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Origini del nome e vicende territoriali

    Puglia

    Sguardo d’insieme

    Il nome ” Puglia ” e le sue vicende territoriali

    La ricerca del significato etimologico del nome « Puglia », ha suscitato una serie di ipotesi più o meno stravaganti, che trascriviamo per testimonianza dell’interesse e della difficoltà della ricerca e per la contrastante singolarità di alcune interpretazioni.

    « Sterminio, rovina » significherebbe il nome Puglia secondo Paolo Diacono ; « paese denso di popolazione », « paese aperto, senza valichi di montagne » per altri autori. Gli Apuli, secondo il Niebuhr sarebbero i « lavoratori della terra » mentre secondo il Curtius sarebbero i « lavoratori del mare » !

    Un altro e più complesso significato potrebbe desumersi da Fazio degli Uberti, il quale nel capitolo primo del terzo libro del Dittamorido scrive:

    Apuglia è detta, chè ‘l caldo v’è tale,

    che la terra vi perde alcuna volta

    la sua vertù e fruttifica male.

    Leandro Alberti, nel secolo XVI, faceva osservare che doveva essere errata un’etimologia del termine Puglia derivata da a-pluvia, che avrebbe significato « regione senza piogge ».

    Francesco Ribezzo, compianto filologo e specialista delle antichità della sua Messapia, ritiene che Apulia sia da considerarsi come forma italica di Japudia, di ignoto significato. Anche Ettore Pais afferma che Apulia è forma latina corrispondente alla greca Iapudia, derivata da Iapygia.

    Iapygia è il paese degli lapyges (scriveremo in sèguito Iapigi), i quali furono popoli immigrati in Puglia da precedenti sedi settentrionali e forse illiriche; da essi la nostra regione ha derivato quel nome che ha superato l’edacità dei secoli per giungere sino a noi.

    La denominazione Puglia fu usata ufficialmente per la prima volta con specifico significato territoriale-amministrativo nel tempo di Augusto, quando Apulia et Calabria costituirono la Italiae regio secunda. I confini dell’ Apulia furono allora molto diversi dagli attuali, perchè a settentrione erano segnati dal corso basso e medio del Biferno, si addentravano e tagliavano i Monti del Sannio poco a sud di Seapi-num (Sepino) e proseguivano fino a raggiungere il fiume Calore presso Telesia (Telese). L’imponente mole montuosa del Taburno veniva poi inclusa nei confini dell’Apulia, che qui distavano soltanto circa trenta chilometri da Neapolis (Napoli), e che si sviluppavano sino ai Monti Picentini, includendo tutto l’alto bacino del fiume Calore.

    La Sella di Conza, presso cui oggi s’incontrano i confini delle province di Avellino, Salerno e Potenza fungeva allora da grandioso termine naturale fra Apulia, Campania e Lucania; dalla Sella il confine seguiva lo spartiacque Silarus (Sele)-Aujìdus (Ofanto), si identificava dapprima col crinale imperniato su Monte S. Croce (m. 1425), quindi con il corso del torrente Alvo e successivamente del Bràdano, che seguiva sino alla foce. Nello Ionio la Puglia si affacciava soltanto con il grande arco dunoso che si estingue presso Taranto, città che era compresa nella Calabria, antica denominazione dell’attuale Salento.

    Il confine tra l’Apulia e l’antica Calabria, si articolava in corrispondenza del ripido versante meridionale delle Murge e raggiungeva l’Adriatico a sud di Gnathia (Egnazia), molto probabilmente ove oggi sorge Torre Canne.

    Entro i confini anzidetti l’Apulia inglobava tutto il Sannio meridionale con la sua più importante città, Benevento, e determinava l’estinzione ufficiale di altri toponimi, come Daunia e Peucetia, che avevano in precedenza designato, rispettivamente, all’incirca le superfici odierne della provincia di Foggia e di quella di Bari. La vitalità dimostrata dal toponimo Calabria nella denominazione ufficiale della regione augustea, è in relazione con l’individualità naturalmente spiccata della penisola Salentina.

