erede dell’antica Calatici si può considerare Maddaloni, presso lo sbocco di due valli preappenniniche, risalite da strade rotabili e da ferrovie che collegano la Campania con il Molise e con la Puglia attraverso la conca beneventana. Nel Medio Evo si trasferì sull’appendice sud-orientale dei Tifata, dove spiccano ancora i resti di un castello, ma si è andata espandendo nel piano nell’età moderna. Maddaloni (31.024 ab.) associa a rilevanti funzioni rurali una considerevole importanza commerciale e, oltre ad alcune industrie manifatturiere, conta nei pressi parecchie cave intensamente sfruttate. Qualche caserma e alcuni grandi palazzi signorili, vecchi e nuovi, circondati da rigogliosi giardini di agrumi e di alberi da frutta, spiccano nel suo paesaggio urbano.

     

     

    La pianura circumvesuviana è fittamente abitata da tempi remoti, come provano le tombe preistoriche scoperte nella pianura del Sarno, le popolose città antiche di Nocera, Nola e Pompei, i centri medioevali e i numerosi agglomerati moderni, parecchi dei quali hanno assunto aspetto e funzioni di città. Molti sono i centri che meriterebbero di essere adeguatamente illustrati, perchè hanno una certa importanza economica e conservano monumenti di interesse storico ed artistico; ma noi possiamo soffermarci brevemente solo su quelli che hanno un’economia differenziata ed hanno polarizzato nel corso dei secoli la vita della feracissima pianura. Degli altri più cospicui si è fatto cenno nelle pagine precedenti per segnalarne la struttura urbana e l’importanza agricola, commerciale e industriale.

    Vedi Anche:  Formazione geologica il rilievo montagne e pianure

    La pianura si incunea entro i rilievi fino alla conca di Mercato San Severino e a quella di Cava dei Tirreni. Questa è una cittadina (42.231 ab.) circondata da minori centri alla periferia della fertile conca e deve la sua fama soprattutto alla potente Abbazia della Trinità, che fu fondata nel secolo XI ed estese la sua giurisdizione su larga parte dell’Italia meridionale. La chiesa ed il monastero hanno notevole interesse storico e architettonico e costituiscono i principali monumenti della città. Cava ha goduto per secoli alcuni privilegi, specie per la vendita degli arazzi di seta, ed è stata a lungo una delle principali piazze commerciali del Meridione, servita dal porto di Vi etri sul Mare. Ora è un fiorente centro agricolo, commerciale, industriale e turistico.

    I Campi Flegrei.

    di Bagnoli, e dalla trasformazione agraria e fondiaria della regione. La metropoli partenopea, che occupava una posizione marginale rispetto ai Campi Flegrei, ne ha risalito le colline più orientali e si è espansa in varie conche crateriche, dove già si erano venuti costituendo dei centri cospicui (Soccavo, Pianura).

    La zona costiera ha esercitato il maggiore richiamo, favorendo la creazione di numerosissime case sparse e di grossi agglomerati, talvolta sulle rovine grandiose degli antichi insediamenti (Baia, Bàcoli), o presso spiagge attrezzate per i bagni marini (Lucrino, Torregàveta, Lìcola). Unica città dei Campi Flegrei che possa vantare una continuità nel tempo è Pozzuoli. Fondata col nome di Dicearchìa dagli esuli di Samo intorno al 528 a. C. e caduta nell’orbita politica delle genti osco-sannitiche di Capua nel 438 a. C., fu occupata giusto un secolo dopo dai Romani, che le cambia-

    rono il nome in Putèoli e, collegandola direttamente con Roma, le assicurarono una grande fortuna economica e un notevole sviluppo demografico. Pozzuoli fu a lungo il porto di Roma di importanza cosmopolita, il punto di incontro delle civiltà e dei culti dell’Oriente con quelli dell’Occidente e il principale emporio commerciale d’Italia. I resti grandiosi del suo anfiteatro, del mercato (Serapèo), dei templi, dedicati a svariate divinità greche, romane, egiziane e siriane, testimoniano l’importanza antica della città, che vide sbarcare i primi seguaci di Cristo (San Paolo) e mandare al patibolo i primi martiri cristiani (Gennaro, Procolo, Sossio). Al tempo di Teodosio aveva già il suo vescovo e la sua Chiesa, che cominciò ad affermare i suoi diritti sulle terre circostanti.

