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Le sorgenti

    Le sorgenti.

    La Campania è una delle regioni d’Italia più ricca di sorgenti e di acque sotterranee, grazie alla considerevole estensione dei terreni permeabili e all’abbondanza delle precipitazioni. Le sorgenti non sono uniformemente distribuite nelle varie sue parti e diventano più cospicue e più numerose alla base dei massicci cai-

    carei o nelle zone di contatto tra le pile di calcare e il mantello impermeabile che ne riveste la base. Molte di tali sorgenti hanno una notevole portata e si segnalano per la regolarità del deflusso nel corso dell’anno, in relazione a un vasto bacino di alimentazione.

    Il Servizio Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici ha censito nella Campania circa 6000 scaturigini, di cui 2000 nel bacino del Sele, un migliaio nei bacini dei fiumi minori del Cilento, 714 in quelli dei fiumi con foce tra il Sele e il Garigliano. Nel bacino del Volturno sono state censite 3279 sorgenti, di cui poco più di un terzo nella sezione di esso che non rientra nella nostra regione. Moltissime di tali scaturigini hanno una portata media inferiore a un litro al secondo, ma parecchie sono assai ricche di acqua e si trovano di solito raggruppate.

    Le principali sorgenti figurano allineate alla periferia del Matese e dei Picentini, ai margini del Vallo di Diano e nella zona di contatto dei rilievi calcarei con le

    pianure litoranee. Risulta particolarmente evidente la concentrazione di esse in corrispondenza di solchi vallivi e di conche, ove le acque percolanti nel grembo delle montagne sono portate ad affluire per la pendenza degli strati o sono richiamate da un più basso livello di base. Le profonde incisioni vallive del Lete e del Torano sulla parete meridionale del Matese, le conche di Serino e di Montoro-Mercato San Severino, le valli superiori del Calore, del Sele, del Tusciano e del Picentino, alla periferia del gruppo dei Monti Picentini, le zone pedemontane tra Teggiano e Sassano e tra Montesano e Sala Consilina, nel Vallo di Diano, costituiscono le principali aree di risorgive.

    Anche intorno all’Alburno e al Taburno vi sono ricche sorgenti. Il solco longitudinale del Matese con la conca di Cusano Mutri è un’altra non trascurabile zona di richiamo per le acque sotterranee. L’Appennino Sannita, invece, è molto povero di sorgenti, a causa della sua impermeabilità e della scarsa piovosità. Solo la valle del Miscano ne conta un certo numero, ma tutte con portata inferiore a litri dieci al secondo.

    E passiamo ora brevemente in rassegna le principali sorgenti isolate o raggruppate. La bassa valle del Lete è una delle zone di maggiore concentrazione, perchè vi affiorano le quattro sorgenti di Capolete, Molinello, Fontanone e Fontana Grifoglio,

     

     

    ciascuna con portata di 100-500 1/sec., e quella di Lete con oltre 500 1/sec., accanto a minori scaturigini. Anche nella gola del Torano sgorga una ricca lama d’acqua ad alimentazione profonda, che ha una portata di circa 3 mc/sec., con piccole variazioni nel corso dell’anno, mentre presso Piedimonte d’Alife, alla base del Monte Cila, scaturisce la sorgente Maretto con una portata di circa 1,5 mc/sec. Le loro acque, già utilizzate negli opifìci industriali di Piedimonte d’Alife e per irrigare la pianura alifana, sono destinate in parte notevole ad alimentare l’Acquedotto Campano, nel quale saranno immesse anche quelle derivate dal Biferno.

    Molto importanti sono anche le otto sorgenti di Rio Grassano, presso Telese, che scaturiscono dalla propaggine calcarea più meridionale del Matese ed hanno una portata variabile tra 4 e 7 me. d’acqua al secondo.

    Alla base meridionale del Taburno sgorga la sorgente Fizzo (300-400 1/sec.), le cui acque dal 1759 sono convogliate dall’Acquedotto Carolino al Parco della Reggia di Caserta e vi alimentano le celebri cascate. Tra le opere murarie costruite per tale acquedotto merita di essere ricordato il grandioso ponte-canale della valle di Maddaloni, a triplice ordine di arcate sovrapposte.