    L’unità amministrativa instaurata da Roma venne a frantumarsi con le contese che, a partire dalla seconda metà del secolo VI, divisero l’Italia tra Longobardi e Bizantini; nella regio II sorsero due entità politico-amministrative perfettamente distinte: il Ducato di Benevento, appartenente ai Longobardi e la Calabria, appartenente ai Bizantini. Mentre quest’ultima designava un’entità geografico-amministrativa che si estendeva fino all’Òfanto, Apulia diveniva una denominazione a carattere territoriale, che si riduceva soltanto all’odierno Tavoliere.

    Riuscì ben presto il Ducato di Benevento ad estendersi verso lo Ionio e l’Adriatico, a sud di Taranto e di Brindisi, mentre verso il Tirreno il Ducato di Salerno occupava la montana Cosenza. I sempre più ristretti territori bizantini dell’Italia meridionale, limitati alle due penisole del Salento e del Bruzio, sebbene distanti e separati dal mare, furono compresi durante il secolo IX nell’unico Ducato di Calabria. Questa denominazione divenuta da territoriale puramente politico-amministrativa, durante le confuse vicende dell’alto Medio Evo fu svuotata del suo significato originario e attribuita al Bruzio. Infatti, quando intorno al iooo la riscossa bizantina condusse alla rioccupazione di gran parte dell’Italia meridionale, si procedette alla costituzione del Thema Calabria e del Thema Longobardia. In quest’ultima regione amministrativa veniva compresa tutta la Puglia e cessava così per sempre di esistere, attribuita al Salento, quell’antica denominazione Calabria, che aveva condiviso con l’Apulia il titolo di una regione augustea.

    Molto probabilmente risale a questo periodo storico, da comprendersi tra il VI e il IX secolo, la costruzione di un terrapieno, rinforzato da una grossa muraglia detta Limitene dei Greci. Essa si sviluppava per alcuni chilometri tra Mesagnee San Donaci, in località Camarda. Questo toponimo bizantino, secondo alcuni autori, significherebbe accampamento, e potrebbe in tal caso riferirsi alla permanente presenza di truppe di copertura ivi accampate.

    La Capitanata in un atlante manoscritto della Biblioteca Nazionale di Bari dei primi decenni del secolo XVII.

    Ma Apulia-Puglia è un termine ben radicato e sostituisce talvolta la stessa dicitura ufficiale di Thema Longobardia, finché con i Normanni si riafferma nell’uso popolare ed ufficiale con la Contea di Puglia (1043), aumentata di dignità e ampliata in superficie con il Ducato di Puglia. Roberto il Guiscardo nel 1059 si attribuiva il titolo di Dux Apuliae et Calabriae, ma evidentemente soltanto come una generica espressione geografica. Comunque, quanto più si restringeva l’area qualificata dal termine, tanto più il termine stesso assumeva sostanza e precisione geografiche. Ma attraverso le complicate vicende storiche degli Svevi, degli Angioini e degli Aragonesi, il nome Puglia rimase privo di ogni significato amministrativo e il suo valore territoriale, mal definito e tale da generare ambiguità ed equivoci, costituì il pretesto della guerra che in queste contrade combatterono Francesi e Spagnoli nei primi anni del secolo XVI.

    Vedi Anche:  Popolamento ed emigrazione

    Mentre il termine Puglia decadeva dall’uso amministrativo, scaturivano e si affermavano in sostituzione del medesimo, i nomi dei tre territori amministrativi di Capitanata (ora provincia di Foggia), di Terra di Bari (ora provincia di Bari) e di Terra d’Otranto (ora province di Brindisi, Lecce e Taranto).

