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Le divisioni territoriali

    Le divisioni territoriali

    La divisione regionale

    Il raggruppamento delle province che costituirono le regioni risale com’è noto all’epoca dell’unità d’Italia, quando Pietro Maestri nel 1863 l’introdusse nell’uso della statistica ufficiale; egli dice genericamente di aver tenuto conto nel suo lavoro prima di tutto della coesione topografica delle province stesse e successivamente delle tradizioni morali e civili. Quando però considera più in particolare la determinazione delle regioni, insiste sul concetto che queste derivano dalle « omogeneità statistica e geografica delle province, unite in un determinato gruppo»; ad esempio, infatti mentre precedentemente l’Umbria e una parte delle Marche, precisamente il Piceno, appartenevano ad un medesimo principato, nella suddivisione, egli dice: « noi li considerammo come due distinti compartimenti per l’Appennino che li tramezza ».

    Nella costituzione delle Marche come compartimento geografico-statistico si è rispettata abbastanza la geografia e si è avuto anche un certo riguardo per la storia; infatti nel loro complesso, come si è visto in precedenza, i limiti amministrativi corrispondono per la massima parte a quelli naturali e storicamente il territorio fece parte di una unità amministrativa fino dai tempi costantiniani.

    Se si prende in considerazione il significato o meglio la derivazione del nome si può osservare come nell’àmbito delle Marche sia possibile riconoscere una serie di regioni alcune a carattere naturale, altre invece esclusivamente a carattere storico. La suddivisione dell’Italia in regioni fatta da Augusto non contempla una unità marchigiana in quanto la V regio, il Picenum, pur giungendo con i suoi confini settentrionali fino alla foce dell’Esino (Aesis), si estendeva a sud parecchio oltre i limiti attuali della regione, cioè fino alla foce del Salino. La VI regio, l’Umbria, comprendeva anche l’area marchigiana a nord del Cònero fino alla foce del Conca e tutto il Montefeltro. Nella V regio si distinguevano alcune colonie fra le quali Ancona, Fermo, Ascoli.

    Nel III secolo il Piceno insieme all’Umbria nordorientale formò la provincia Aemilia et Picenum. Ai tempi di Diocleziano la parte settentrionale del Piceno rimase unita airUmbria con la denominazione di Flaminia et Picenum annonarium, mentre il resto fu detto Picenum suburbicarium. Più tardi Paolo Diacono citando il Picenum indica come suoi confini a nord la Flaminia e a sud il Samnium.

    Questa antica suddivisione regionale che pur nelle inevitabili vicissitudini storiche ed amministrative di una serie di secoli, ha il riferimento in un nucleo di superficie costante, mantiene tuttora la sua validità in quanto la regione a sud del Cònero è conosciuta come « il Piceno » anche se nell’uso popolare si è perduto il concetto e il nome della regione; indipendentemente dal nome, la distinzione tra la regione a sud del Cònero e quella a nord è netta.

    La divisione augustea si basava evidentemente su criteri etnici e criteri di ordine economico-commerciale; la morfologia della regione medio-adriatica, pur imperniata in linea generale sulla dorsale appenninica, ha determinato infatti due differenti direttrici di scambio e di commercio e necessariamente di penetrazione umana: la parte a sud del Cònero è in comunicazione naturale con il bacino del Velino e la conca reatina attraverso la gola di Arquata, quella a nord invece ha facilità di comunicazioni con il bacino del Tevere, attraverso i valichi appenninici poco elevati di Scheggia, Pascelupo, Forca Lupara. La rete delle comunicazioni ha approfittato di queste due differenti direttrici e la parte settentrionale delle odierne Marche ha gravitato di conseguenza verso la Via Flaminia, mentre quella a sud verso la Via Salaria proveniente dalla Sabina.