    Gli abitanti della città si ridussero di numero nel Medio Evo e non raggiungevano tremila unità agli inizi dell’età moderna, ma poi c’è stata una crescente ripresa demografica, più notevole agli inizi del secolo scorso, tanto che la sua popolazione si è quadruplicata nel corso degli ultimi cento anni (51.308 ab.).

    Pozzuoli è oggi una fiorente città, che si sviluppa intorno al promontorio su cui sorse il suo nucleo originario e si allunga fino a Lucrino, ha una considerevole attrezzatura industriale e una non trascurabile importanza come centro balneare e termale, come porto commerciale e peschereccio e come luogo di transito per le isole di Pròcida e di Ischia.

    Il Vesuvio.

    I centri principali sono delle città vere e proprie e si distribuiscono nella zona altimetrica di 100-200 m. sul versante nord-orientale, mentre sono tutti esclusi dall’isoipsa di 100 m. sul versante sud-occidentale, dove il richiamo del mare è risultato assai forte, anche per la più diretta minaccia delle colate laviche, dei torrenti di fango e delle piogge di ceneri e lapilli.

    Il limite della montagna verso la pianura non è facilmente riconoscibile, sia perchè le forme del terreno si adeguano insensibilmente e sono obliterate da un folto mantello vegetale, sia perchè la separazione tra le colture irrigue e asciutte ha poco valore dopo la perforazione di pozzi profondi e l’impiego di motori elettrici per sollevare l’acqua alla superficie.

    La zona di media montagna del Somma-Vesuvio è occupata in gran parte dal bosco (castagni, pini), mentre quella basale è intensivamente coltivata, salvo le pinete che coprono alcune colate laviche. La varietà delle colture è straordinaria, ma prevalgono alberi da frutta e vite, in forma ora promiscua, ora specializzata. Per la diversa esposizione dei versanti si nota la netta prevalenza dell’albicocco su quello meridionale, la plaga più nota d’Italia per tale coltura, mentre sul versante del Somma acquistano importanza il pesco, il susino, il nocciolo, il noce, il melo, accanto all’albicocco e al vigneto. Più in basso sono diffusi ortaggi e fiori; ma anche sotto vite e alberi da frutta sono praticate colture erbacee invernali: fave, piselli, patate, fagioli e così via.

    Il Vesuvio si inserisce magnificamente nel Piano Campano, per quanto riguarda l’intensità delle colture, sebbene lo sviluppo dell’edilizia ne stia riducendo sensibilmente l’importanza agraria della zona basale.

    Spesso il vulcano ha devastato o sommerso le opere dell’Uomo, ma questi ha avuto presto il sopravvento, riprendendo con successo la lotta, ora costruendo sulle rovine sepolte, ora disseppellendo le egrege opere degli avi, ora ricoprendo le lave con materiali di riporto e creando il suolo agrario, ora facendo attecchire nelle anfrattuosità delle scoriacee colate laviche e sulle distese di sabbia i semi destinati a rivestirle di magnifici boschi di pini.

    La lotta dell’Uomo per contrastare le devastatrici forze del Gigante dura da tempi immemorabili con alterne vicende, perchè alla sua periferia si sono formati nel corso dei secoli notevoli insediamenti, alcuni dei quali sono assurti a vere città e tutti sono stati sede di proficuo lavoro, di riposo, di svaghi e di lusso. Ne sono una prova eloquente le imponenti ed interessanti rovine di Pompei e di Ercolano, che furono sommerse dal vulcano durante uno dei suoi più violenti parossismi e che sono state dissepolte nel corso degli ultimi due secoli, le ville magnifiche, fiorite sulle sue falde dal Medio Evo ai nostri giorni, e le città che si susseguono alla sua base. Qui illustri personaggi del mondo antico, militari, uomini del foro, della cultura e della politica, vennero in cerca di svaghi e di riposo, qui molti prìncipi, nobili e ricchi borghesi angioini, aragonesi, spagnoli e napoletani vollero costruire la loro dimora di campagna, alle porte della capitale o presso la reggia di Pòrtici, creando dei palazzi che ancora si ammirano per pregi stilistici e formali, qui nei tempi più vicini a noi si è formata tutta una successione di città servite da buone vie di comunicazione ferroviarie e stradali.