    Leandro Alberti denomina Puglia quella parte della regione compresa « dal territorio di Taranto et di Brindisi per lunghezza al fiume Fortore al di là dal monte Gargano, et per larghezza del mare Supero, o sia Adriatico secondo Plinio, o sia Ionio secondo Tolomeo, a i Lucani, Irpini et Sanniti ». L’autore è molto ligio al criterio di massima della classicità, secondo cui non esisteva una Puglia meridionale, ma la Calabria, detta poi Campi Salentini e con « volgato nome » Terra d’Otranto.

    Puglia piana è il Tavoliere, secondo quanto è documentato almeno dal secolo XIII da Enzo, figlio di Federico II. Egli scriveva:

    … e vanne in Puglia piana

    la magna Capitana

    là dov’è lo mio core nott’ e dia.

    Questo termine, documentato anche nei secoli successivi, è attualmente in disuso. Però ancora oggi, nel Subappennino e nel Gargano, per andare nel Tavoliere si dice : iamme ‘n Pugghie (la e finale è muta).

    Con la riorganizzazione post-napoleonica del Regno delle Due Sicilie, riemerge vigorosa per la regione dal Fortore al Capo, la comprensiva denominazione ufficiale Puglie, adottata poi nella ripartizione regionale del Regno d’Italia.

    Dal 1921 la denominazione ufficiale che si legge nei censimenti, pur con forme ancora aberranti, è Puglia. Il termine al singolare è indubbiamente da preferirsi, perchè esprime un’unità geografica esistente nella realtà, e perchè ci riconduce alla nitida espressione latina di Apulia, alla quale però si univa quella di Calabria.

    La Terra di Bari nell’atlante manoscritto della Biblioteca Nazionale di Bari.

    Vediamo ora, sempre per sommi capi, la fortuna della denominazione Puglia nella cartografia.

    La più antica carta geografica di età classica (secolo III-IV d. C.) e cioè la « Tabula Peutingeriana », riporta la denominazione Apulia in lettere tutte maiuscole. La A iniziale è scritta a sud di Istonium e a nord di Larinum, significando che la regione pugliese giungeva sino al Biferno. La A finale giunge sino a Gnathia, la distrutta Egnazia, tra Monopoli e Torre Canne. A sud di Egnazia è scritto con carattere più piccolo e minuscolo: Calabria. La a finale giunge quasi sino al Capo. In rosso, a cominciare a nord di Potenza, sino a metà Salento (Neretum) è scritto « Salentini ».

    La Terra d’Otranto nell’atlante manoscritto della Biblioteca Nazionale di Bari.

    Tra i prodotti cartografici più significativi del nostro Rinascimento è da ricordare l’Italia di Battista Agnese del 1554, ove il nome di talune regioni figura scritto nel mare circostante alle medesime. Puglia è scritto a tutte maiuscole al largo del Gargano e dell’attuale Golfo di Manfredonia, e di nuovo nel Golfo di Taranto, rilevando con questa duplicazione la lunghezza del tratto costiero appartenente alla Puglia. Purtroppo mancano le delimitazioni interne.

    Una così vasta e comprensiva attribuzione ha la sua conferma nella carta anonima del Regno di Napoli pubblicata a Venezia, nella «Libraria della Stella» nel 1557. Con una scritta a tutte maiuscole il termine Puglia compare, non però in maggiore evidenza, tra le scritte « Terra de Bari » e « Terra d’Otranto », mentre il Tavoliere è indicato come « Puglia piana ». Giacomo Gastaldi ripete ambedue le denominazioni « Pulia », omettendo però la specificazione « Piana » ne II disegno della Geografia / Moderna de tutta la Provincia de la Italia (1561), evidentemente per scarsa conoscenza diretta della regione.

    Il Gastaldi, per giunta, è autore di una carta della Puglia La descriptione dela\ Puglia I Opera di Giacomo Gastaldo / Cosmografo in Venetia / ferando bertelj 1567. Ma in realtà la carta comprende parte della « Terra de Bari » e la « Terra de Otranto », escludendo tutta l’area settentrionale della regione; la scritta Puglia rimane solo nel titolo! Proprio per tal motivo la carta è documento valido per dimostrare che la denominazione Puglia comprendeva nella comune accezione anche il Salento. Comunque in altra carta pure del Gastaldi (Apuliae, quae olim Iapygia, nova corographia), si legge Puglia vel Terra di Otranto.