    Successivamente, in un periodo politicamente molto agitato durante le invasioni barbariche e la dominazione longobarda, le città di Ancona, Fano, Pesaro, Senigallia, Numana formarono insieme a Rimini la pentapoli Marittima dell’Esarcato bizantino, mentre Urbino, Cagli, Fossombrone, Jesi, Osimo e Gubbio formarono la pentapoli terrestre.

    Quando ai Carolingi succedettero gli imperatori di stirpe tedesca, il forte frazionamento territoriale sembra momentaneamente arginato con la costituzione delle Marche confinarie disciplinate giuridicamente, che avevano lo scopo precipuo della difesa; in alcuni diplomi del IX secolo è già citata la Marca di Camerino, differenziata dal territorio del Ducato Longobardo di Spoleto, e poco più tardi quello di Fermo; soltanto con Ottone II quest’ultimo assume nei diplomi il nome di Marca che dura fino al XII secolo. Nell’XI secolo si formò la Marca Guarnerii che poi divenne la Marca di Ancona, nella quale fu assorbita quella di Fermo in una incorporazione nominale nell’Impero; nel 1217 Azzo VII riceve in feudo da Onorio III la marcam anconitanam scilicet Anconam, Asculum, Humanam, Firmum, Camerinum. Anche in questa fase storico-politica quindi ad una primitiva scissione della parte meridionale dalla quale trae origine il nome deH’intera regione, succede una ricostituzione in un àmbito fisico-storico.

    Questa regione che, come si vede, in linea generale ha mantenuto per molti secoli, pur con forme politiche differenti, una certa individualità, presenta nell’in-sieme una varietà morfologica che dà luogo ad una varietà di prodotti atta ad una integrazione economica del territorio; per questa sua complessa fisionomia storica, economica ed amministrativa è stata anche in grado di sviluppare un capoluogo che, come espressione delle esigenze dei vari momenti storici, si è successivamente spostato dalla regione interna verso il mare. Prima della conquista romana Ascoli, in posizione centrale rispetto all’estensione del territorio, poi successivamente Auximum (Osimo) più vicino ad Ancona, unico porto sicuro di grande importanza commerciale e militare. Durante i periodi di maggiore incertezza politica il capoluogo si sposta verso la parte montuosa, Camerino, ma la necessità degli scambi colla pianura e con il mare conduce nuovamente verso la costa, dapprima a Fermo, successivamente ad Ancona. E soprattutto per la necessità dei commerci che l’area elevata è ridotta in soggezione di quella marittima e i vari centri che a turno hanno costituito il fulcro della vita della regione esauriscono lentamente la funzione politica per rivestire soltanto quella amministrativa. Ancona assunse infatti un’attività commerciale specie col Levante e divenne una indipendente Repubblica marinara con stretti legami con Venezia.

    Vedi Anche:  Profilo e origine del nome



    Divisione politica dal sec. X al sec. XVIII.

    I limiti sono stati desunti dalle carte del ‘ Hand-Altas die Geschichte des Mittelalters und der Neueren Zeit ’ di Spruner-Menke.

    Nella parte settentrionale delle Marche a nord del Cònero, si consolidò per tempo l’autorità della Chiesa e le Costitutiones Aegidianae del 1357 offrono un quadro politico-amministrativo che prelude già alla fisionomia attuale della regione; tuttavia tra le molte signorie che cercarono di affermarsi in quel tempo spesso con l’appellativo di Vicarii di Roma, emerse quella dei Montefeltro il cui dominio di differente estensione nel tempo, ebbe il centro principale nell’area di Carpegna, ma mentre il suo capoluogo amministrativo e finanziario può essere considerato San Leo, dove si riuniva il parlamento, il capoluogo politico fu Urbino che, creato feudo comitale da Federico II, divenne ducato nel 1474. Il ricordo dell’unità politico-amministrativa che rimase sotto la giurisdizione dei Montefeltro per poco meno di quattro secoli e che si estese fino a Gubbio, Urbino, Cagli e Fossombrone, topograficamente è rimasto legato ad una regione storica, il Montefeltro, di cui è difficile precisare i confini; esso per la maggior parte attualmente è compreso nelle Marche, ma per il resto fa parte della Romagna e della Repubblica di San Marino. La regione fisicamente s’impernia sul Monte Carpegna da cui irradiano tre diramazioni principali, ma territorialmente è più facilmente individuabile con i confini ecclesiastici della Diocesi Feltria che però non coincidono con i limiti amministrativi dei Comuni attuali ; grosso modo si può dire che fanno parte del Montefeltro i Comuni di Acqua-lagna, Beiforte all’Isauro, Borgo Pace, Carpegna, Casteldelci, Lunano, Macerata Feltria, Mercatino Conca, Monte Cerignone, Montecopiolo, Monte Grimano, Pen-nabilli, Piandimeleto, San Leo, Sant’Agata Feltria, Sassofeltrio, Sassocorvaro.