    Il vulcano di tanto in tanto minaccia e sommerge abitati e colture, ma, passata la furia devastatrice e superati i temporanei smarrimenti, l’Uomo riprende confidenza col Gigante e ne risale le pendici, le coltiva e le trasforma con mezzi sempre più potenti.

    Le distruzioni — è stato già ricordato — sono state gravi e frequenti negli ultimi tre secoli, e in special modo nel Seicento e nel Settecento: imponenti colate laviche hanno investito Boscoreale, Pòrtici e Torre Annunziata nel 1631, Torre Annunziata nel 1760, Torre del Greco nel 1794; torrenti di fango, dovuti alle piogge che accompagnarono l’eruzione del 1631, distrussero Resina, Pugliano, Ercolano e San Giorgio e danneggiarono altri agglomerati minori.

    Nelle eruzioni più recenti i danni maggiori sono stati subiti da Terzigno e da San Sebastiano, perchè si trovano sulle opposte direttrici delle lave che defluiscono dalla Valle del Gigante, ma parecchie colate sono scese molto in basso lungo le generatrici coniche della montagna, sommergendo floride colture e raggiungendo strade ed insediamenti.

    Le gravi distruzioni del XVII e del XVIII secolo ci spiegano come mai le sedi siano quasi tutte piuttosto recenti, mentre la diversa esposizione topografica delle falde della montagna e la diversa loro protezione contro l’ira del vulcano determinano in parte la distribuzione di tipi differenti di case da un versante all’altro.

    I centri hanno seguito di solito due direttrici, una secondo le generatrici coniche della montagna, consigliata dalla presenza di costoni più rilevati e meno minac

    ciati da lave o torrenti di fango, un’altra lungo le strade che girano intorno al vulcano, nella zona pedemontana asciutta e fertile.

    Vedi Anche:  La popolazione della Campania dopo l'unificazione dell'Italia

    Seguendo la base della montagna, la catena dei centri è pressoché continua e meriterebbero tutti un’adeguata illustrazione, ma ci si deve necessariamente limitare a pochi cenni dei principali. Torre Annunziata è la seconda città industriale della Campania ed una delle più popolose (58.400 ab.) ed è fornita di un buon porto mercantile e peschereccio, attraverso il quale passano il grano per i suoi molini e gran parte delle materie prime per i suoi stabilimenti. Ad essa un canale adduce le acque delle sorgenti del Sarno sin dal secolo XVII per le esigenze dei suoi stabilimenti (metallurgici, meccanici, alimentari e farmaceutici). Fu appunto una certa disponibilità di energia idraulica a richiamarvi i primi opifici (molini e pastifici), che venivano alimentati prima col grano delle regioni meridionali e poi con quello proveniente dall’Ucraina e da altri paesi mediterranei o americani.

    La città attuale si è formata presso le rovine di un centro antico, Oplonti, e intorno ad una chiesetta dell’Annunziata del secolo XIV, dalla quale ha preso il nome, e si

    è sviluppata a partire dal secolo scorso sulle estreme propaggini del Vesuvio e nella zona costiera. Essa ha conosciuto, negli ultimi decenni, uno straordinario sviluppo demografico ed economico, ha rinnovato la sua struttura urbanistica, potenziando l’attrezzatura industriale commerciale e balneare.

    Tra i centri, che si susseguono alla base del Vesuvio, si distinguono Bosco-trecase, Boscoreale, San Giuseppe Vesuviano, grossi agglomerati agricoli e industriali, Ottaviano e Somma Vesuviana, il primo di origine antica, che deriva il nome dalla stirpe dell’imperatore Augusto, il secondo di fondazione medioevale, ma ambedue ricchi di storia e difesi da castelli, Pòrtici (50.373 ab.), sede della residenza e del parco dei Borboni, Resina (45.148 ab.), ricca di magnifiche ville settecentesche e ottocentesche e nota per il suo pittoresco mercato, già stazione di partenza della ferrovia del Vesuvio, e Torre del Greco (77.576 ab.), popolosa città marinara, famosa per la pesca delle spugne e dei coralli e per la lavorazione di cammei e coralli e, inoltre, per la tipica architettura a volta delle sue case, comune a tutto il versante meridionale del Vesuvio fino a Terzigno.