    Il termine Puglia Piana — per designare soltanto il Tavoliere — dimostra una certa vitalità anche nei secoli successivi (secoli XVI-XVII) perchè figura nelle carte del Mercatore (1589), di Prospero Parisio (1591) e di Giuseppe Rosaccio (1608), in evidente relazione con un permanente e caratterizzante elemento morfologico qual è il Tavoliere; invece la generica denominazione Puglia è omessa assai presto nella cartografia, in parte per la sua indeterminatezza e soprattutto perchè caduta dalla nomenclatura ufficiale delle province del Regno a partire dalla fine del secolo XV.

    Ma la denominazione rimane viva nell’uso popolare e letterario, perchè, anche se svuotata di un preciso riferimento amministrativo, qualifica la nozione tradizionalmente acquisita di una compatta superficie territoriale.

    L’arretramento della Puglia dal Trigno al Fortore.

    Attraverso il Magini, il Coronelli e i cartografi del Settecento, si giunge all’affermazione cartografica ed ufficiale del nome Puglia soprattutto con Giovanni Antonio Rizzi Zannoni e con Benedetto Marzolla. L’unità d’Italia conferma l’uso letterario e popolare del termine, che attualmente definisce, anche nella prassi cartografica, tutto l’estremo territorio sud-orientale della Penisola, dal Fortore al Capo di Santa Maria di Leuca.

    L’area e il suo perimetro

    La lunghezza complessiva della linea di confine della Puglia è di 1261 km.: valore abbastanza rilevante, considerando che è superato soltanto dalla Sardegna (1869 km.) e Sicilia (1500 km.) incluse le varie isole minori, dalla Lombardia (1393 km.), dalla Toscana (1330 km.) e dal Piemonte (1317 km.). La Puglia è invece al primo posto per la lunghezza del confine marittimo peninsulare che è di 784 km., superiore a quello della Calabria che è di 738 chilometri. E quindi la regione della Penisola che ha maggiore contatto con il mare, e ciò, come vedremo in seguito, incide notevolmente sulla climatologia e sull’economia. La lunghezza del confine terrestre è esigua (432 km.) e supera soltanto i valori relativi alla Valle d’Aosta (309 km.) e alla Calabria (138 km.). Il confine marittimo insulare ha uno sviluppo di 45 km., definito soprattutto dal gruppo delle Isole Trèmiti.

    Vedi Anche:  Le acque della Puglia

    L’uniforme spalto delle Murge, visto da Spinazzola, presso il confine con la Basilicata.

    La « Fossa Bradanica », il più espressivo limite occidentale pugliese.

    Il confine terrestre distingue la Puglia dall’Abruzzo e dal Molise, dalla Campania e dalla Basilicata. Cominciando dal mare, il confine settentrionale tra la Puglia e rAbruzzo-Molise coincide con la foce del torrente Saccione. Il confine risale il corso di questo torrente, ne segue il ramo sorgentifero più meridionale, che abbandona per piegare verso sud, sino a raggiungere, identificandosi con un tratto del torrente Tona, il medio Fortore. Il confine risale il Fortore fino alla confluenza con il torrente Tàppino, lasciando il versante sinistro al Molise (Macchia Valfortore) e includendo il versante destro nella Puglia (Celenza Valfortore). Successivamente il confine regionale procede tortuoso tra i monti della Daunia, evidentemente improntato sui confini dei comuni, che sono il prodotto razionale e irrazionale di secoli di minute, confuse e complesse vicende amministrative. Infatti mentre ad un certo momento il confine segue un crinale o una linea spartiacque, improvvisamente si frastaglia per tagliare per ben due volte lo stesso corso d’acqua, come avviene per il torrente La Càtola. In questi casi il tracciato preciso del confine perde molto del suo significato regionale. Nell’insieme però si deve notare che questo confine delimita, dal Fortore all’Òfanto, una cornice orografica subappenninica, che costituisce una cintura occidentale del Tavoliere, identica nella sua funzione — si parva licet componere magnis — alla cornice alpina rispetto al Piemonte.