    La regione del Montefeltro, sia per la relativa stabilità politica a cui fu soggetta, sia per la formazione relativamente recente dell’oggetto politico di cui fece parte, ha mantenuto il suo significato anche presso il popolo e la denominazione attualmente è molto più comune che non quella di Piceno.

    All’infuori di queste due regioni citate, per le Marche non si possono fare altri esempi; la morfologia infatti non è tale da sottolineare regioni naturali, nè la storia politica della regione ha permesso la delineazione di individui regionali ben definiti, le stesse Costitutiones Aegidianae nel citare una serie di civitates mediocres, parvae, minores descrivono l’aspetto regionale equilibrato nelle varie parti e non frazionato in una serie di oggetti minori.

    Anche la tradizione umanistica che riprende quella classica, ricalca la divisione della regione già fatta dai Romani o addirittura quella precedente Augusto; Leandro Alberti, ad esempio, nella sua Descrittione di tutta l’Italia presenta la regione marchigiana con la denominazione di Marca Anconitana; a questa attribuisce quasi la stessa estensione delle odierne Marche, ma la suddivide in un territorio Picoenum e in un territorio occupato dagli Umbri Senones; le ricostruzioni storiche infatti parlano di un Ager Picenus che andava all’incirca da Cupramarittima ad Ancona e di un Ager Picenus Gallicus esteso più a nord fino al Conca.

    Dal punto di vista naturale si possono considerare nelle Marche le regioni altimetriche anche se si passa dall’una all’altra senza una netta distinzione, ma per gradi e per sfumature: la stretta cimosa costiera cede sùbito il passo alle colline basse e tondeggianti che si convertono verso l’interno in una montagna dalle forme per lo più morbide, marcata però qua e là da gole e da incisioni profonde. Il susseguirsi dei tre paesaggi altimetrici è più che altro sottolineato dal mutamento della vegetazione e dalle differenti forme della utilizzazione del suolo. Invece la suddivisione longitudinale, creata dal susseguirsi dei fiumi paralleli, non porta ad alcuna differenziazione nè nei confronti del paesaggio naturale nè di quello vegetale. Si può forse fare astrazione dal territorio del promontorio del Cònero che ha indubbiamente un’individualità fisica più marcata, che è anche sottolineata da una individualità antropica caratterizzata dal raggio di influenza di Ancona.

    Benché le regioni naturali e quelle storiche siano scarse nelle Marche, pure la mutevolezza delle vicende storiche ha favorito una serie di mutamenti amministrativi che possono essere seguiti solo con difficoltà.

    La storia dell’epoca comunale della regione non è molto nota ma indubbiamente si affermarono una serie di centri minori che organizzarono la propria vita in forma indipendente; fra questi Fabriano, Matelica, Òsimo. Accanto ai Comuni si affermarono le podesterie delle famiglie feudali ; non tutte riuscirono ad organizzare il proprio potere e a consolidarlo territorialmente come i Montefeltro, tuttavia spesso si impadronirono di una parte del territorio marchigiano assoggettandolo amministrativamente anche per poco tempo; ad esempio, i Malatesta ebbero in possesso per breve tempo Pesaro, Òsimo, Fano, Ancona; Francesco Sforza occupò quasi tutte le Marche. Con il lento esaurirsi delle istituzioni comunali e delle piccole signorie prende il sopravvento nelle Marche lo Stato della Chiesa rispettando grosso modo con il suo governo le antiche divisioni territoriali.