    La Penisola Sorrentina.

    Una delle parti più celebri della Campania, e del mondo intero, è la Penisola Sorrentina, che si prolunga verso Capri con la catena dei Lattari, smembrata da numerose fratture in dorsali minori a pareti precipiti sul mare dei due golfi di Napoli e di Salerno. La linea di displuvio si sposta dall’orlo settentrionale a quello meridionale a mano a mano che si procede verso la Punta della Campanella, sicché si ritrovano valli più lunghe e conche o terrazze esposte a sud nella prima sezione (Tramonti, Agèrola, Ravello), a nord in quella più estrema (Vico Equense, Sorrento, Massa Lu-brense). La dorsale del Faito col Sant’Angelo a Tre Pizzi divide, sotto questo riguardo, la Penisola in due parti, destinate per condizioni naturali a gravitare verso Amalfi e verso Sorrento rispettivamente.

    Essa si assottiglia e si abbassa, ingentilendo le sue membra e alternando paesaggi alpestri ad altri più dolci, a più ordini di ripiani e di terrazze. Il corpo della Penisola si compone, infatti, di una successione di dorsali subparallele, separate da valli profonde o da solchi marcati, che consentono colpi d’occhio di eccezionale interesse paesistico. In essa quasi non c’è posto per le pianure, sicché i centri sono sorti, salvo poche eccezioni (Amalfi, Maiori), su lembi di terrazze o sulle falde meno acclivi e in corrispondenza di spiagge presso le quali si sono formate le cosiddette marine, cioè le gemmazioni litoranee dei centri più alti, che hanno assunto funzioni pescherecce, marinare, commerciali e balneari.

    Grazie all’esteso ricoprimento di terreni piroclastici, sciolti e cementati, alle abbondanti precipitazioni e alla mitezza del clima, la vegetazione raggiunge una grande

    (inizio del secolo XVIII).

    floridezza, sia che si tratti dei residui boschetti di macchia sulle pareti più ripide della zona più bassa o dei boschi di castagno ceduo e da frutto e delle fustaie di faggio e di cerri, sia che si tratti di piante coltivate. Infatti il paesaggio agrario della Penisola è assai vario ed interessante e presenta da secoli una notevole complessità, pur essendo mutati gli elementi componenti. La proprietà è recinta con alti muri o con siepi ed in ogni podere sorge la casa rurale o padronale in posizione centrale e raramente periferica. Ne deriva, quindi, un’impronta caratteristica al paesaggio, che meriterebbe un accurato esame per illustrarne gli elementi geografici.

    Imponenti opere di trasformazione sono state richieste per la formazione di terrazze destinate ad accogliere le colture più redditizie (agrumi), per la loro irrigazione e per la loro protezione contro i rigori dell’inverno.

    strade; i pianori e le terrazze a maggiore altitudine sono il dominio della vite e degli alberi da frutta assai mescolati (noce, nocciolo, melo, pero) e non respingono colture erbacee (fave, fagioli, patate, frumento, mais), mentre l’olivo risale le pendici esposte a sud ed il ceduo castanile discende quelle rivolte a nord.

    La Penisola ci offre esempi molto istruttivi delle oscillazioni dei limiti altimetrici della vegetazione spontanea e coltivata a seconda dell’esposizione, della natura dei terreni, del pendio, dell’umidità e di altri fattori.

    L’agricoltura, già basata sulla coltura promiscua (olivo, vite, gelsi, noci ed altri alberi da frutta), ha subito una notevole evoluzione in tempi recenti con la graduale

    diffusione e specializzazione dell’agrumeto (arancio sulla terrazza di Sorrento, limone sul versante amalfitano e nel territorio di Massa Lubrense), ma predominano ancora poderi a colture differenziate, che consentono una migliore destinazione agraria della loro superficie in relazione alla natura dei terreni e all’esposizione, e garantiscono i coltivatori contro i danni derivanti a questa o a quella coltura da crisi di mercato o da sfavorevoli condizioni meteorologiche.