    La Puglia appenninica è solo questa: un paesaggio di transizione dove il confine manifesta una notevole instabilità, sì che ancora oggi si può leggere presso il medesimo, ma compreso in provincia di Avellino, Savignano di Puglia. Le questioni di appartenenza amministrativa sono molto vivaci e le persone colte di queste zone preferiscono denominarsi Dauni o Irpini e non Pugliesi; il popolo chiama Pugliesi gli abitanti del Tavoliere.

    Nelle acque dell’Òfanto ricade il più settentrionale confine amministrativo tra Puglia e Basilicata: in realtà la coincidenza con questo corso d’acqua porta ad escludere dalla Puglia l’edificio vulcanico del Vùlture, che, come un pittoresco intruso, si staglia nell’orizzonte piatto del Tavoliere. Qui il confine coincide con chiari elementi fisici, ma dal punto di vista antropico si sviluppa con evidenti compromessi. L’incertezza risale persino all’età classica, in cui non esisteva questo confine amministrativo regionale, ma durante la quale gli abitanti del luogo si differenziavano in Lucani ed Apuli. Il celebre poeta romano Orazio è nativo di Venosa, una cittadina della Basilicata a circa 15 km. in linea d’aria a sud dell’Òfanto, confine tra Basilicata (o Lucania) e Puglia.

    Egli, nella prima satira del libro secondo, in un cenno autobiografico, confessa di non sapere se debba ritenersi lucano o apulo « Lucanus ari Apulus, anceps ». Il contesto del celebre poeta è il seguente: Lucano o pugliese ch’io sia, o l’uno o l’altro; perchè il contadino di Venosa affonda il suo aratro nel confine delle due regioni.

    Un’altra località di questa zona, Spinazzola, successivamente è entrata a far parte dei confini amministrativi della Puglia, denunziando con tale assegnazione un’area di incertezza fisico-antropica. L’osservazione conferma che la Puglia ha definito e ridotto i suoi confini man mano che si affermava l’unità regionale delle zone adiacenti durante il Medio Evo e l’Età Moderna.

    Il confine abbandona il fiume Ofanto dirigendosi verso sud-est, lungo l’avvallamento costituito dalla cosiddetta Fossa Bradanica. Sebbene nel particolare manchi una precisa corrispondenza con elementi naturali, bisogna pur riconoscere che, in generale, il confine si articola distinguendo paesaggi morfologici e litologici molto diversi: ad oriente è la Puglia con gli spalti calcarei delle Murge; ad occidente è la Basilicata con l’insidia delle sue argille, distribuite in colline a cupola dai fianchi squarciati da orridi calanchi.

    Le Isole Trèmiti. Da San Dòmino (in primo piano) si vedono il Cretaccio e l’Isola di Caprara.

    A Matera siamo fisicamente in area pugliese, ma le vicende storico-amministrative han portato il confine sin dal secolo XVII ad arretrare nelle Murge di Altamura e di Santèramo in Colle. In questa zona il confine segue per alcuni chilometri il tracciato rettilineo dell’antica via Appia, che poi abbandona per raggiungere e tagliare il Bràdano in località Cermignana.

    Attraversato il Bràdano, il confine si addentra nel territorio a destra del fiume quando questo dista circa 17 km. in linea d’aria dalla sua foce. La mancata coincidenza tra corso d’acqua e confine regionale è caratteristico fenomeno determinato dal fatto che il Bràdano ha variato nei secoli il suo percorso, mentre il confine segue l’antico letto. Per tale causa il confine amministrativo rientra dopo circa 4 km. nel territorio sulla sinistra del Bràdano, non coincidendo neppure questa volta con il corso attuale, dal momento che segue l’alveo antico praticamente asciutto. Solo a circa 2 km. dalla foce e sino al mare, il Bràdano è ancora confine effettivo tra Puglia e Basilicata, nel senso che le due opposte sponde appartengono ognuna a regione diversa.