    Vedi Anche:  Condizioni climatiche tipi di tempo vegetazione e fauna

    Le sorgenti più note della nostra regione si trovano alla base dei Monti Picentini. Tra esse quelle del Serino alimentano l’Acquedotto di Napoli e si compongono di due gruppi di polle: Acquaro-Pelosi, a m. 388 s. m., con portata variabile tra 600 e 8001/sec., e Urciuoli, a m. 310 s. m., con deflusso piuttosto regolare di 1400-1500 1/sec. Le acque inghiottite dalla Bocca del Dragone sembra contribuiscano in misura del tutto trascurabile alle portate delle sorgenti del Serino, che distano circa 6 km. da tale inghiottitoio, per la limitata capacità di questo e per la periodicità della sua funzione. Il problema è stato dibattuto fin dal secolo scorso e sembrano ancora valide le conclusioni cui sono giunti sin d’allora gli studiosi, e cioè che il bacino di alimentazione delle sorgenti del Serino deve essere molto più vasto della conca del Dragone, che la variabilità della loro portata non è in dipendenza — o lo è in misura trascurabile — delle acque inghiottite dalla Bocca del Dragone, che l’acqua assorbita da questa o filtrata dai sedimenti sotto la conca va in gran parte ad alimentare alcune altre sorgenti presso San Sossio e nella valle di Savorani, con regime molto irregolare.

    L’acquedotto Claudio ne derivò le acque per la valle di Solofra a Napoli, a Pozzuoli e a Miseno, dove furono costruiti grandi serbatoi (Piscina Mirabilis), ma andò poi in rovina; più recentemente si è realizzata una grande opera di derivazione in galleria, in trincea e su ponti-canali e in sifoni metallici, che ha convogliato a Napoli nel 1885 le acque della sorgente Urciuoli e nel 1927 quelle del gruppo Acquaro-Pelosi. È questo il noto acquedotto del Serino, che ha una lunghezza di 80 km. fino a Napoli e discende la valle del Sàbato fino ad Altavilla Irpina e poi passa per la Valle Caudina, per Cancello e Acerra e raggiunge i serbatoi di Capodimonte e del Vomero. Recentemente è stato prolungato fino a Pròcida (1957) e ad Ischia (1959) con una condotta sottomarina.

    Nell’alta valle del Calore affiorano ricche polle presso Cassano Irpino, che portano i nomi di Bagno della Regina, a regime non molto irregolare (1000-2000 1/sec.), di Pollentina (700-1200 1/sec.) e di Peschiera (100-200 1/sec.), con forti oscillazioni di portata. Il diverso regime delle sorgenti si mette generalmente in relazione con il tipo di alimentazione, se profonda o più o meno superficiale, ma per sorgenti così vicine non sono improbabili interferenze tra i vari bacini e un travaso di acqua dal bacino principale a quelli secondari nei periodi di maggiore afflusso. Le loro acque sono utilizzate per scopi idroelettrici, alimentari e irrigui, ma un progetto, in corso di realizzazione, mira alla derivazione di parte di esse verso la valle del Sele per avviarle verso la Puglia.

    Assai più importanti e più note sono le sorgenti del Sele (4,4 mc/sec.), che alimentano dal 1920 l’Acquedotto Pugliese, iniziato nel 1906 e compiuto nel 1939.

     

     

     

    Esse affiorano da un contrafforte del Monte Cervialto, nella zona di contatto tra il calcare e l’argilla.

    Dal gruppo dei Picentini traggono alimento molte altre sorgenti distribuite nell’alta valle del Sele tra Calabritto e Contursi, nel solco vallivo del Tusciano, nella

    conca di Mercato San Severino e in altre valli minori. Tra di esse alcune hanno una portata considerevole: Senerchiella, 1000-2000 1/sec., e Fontana, 400-500 1/sec., nel territorio di Calabritto; Piceglia e San Nicola, ciascuna con 150-250 1/sec., nel comune di Senerchia; Ausino e Zòttoli, con oltre 1000 1/sec., nella conca di Acerno; San Benedetto, con circa 1000 1/sec., nella valle del torrente Asa. Le acque di queste sorgenti e di altre meno cospicue sono largamente utilizzate come forza motrice, per irrigazione e per derivazioni alimentari.