    La Penisola si è giovata della vicinanza della metropoli partenopea, oltre che della presenza delle attive città di Amalfi, di Sorrento e di Castellammare di Stabia, non soltanto perchè ha collocato sui loro mercati parte dei prodotti, ma anche perchè ha richiamato da esse gran parte dei capitali per le trasformazioni agrarie, per la costruzione di muri di cinta e di palazzi padronali, senza dire che la selezione di specie e varietà più adatte, l’applicazione di razionali sistemi colturali, una migliore organizzazione dell’azienda e il successo della lotta contro alcuni parassiti sono stati possibili talvolta grazie ad una specifica preparazione dei proprietari e alla vicinanza di scuole tecniche e di istituti universitari specializzati.

    bellezza e varietà del paesaggio, per la trasparenza e l’azzurro del suo mare, è stata sempre la principale zona di villeggiatura estiva della Campania, grazie anche ai facili collegamenti con Napoli, una volta via mare, ora via terra.

    La popolazione vive in case sparse, già detti casali, in numerosi pittoreschi centri costieri (marine), pescherecci e balneari, e in vari agglomerati maggiori. Tra questi hanno fama internazionale Positano per i caratteri strutturali e formali del suo paesaggio urbano, Ravello per i tesori artistici della sua cattedrale e delle sue ville, dalle quali si gode un panorama stupendo, sebbene si distinguano per importanza Amalfi, Castellammare di Stabia e Sorrento.

    Amalfi è cittadina fiorente ed attiva (7163 ab.), adagiata sul fondo di una valle a pareti verticali, nota per la cattedrale, i conventi e le torri, per l’arsenale e per la Grotta di Smeraldo, e fornita di una discreta attrezzatura alberghiera e di un piccolo porto. Fu una delle nostre gloriose repubbliche marinare, che si distinse nella lotta contro i Saraceni e legò la sua fama alle opere che lasciò in varie città dell’Oriente, alla scoperta o al perfezionamento della bussola, che preluse alla navigazione di alto mare, e alle celebri leggi della navigazione e del commercio raccolte nelle Tavole Amalfitane.

     

     

    Castellammare di Stabia è una delle più popolose (64.618 ab.) e industrializzate città della Campania e sorge alla base dei Lattari, presso i resti dell’antica Stabiae, portati di recente alla luce, e si espande ampiamente nella pianura del Sarno. E nota per le sue sorgenti termo-minerali e per i suoi moderni e grandiosi stabilimenti termali, per il cantiere nel quale furono costruite le unità della flotta borbonica e sono state varate molte grandi navi da guerra e mercantili della marina italiana, e per altre svariate industrie estrattive e manifatturiere. Ha un porto efficiente, che serve anche vari centri della pianura sarnese, ed ha assunto una certa importanza commerciale e turistica, specie dopo l’impianto della funivia per il Faito, sul quale è sorto un villaggio turistico. Castellammare è una città in rapido sviluppo verso la pianura ed ha subito un considerevole rinnovamento edilizio, sebbene conservi un nucleo urbano caratterizzato da vie strette, che sono affollate e spesso ingombrate dalle bancarole dei rivenditori ed evidenziano interessanti aspetti della vita locale.

    Vedi Anche:  Le sorgenti

    Sorrento (11.768 ab.) si formò ai margini della sua famosa terrazza, su un’area delimitata da due profondi valloni e quindi naturalmente protetta su più lati da ripe precipiti. Alcune opere murarie e un alto muro completano la difesa della cittadina, che aveva una pianta regolare e conserva tuttora invariato il tracciato delle strade, dirette, le principali, da oriente ad occidente e tagliate ortogonalmente dalle altre.

    Sorrento, già nota nei tempi antichi, ha acquistato fama ed importanza nel Medio Evo, erigendosi a ducato indipendente, e nell’età moderna, per il fiorire della marineria, per le colture (gelso, noci, aranci) della sua fertile piana, per l’artigianato (intarsio, seta) e per un graduale sviluppo turistico. I dintorni di Sorrento e degli altri floridi centri vicini offrono condizioni ideali per la villeggiatura, perchè la calura estiva risulta molto attenuata, ed hanno esercitato sin dai tempi antichi un potente richiamo sugli abitanti di Napoli, grazie agli agevoli collegamenti marittimi.