    Vedi Anche:  Il litorale, le montagne e le pianure

    Sotto il governo dello Stato della Chiesa la regione era divisa nelle province di Marca e Ducato d’Urbino che facevano parte di domini alla diretta dipendenza dei papi. Entrambe, pur mantenendo sempre la stessa denominazione, subirono nel tempo alcune modificazioni territoriali che non è molto agevole seguire. In linea generale ci si può servire dei censimenti pontifici che però per la maggior parte si riferiscono alle suddivisioni ecclesiastiche; quello del 1656 attribuisce alla provincia della Marca 15 diocesi, che non solo corrispondono anche ad una parte delle diocesi attuali, ma che sono comprese per intero nell’àmbito della regione. Il Ducato di Urbino invece comprendeva otto diocesi delle quali una, pur inclusa nei confini della regione, non è più diocesi: Cagli, ed un’altra è fuori dei confini amministrativi; quindi nella seconda metà del secolo XVII amministrativamente la regione aveva un’estensione maggiore di quella attuale.

    La variazione che compare nel censimento del 1701 consiste nella diminuzione di una diocesi nella provincia della Marca, quella di Camerino, che risulta aggregata alla provincia dell’Umbria anche nei censimenti seguenti. Nel 1708 il Ducato di Urbino compare invariato, mentre la provincia della Marca è ampliata con le diocesi di Teramo, Terni e Todi.

    Già nel censimento del 1767-69 comincia a comparire come unità amministrativa lo Stato e Ducato di Camerino, tuttavia ancor più interessante appare il censimento del 1782 perchè anziché riferire la popolazione alle varie diocesi, la divide secondo le ripartizioni amministrative e così si ha uno Stato di Camerino, la Marca di Ancona e di Fermo, lo Stato e Ducato di Urbino e Fano. A loro volta queste province si dividono in una serie di governi: Camerino, governo di Macerata, di Ancona, di Jesi, di Fano, di Ascoli, di Fermo, governi diversi, luoghi baronali, presidato di Montalto. Lo Stato di Urbino a sua volta comprende il ducato omonimo, le province Feltria e Massatrabaria, i luoghi baronali. È interessante notare che sia lo Stato di Ascoli che quello di Fermo sono suddivisi in tre zone altimetriche: marina, mezzina, montagna.

    Successivamente a questo censimento per cause politiche avvennero alcune modifiche temporanee nell’estensione delle province della regione; Ancona, Macerata, Urbino e il litorale di tutta la regione si staccarono dal governo della Chiesa e i Francesi ne organizzarono l’amministrazione con la suddivisione nei tre dipartimenti del Musone, del Tronto e del Metauro; quello del Metauro comprendeva grosso modo le province di Ancona e Pesaro Urbino; successivamente però al 1811 una parte dei Comuni del Montefeltro passarono a far parte del dipartimento del Rubicone.

    Dopo la restaurazione tutto il territorio soggetto al dominio della Chiesa fu ripartito in nuove suddivisioni; le delegazioni distinte in tre classi si dividevano in governi di primo e secondo ordine e ogni governo in Comuni. Nelle Marche vi erano due delegazioni di prima classe: Pesaro e Urbino; esse assumevano il titolo di legazione e il cardinale che le governava si chiamava legato. Erano delegazioni di seconda classe Ancona, Fermo e Macerata, di terza classe Camerino e Ascoli. Ogni delegazione era governata da un monsignore chiamato delegato; sia i legati che i delegati erano assistiti nel governo da un consiglio amministrativo. I capi dei Comuni si chiamavano gonfalonieri ed erano coadiuvati da un consiglio municipale. Nel complesso la regione era suddivisa in 100 Comuni che comprendevano complessivamente 162 aggregati, parecchi dei quali attualmente costituiscono dei Comuni.