    Nel Vallo di Diano affiorano le acque di numerose sorgenti o gruppi di sorgenti di portata non trascurabile. Un gruppo importante è quello del territorio di Mon-tesano, nella valle dell’Acqua dell’Imperatore, che ha una portata media di oltre 1 mc/sec. ; un altro è alla base dei monti tra Sassano e Teggiano con una portata di poco superiore al precedente. Nel Vallo di Diano si devono segnalare, inoltre, le sorgenti di Sant’Antonio, nel territorio di Polla, con una portata di 500-1000 1. al secondo.

    Vedi Anche:  Il Vallo di Diano

    Intorno all’Alburno si possono ricordare l’Acqua dell’Angelo, che fuoriesce dalla grotta di Pertosa con una portata di 2 mc/sec., e la ricca sorgente Fasanella con una portata quasi uguale, ma molto variabile.

     

     

    Nel Cilento le sorgenti sono poche e povere di acqua, mentre sono degne di menzione la sorgente sottomarina Del Ruòtolo (5 mc/sec.), che affiora sul fondo del mare del Golfo di Policastro, a sud di Sapri, e le sorgenti Capodifiume, Lupata e altre vicine, alla base della dorsale di Capaccio, che hanno una portata di poco inferiore a 4 mc/sec. e un vasto bacino di alimentazione. I banchi di travertino di Paestum in buona parte sono stati formati dal carbonato di calcio contenuto nelle loro acque.

    Un cenno a parte meritano alcune sorgenti ai margini del Piano Campano e, infine, quelle del Sarno. Alla base della propaggine meridionale del Monte Maggiore, presso Ponte Annibale sul Volturno, vi sono le polle della sorgente Pila, dal deflusso molto regolare (800-1000 1/sec.), e delle ricche sorgenti di Triflisco con portate di oltre 2 mc/sec. Presso Cancello affiorano altre due cospicue sorgenti, di Mefito (600-800 1/sec.) e di Calabrìcito (800-900 1/sec.). I banchi di travertino presso Triflisco e nell’Acerrano sono in gran parte un deposito delle acque di queste sorgenti.

    Le più copiose sorgenti della regione sono quelle del Sarno, che sgorgano presso la città omonima, alla base dei monti calcarei che sono alle sue spalle. Il loro bacino di alimentazione deve essere molto vasto e profondo. Si tratta di tre gruppi di sorgenti per una portata complessiva di 8-9 mc/sec. (Mercato, 3-4 mc/sec.; Santa Maria La Foce, 2-2,5 mc/sec.; Santa Marina, 2-2,5 mc/sec.), largamente utilizzate per scopi industriali, irrigui ed alimentari. Un recente progetto prevede di immettere nell’Acquedotto Campano le acque di Santa Maria La Foce.

    Una certa concentrazione di sorgenti si nota alla base dei Lattari tra Gragnano e Castellammare di Stabia. Tra di esse si distingue la Fontana Grande che ha una portata di oltre 300 1/sec. ed alimenta l’acquedotto della Penisola Sorrentina dal 1958.

    dopo Cristo) i bisogni idrici di Napoli, malgrado la loro notevole durezza, e continuano ad affluire nella parte bassa della città. Esse furono sostituite negli usi domestici da quelle dell’Acquedotto Carmignano (1630), che si originava alla Catena, presso Sant’Agata dei Goti, con l’apporto di varie sorgenti dei territori di San Martino, Cervinara e Paolisi e fu arricchito successivamente con altre acque presso Maddaloni.

    Le sorgenti di Triflisco.

    Occorre infine far cenno delle numerose sorgenti minerali e termali, formate talvolta da parecchie polle. Le principali sono una sessantina, delle quali un terzo con temperature variabili tra 38° e 8o°. Parecchie di queste sono note fin dai tempi antichi per le loro virtù terapeutiche ed hanno determinato la costruzione di grandiosi edifici termali e di famosi centri balneari presso le sponde del Golfo di Napoli, come testimoniano gli imponenti resti di Baia.

    I gruppi più noti di tali sorgenti si trovano nell’isola d’Ischia e nei Campi Flegrei: nella prima a Casamìcciola, a Lacco Ameno, a Forìo, a Serrara Fontana e altrove con temperature fin oltre 70°; nei secondi lungo l’arco da Baia a Chiata-mone, delle quali queste ultime sono minerali, quelle di Bagnoli, Pozzuoli e Agnano hanno un diverso grado di termalità. Le più numerose (175) sgorgano ad Agnano ed hanno temperature variabili tra 20° e 79

    Note sono anche le sorgenti minerali di Castellammare di Stabia (in numero di 17) utilizzate in grandi complessi termali e quelle di Scraio (Vico Equense), di Pompei e di Torre Annunziata.