    Le ville romane, delle quali la più grandiosa era quella di Pollio Felice e meritò di essere celebrata dalla poesia di Stazio, le case padronali e i cosiddetti palazzi, creati nell’età moderna dall’aristocrazia e dalla borghesia ricca di Napoli nei fondi rustici, e le villette, che vengono costruite da Italiani e da stranieri sotto i nostri occhi, sempre più numerose e varie per struttura e forma, stanno a testimoniare la straordinaria potenza attrattiva della Penisola, e in particolare del suo versante sorrentino, che parecchie nuove strade (Nastro Azzurro, Nastro Verde, Nastro d’Oro) hanno ulteriormente valorizzato.

    Sorrento ha fama internazionale per la straordinaria bellezza della sua costiera, alla quale hanno innalzato canti imperituri le muse ispirate di molti poeti, italiani e stranieri, per l’attrezzatura turistica e per i prodotti del suo artigianato, ed ha conosciuto una recente espansione verso oriente, dopo la costruzione della ferrovia e della stazione ferroviaria.

    Dall’alto delle sue colline le Sirene ammaliavano col canto melodioso i naviganti e mossero incontro ad Ulisse, che dal Promontorio Circeo veniva sospinto verso la Penisola; ma presso le sue coste il vento cessò come per incanto e le onde si addormentarono d’un tratto, come per demoniaca virtù: era forse la calma dei pomeriggi estivi delle bocche di Capri. La nave lentamente doppiava l’estremo promontorio della Penisola, insensibile alle grazie delle Sirene, ma rimaneva la poesia di Omero

    a dare vigore alla leggenda, rimanevano le sempre rinnovate bellezze della natura a rendere famose nel tempo quelle sponde, aspre e pittoresche, consacrate di poi ai più nobili dèi e trasformate dall’opera millenaria dell’Uomo, che ne ha arricchito in modo meraviglioso il paesaggio naturale di nuovi e interessanti elementi.

    Le isole.

    Le maggiori delle isole Napoletane sono diverse per natura e per forma, fertili e ben coltivate, anche se a tratti aspre e precipiti, fittamente abitate da popolazioni gelose delle loro tradizioni e delle loro feste, frequentate da molte migliaia di persone all’anno per scopi turistici, balneari o termali.

     

     

    dalla Terra Murata, dal noto penitenziario e dalla chiesa di San Michele, e per le forme orientaleggianti delle sue costruzioni a volta, dai caratteri comuni a quelle delle altre isole e della Penisola Sorrentina (9895 ab.).

    Il Castello d’Ischia.

    Ischia, l’isola per antonomasia, come indica il nome (Insula Maior, e poi semplicemente Insula, trasformata in Iscla, donde Ischia), ha anch’essa un contorno articolato da penisole e fronteggiato da isolotti, presenta promontori strapiombanti direttamente sul mare e alterna ripide pareti, accompagnate da ristretti arenili, a spiagge più larghe e abbastanza lunghe. Ha una morfologia assai varia, perchè la forma conica dell’Epomeo è alterata da coni avventizi e da ciglioni, da ripiani e da solchi profondi, che i temporanei torrenti scavano nei teneri materiali pozzolanici. Nè mancano lembi di argille, che hanno fornito a lungo la materia prima per la fabbricazione di tegole, vendute nei centri costieri della Campania.

    La vite è la coltura largamente diffusa e cede il posto agli alberi da frutta e agli agrumi su alcune ristrette aree pianeggianti e al bosco o alla macchia sulle parti alte dell’Epomeo, sulle colate e sugli ammassi lavici o sulle pareti più ripide.

    Ischia, già nota per i suoi estesi vigneti, che clànno vini pregiati, e per le sue terme, e quindi visitata per lo più da persone bisognose di cure, e pertanto avanti negli anni, ha assunto importanza turistica e balneare in questi ultimi anni, con la valorizzazione delle sue spiagge e con la creazione di una notevole attrezzatura alberghiera, specie a Lacco Ameno e a Ischia Porto, ed ha visto ringiovanire e migliorare la sua clientela.