    Il Capo Santa Maria di Leuca.

    Questo caratteristico fenomeno, frequente e noto nella Padania, specie per i confini amministrativi rivieraschi col Po, è molto raro e singolare nell’Italia meridionale.

    Appartengono alla Puglia alcuni gruppi insulari e piccole isole. Il gruppo maggiore è costituito dalle Isole Trèmiti formato dalle isole San Dòmino (211 ha. di superficie), Caprara (45 ha.), San Nicola (33 ha.), Cretaccio (4 ha.). In complesso l’arcipelago ha una superficie di 293 ettari. L’isola più distante e più settentrionale è l’isola di Pianosa (42°i3’23” nord; i5°45’o2″ est Greenwich), ampia 13 ettari.

    Vedi Anche:  Murgia e trulli

    L’unica isoletta garganica è lo scoglio Vieste ampio 5 ha. e ubicato proprio a guisa di sbarramento del porto. Scogli minori, privi d’importanza si osservano da Vieste alla Testa del Gargano.

    Lungo la costa della provincia di Brindisi a 40° 42′ sono gli scogli di Apani a poche centinaia di metri dalla terraferma.

    All’imboccatura del porto di Brindisi sono ubicate l’Isola Forte a Mare ampia 18 ha. e le Petagne — nelle carte topografiche leggesi Pedagne — complessivamente ampie 8 ettari.

    Le altre isole sono presso la costa occidentale. Appartengono al comune di Pre-sicce l’Isola presso Fanciulla (5 ha. nel 1913) e l’Isola Fanciulla (6 ha.), oggi però indicate nella Carta Topografica d’Italia con la scritta «Isola della Fanciulla» e con simbolo di semplice bassofondo sabbioso. Risalendo lungo la costa si incontrano lo Scoglio Tondo, Scoglio La Terra, Isola Pazzi.

    Innanzi a Gallipoli sono situate l’Isola Sant’Andrea di 48 ha., l’Isola del Campo di 2 ha. e lo Scoglio dei Piccioni. Verso nord, sempre presso la costa, sono l’Isola Cap-parone, ampia 3 ha., un gruppo di isolette innanzi a Porto Cesàreo, di cui la maggiore, Grande Cesàrea (nella Carta topografica leggesi: «Isola Grande») è ampia 17 ettari. L’Isola Malva, innanzi alla Torre Chianca in comune di Nardo, è ampia 9 ettari.

    Il Mare Grande di Taranto è delimitato ad occidente dal gruppo delle Isole Còradi, formato dall’Isola San Pietro (113 ha.) e dall’Isola San Paolo (6 ha.).

    L’importanza di alcune isole è essenzialmente turistica (Isole Trèmiti), e di quelle innanzi a Brindisi, Gallipoli e Taranto è militare. Nel complesso si tratta di un’estensione di terre emerse molto limitata, nelle quali vive un’esigua popolazione (455 ab.).

    L’area della Puglia è di 19.350 kmq. Per superficie la regione è al settimo posto, dopo la Sicilia, il Piemonte, la Sardegna, la Lombardia, la Toscana, l’Emilia-Romagna.

    La regione è amministrativamente distinta in cinque province che, alla data del censimento del 4 novembre 1951 avevano la superficie e la popolazione residente a fianco indicate: Bari, 5129,72 kmq. con 1.200.547 ab.; Brindisi, 1837,57 kmq. con 313.006 ab.; Foggia 7184,02 kmq. con 659.659 ab.; Lecce, 2759,41 kmq. con 623.905 ab.; Taranto, 2436,28 kmq. con 423.368 abitanti.