    Vedi Anche:  Il dominio svevo e la venuta degli Angioini. Il regno di Napoli

    Alla base del Màssico si possono ricordare le sorgenti termali di Mondragone, alla base del Roccamonfina le sorgenti minerali di Sessa Aurunca e di Teano usate per bagni; alla base del Monte Maggiore, accanto ad alcune altre meno note, le sorgenti minerali di Ferrarelle ed Auletta, le cui acque sono imbottigliate.

    Nella parte più interna della regione, oltre ad alcune scaturigini isolate di scarsa importanza nei comuni di Buonalbergo, Paduli, Pesco Sannita, San Bartolomeo in Galdo, San Giorgio La Molara, si distinguono due gruppi di sorgenti, a Telese e a Contursi, le cui acque sono usate per scopi terapeutici in stabilimenti balneari. A Telese le temperature di tali acque si aggirano di solito intorno a 20°, mentre a Contursi raggiungono anche 40°. Le sorgenti termali e minerali ricordate hanno tutte una limitata portata, che rimane di solito al di sotto di 10 litri al secondo.

    La Campania è ricca di sorgenti, ma la loro distribuzione varia moltissimo dalle colline argillose alle montagne calcaree. Queste si imbevono di acqua durante la stagione piovosa e la distribuiscono poi alle sorgenti periferiche attraverso gli innumeri meati interni alle loro masse. Il gruppo dei Monti Picentini si deve considerare, a tal riguardo, uno dei principali d’Italia. Esso è come una imponente spugna, assorbe buona parte delle abbondantissime precipitazioni, che riceve, ed alimenta ricche sorgenti, le cui acque per mezzo di una complicata rete di condutture, sono distribuite ad una zona del nostro paese compresa tra l’isola d’Ischia e l’estremità della Penisola Salentina e dissetano quasi tutti i capoluoghi di provincia della Campania e della Puglia.

    Sebbene negli ultimi anni siano stati costruiti vari acquedotti, il problema dell’alimentazione idrica in Campania non è stato ancora risolto in modo definitivo, nè per Napoli e per la pianura campana, dove la popolazione è in forte aumento, e neppure per alcune altre parti della regione.

    Il progetto di derivare le acque dal Biferno e dal Torano dovrebbe garantire il soddisfacimento dei bisogni idrici della maggior parte della popolazione delle province di Napoli e Caserta. Il rapido sguardo alla distribuzione nella regione delle principali sorgenti, parecchie delle quali non ancora utilizzate (Rio Grassano), ci induce, però, a considerare poco saggia e non del tutto conveniente economicamente la realizzazione del progetto di sottrarre acque al versante adriatico, il quale è molto più povero di precipitazioni e di sorgenti rispetto a quello tirrenico. Ciò apparirebbe ancor più evidente se il nostro sguardo si fosse esteso appena fuori dei confini della Campania, all’alta valle del Volturno, dove basta ricordare le sorgenti di Capo Volturno di San Nazzaro, di Capodacqua e di San Bartolomeo, e alla conca di Cassino, dove viene alla superficie un volume d’acqua di oltre 25 mc/sec. attraverso varie sorgenti, delle quali le più copiose sono quelle di San Marco ai Monticelli (14 mc/sec.).

    Inoltre la mancata utilizzazione per usi domestici delle acque di Capo Volturno appare tanto più ingiustificata, in quanto in contrasto con la tendenza moderna — fondata su criteri di convenienza economica — ad impiegare, ove possibile, le medesime acque per scopi diversi. La duplice utilizzazione, idroelettrica e domestica, delle acque di Capo Volturno sarebbe stata opportuna e conveniente, in quanto lo stesso ente avrebbe potuto, direttamente o indirettamente, contribuire a rifornire di elettricità e di acqua potabile Napoli e buona parte della Campania. In tal modo si sarebbe potuto evitare di sottrarre al versante adriatico del Molise l’acqua di una delle sue principali sorgenti, tanto più che le esigenze idriche della nuova regione sono destinate ad aumentare fortemente con l’evoluzione sociale della sua popolazione, con la graduale valorizzazione turistica della sua fascia costiera e con l’attuazione dei piani di trasformazione agraria delle sue terre migliori.