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L’utilizzazione del bosco

    L’utilizzazione del bosco.

    Le formazioni boschive coprono un quinto della superficie territoriale della regione (il 29% della provincia di Salerno), ma sono molto più diffuse sui maggiori gruppi montuosi della catena principale dell’Appennino, sui fianchi delle montagne vulcaniche e sui rilievi vicini al mare, bene irrorati dalle piogge, sui quali acquista grande rigoglio la macchia mediterranea, che è molto povera economicamente.

    I due terzi della superficie boschiva sono costituiti da cedui semplici o composti di latifoglie e un terzo da fustaie, anch’esse quasi tutte di latifoglie, essendo le resinose presenti solo su aree ristrette, e specialmente nelle province di Napoli e di Salerno, sulle dune costiere e sul Vesuvio. Le aghifoglie sono costituite essenzialmente da pini marittimi e domestici, se si escludono un centinaio di ettari di abeti sulle montagne intorno al Vallo di Diano e alcune aree rimboschite con pino austriaco sui monti interni; le latifoglie sono rappresentate per circa la metà della superficie a fustaie dal faggio, diffuse soprattutto sui monti del Salernitano e dell’Irpinia, per il 40% da castagneti da frutto, più estesi nell’Avellinese, nel Cilento e sul Roccamonfina, e per il resto da querce.

    II ceduo è costituito prevalentemente da castagno, per il quale la Campania si colloca appena dopo il Piemonte e la Liguria nella graduatoria per regioni, da quercia, da faggio e dalle essenze arbustive della macchia.

    Il coefficiente di boschività delle zone collinari e montane è molto basso nella provincia di Benevento, in senso assoluto e relativamente a tutta la Penisola Italiana, e testimonia la già segnalata povertà di bosco delle zone interne della regione.

    L’economia forestale si basa sull’utilizzazione delle essenze boschive e sulla raccolta dei frutti prodotti dalle piante che compongono il bosco, avendo modesta importanza le quantità di funghi e di tartufi che provengono dalle zone forestali. Dai boschi della Campania si ricava annualmente (1962) più di mezzo milione di metri cubi di legname, per oltre metà da cedui semplici, per trascurabile quantità da cedui composti e per il 40% da fustaie. I contributi maggiori (oltre i due terzi) provengono dalle province di Salerno e di Avellino, che comprendono poco meno del 70% della totale superficie boschiva della regione. Si tratta in prevalenza di legname da lavoro (faggio, castagno), assorbito dall’industria del legno e del mobilio, di traversine ferroviarie e di pali destinati in gran parte a sostenere le alte viti e a formare pergolati per la protezione degli agrumi. Un quinto della produzione è costituito da legna da ardere e quasi altrettanto è trasformato in carbone vegetale.

    Vedi Anche:  Il Volturno

    Molto cospicua è la quantità di frutta ricavata dalle aree boschive (nocciole, 2000 q.; castagne, 220.000; ghiande, 77.000; pinoli, 1000), che ha un valore di circa due miliardi di lire, mentre quello dei prodotti forestali legnosi ne è di oltre tre volte superiore (6,4 miliardi). Per l’entità del valore della produzione forestale, che è per la quasi totalità valore aggiunto, essendo trascurabili le spese e gli ammortamenti, la Campania si colloca al settimo posto tra le regioni italiane.

    L’economia forestale è in crisi, sia per il forte aumento del costo della mano d’opera, sia per la malattia del castagno, ma piuttosto fiorente è l’industria delle segherie, molto numerose sia nell’Irpinia (Serino, Contrada, Bagnoli), sia nel Cilento. Più notevole è il reddito dei boschi cedui di castagno della Penisola Sorrentina,, dei Campi Flegrei e di alcune altre parti della regione, data la forte richiesta locale di pali per la coltura della vite e degli agrumi.