    Punta La Ristola, la più meridionale del « Tallone ».

    Come il Gargano si protende nel mare.

    La posizione geografica

    La Puglia è situata all’estremità sud-orientale della Penisola italiana, come un ponte proteso verso il Levante. Già nel periodo classico qui era la porta del Levante col biforcuto porto di Brindisi, ove passarono le legioni di Pompeo, di Cesare e di Augusto, e dove sostarono personaggi illustri di ogni genere. Sino alla seconda guerra mondiale, la celebre « valigia delle Indie », che a Brindisi aveva il suo estremo termine europeo, è stata una palpitante continuità storica dell’importanza che la Puglia ha avuto nella grande scia dei traffici con il Levante.

    Brindisi è stata la città classica che ha compendiato in sè l’importanza mercantilistica e politica della Puglia rispetto a Roma, all’Italia e all’Europa occidentale. Pertanto, come espressione di una tipica mentalità risultano ancora sintomatiche, pur nel ristretto ambito di un’esperienza singola limitata nei fugaci anni di una vita, le parole di un’epigrafe del I secolo d. C., conservata nel museo di Brindisi. Il testo tradotto è il seguente : « O passeggero, se non ti reca molestia fermati e leggi : Ho spesso traversato il vasto mare su navi a vela ; mi sono recato in molti paesi, ma questa è la mia estrema dimora, e già me la predissero le parche il giorno della mia nascita. Qui ho dimesso i miei affari ed i miei affanni; qui non temo più le stelle, le burrasche e l’insidioso mare, nè temo più che le spese possano superare i guadagni. Ti ringrazio alma Fede, santissima diva, che, stanco, mi hai per tre volte sollevato dal fallimento. Tutti i mortali dovrebbero sempre invocarti. Passeggero, vivi e stai bene! Che tu abbia sempre guadagno perchè non hai tralasciato questo ricordo e lo hai giudicato degno di memoria ».

    In Puglia « ubi desinit itala tellus » (Silio Italico, libro VII, 575), si è avuto un punto nevralgico d’incontro, di scontro e di fusione delle civiltà del levante e del ponente mediterraneo, sempre. La « Fiera del Levante » che si svolge a Bari in edizione annuale, esprime una pacifica funzione commerciale che scaturisce dalla posizione geografica della regione pugliese.

    La Puglia… nella Padania.

    Il parallelo 4i°54’6″ (Pèschici) e quello di 39°47’8″ (Punta Ristola), definiscono le estreme latitudini della Puglia, compresa tra i meridiani di i4°57′ Greenwich (ansa del Fortore) e di i8°3i’26” Greenwich che è quello di Capo d’Otranto, la punta più orientale d’Italia. Siamo all’incirca tra la longitudine di Praga e la longitudine di Budapest, che è di poco superiore a quella di Otranto. Trieste, che è la più grande città orientale dell’Italia settentrionale, è a soli i3°5o’ est Greenwich (all’incirca alla longitudine di Berlino).

    Il valore della latitudine della Puglia aumenta considerando le Isole Trèmiti, che fan parte della provincia di Foggia e che sono situate a 42°7′ nord, all’incirca alla latitudine di Civitavecchia. A questo proposito non sarà inopportuno ricordare che Vieste nel Gargano è sul parallelo di Roma e che Bari è più a nord di Napoli.

    La posizione e la forma della Puglia rispetto alla Penisola le hanno conferito la denominazione di « tacco » e di « tallone » d’Italia. La tipica sporgenza del Gargano è stata eufemisticamente definita « lo sperone d’Italia ».

    La regione ha una lunghezza in linea d’aria di circa 360 km., all’incirca quanto da Torino a Venezia; giacendo nella Pianura Padana, una regione avente la forma della Puglia può interessare parte del Piemonte, della Lombardia, dell’Emilia e del Veneto e può confinare con la Liguria e il Trentino-Alto Adige.