    L’isola è abitata da tempi remotissimi e ci ha conservato oggetti di grande interesse per la conoscenza della storia plurimillenaria dell’umanità e per una migliore comprensione degli scambi culturali avvenuti intorno al Golfo di Napoli. A Monte Vico sorse il primo insediamento greco della Campania, ma nei tempi successivi i principali agglomerati si formarono sulle rive del mare o presso impianti termali, mentre non mancavano nuclei e case di campagna sui ripiani e sulle falde meno acclivi. Molte dimore rurali furono scavate nei blocchi di tufo crollati dal ciglio del-l’Epomeo e sono state abitate fino ai nostri giorni.

    castello e poi collegato all’isola maggiore dagli Aragonesi con un ponte lungo oltre 200 metri.

     

     

     

    glomerazione urbana (11.416 ab.), abbastanza notevole, che si segnala per varie attività commerciali e per la considerevole attrezzatura alberghiera.

    Tra gli altri centri dell’isola si distinguono Casamìcciola, ricostruita dopo il terremoto del 1883 e famosa per le sue terme salutari, Lacco Ameno, elegante centro balneare, noto per il santuario di Santa Restituta, per le acque fortemente radioattive e per alcuni alberghi di lusso di costruzione recente, e Forìo, il centro caratteristico della costa occidentale, noto per i suoi vini (Epomeo), per l’abbondanza di acque termominerali e in corso di valorizzazione balneare.

    Capri, infine, deve la sua fama alle rupi calcaree strapiombanti sul mare azzurro e agli scogli erompenti da esso. E l’isola dei sogni, dagli scorci incantevoli, dai fianchi dirupati e dalle grotte misteriose, celebre per la straordinaria ricchezza di bellezze naturali, vivificate da un sole radioso, che inonda di luce le bianche pareti, da un mare azzurrissimo, che è un tripudio di scintillìi e di tinte meravigliose sotto i raggi solari. Di notte l’incanto non è minore, quando la luna solca il mare appena increspato con una scia luminosa e i rilievi si innalzano diafani sotto la volta stellata del cielo, mentre l’arco delle terre intorno al Golfo Partenopeo è punteggiato da una miriade di lumi.

    Floride colture (vite, agrumi) sui ripiani e sui più dolci pendii e una tipica architettura, in cui gli elementi più notevoli sono archi, volte, terrazze e pergole, costituiscono altri motivi di attrazione ; ma è la sua posizione geografica presso la metropoli partenopea e la Penisola Sorrentina che ne ha favorito la scoperta e la rapida fortuna.

    Già Augusto ne sentì il fascino, ma fu Tiberio a valorizzarla, facendovi costruire un grandioso palazzo, di cui rimangono imponenti rovine. Nel Medio Evo appartenne ad Amalfi e si arricchì, nella seconda metà del secolo XIV, della famosa certosa, che è un modello di architettura a volta, di cui il tempo non ha intaccato la solidità.

    L’isola cominciò a diventar nota dal secolo XVI attraverso le descrizioni dei primi visitatori stranieri e ad esercitare la sua straordinaria potenza attrattiva sugli spiriti romantici dalla fine del secolo XVIII, e ancor più da quando la Grotta Azzurra ha rivelato i suoi mirabili giochi di luce (1826).

    Sono stati soprattutto gli stranieri a scoprire Capri, ma la sua fortuna turistica è cresciuta rapidamente, tanto da richiedere la costruzione di una funicolare (1906), di una serie di strade rotabili, in sostituzione delle vecchie gradinate, e di una seggiovia per il Monte Solaro (1956) e da imporre una razionale utilizzazione del limitato spazio, pur nel rispetto delle bellezze paesistiche e della tradizionale arte costruttrice.

    Molte migliaia di visitatori all’anno vi affluiscono, di tutte le età, ma in prevalenza giovani, ai quali una traversata indimenticabile consente di osservare da vicino il versante settentrionale del Promontorio Ateneo e l’isola e di goderne l’arcano e il pittoresco, di sentire prepotente la gioia di vivere e di gustare l’infinita dolcezza e l’incanto della natura incomparabile.