    In questa nuova suddivisione amministrativa sono soppresse, come si vede, le giurisdizioni baronali e inoltre scompare anche il nome di Marca che, se pure riferito ad una unità di superficie ristretta, era rimasto sempre invariato da alcuni secoli. Approssimativamente si può dire che la provincia di Ancona corrispondeva territorialmente a quella odierna togliendo però Cerreto, Fabriano, Filottrano, Genga, Loreto, Monsano, Ostra, Ostra Vètere, Santa Maria Nova, Sassoferrato, Senigallia, Serra San Quirico, Castelcolonna. Anche la provincia di Pesaro e Urbino corrispondeva circa a quella attuale con l’aggiunta di Costacciaro, Fenigli, Gubbio, Isola di Fano, Montalfoglio, Montalto, Montebello, Montefabbri, Monteguiduccio, Montemontanaro, Monterado, Monterolo, Montesecco, Montevecchio, Pascelupo, Ripe, Sant’Andrea, San Vito, Scheggia, Senigallia, Castelcolonna e Torre. Le altre province si estendevano approssimativamente come i successivi circondari dello Stato italiano.

    L’estensione delle singole province era molto varia, però nel complesso questa suddivisione amministrativa raccoglieva quasi tutta la regione marchigiana, la superficie cioè non si scostava molto da quella attuale per quanto la comparazione debba essere considerata con prudenza, date le differenti estensioni dei singoli Comuni.

    Della suddivisione amministrativa della regione marchigiana sotto il governo dello Stato Pontifìcio resta traccia nella suddivisione ecclesiastica attuale secondo la quale le Marche sono raccolte in venti diocesi che hanno sede nella regione, però alcuni Comuni appartenenti alle Marche sono compresi in diocesi che non hanno sede nella regione.

    Le Marche nello Stato italiano

    Quando le Marche passarono a far parte dello Stato italiano, amministrativamente furono divise, come il resto della penisola, in circondari; la provincia di Ancona era compresa in un unico circondario, quello di Ancona; Ascoli Piceno comprendeva il circondario omonimo oltre quello di Fermo; Macerata si divideva nel circondario di Camerino ed in quello di Macerata, mentre la provincia di Pesaro Urbino era scissa nel circondario di Pesaro ed in quello di Urbino. Nel complesso quindi ogni provincia attuale, ad eccezione di Ancona, si divideva in due circondari.

    Vedi Anche:  Usi, costumi e dialetti

    Questa stessa suddivisione, che amministrativamente è scomparsa, sussiste ancora nella amministrazione giudiziaria: infatti i capoluoghi dei circondari sono attualmente sedi di tribunale, mentre il numero delle preture è assai elevato; se ne contano in tutta la regione 31.

    Nel censimento del 1951 le Marche, raccolte in quattro province, si articolano in 245 Comuni distribuiti 49 in provincia di Ancona, 67 in quella di Pesaro Urbino, 72 in quella di Ascoli Piceno, 57 in quella di Macerata. Una tale suddivisione amministrativa si è venuta formando lentamente attraverso una serie di piccole variazioni interne alla suddivisione di ogni provincia; anche tra i censimenti del 1931 e del 1951 le variazioni sono state numericamente notevoli; infatti i Comuni nel 1931 erano soltanto 229 e l’aumento è avvenuto per suddivisione di un unico Comune o di più Comuni; il maggior numero di variazioni è avvenuto nella provincia di Ancona ed in quella di Pesaro-Urbino. Nella prima si sono costituiti i nuovi Comuni di Falconara Marittima, Poggio San Marcello, Camerata Picena, Sirolo, Mergo, San Paolo di Jesi; nella seconda i Comuni di Frontino, Petriano, Serra Sant’Abbondio, Pietrarubbia, Sasso Feltrio, Talamello, Maiolo, Montemaggiore al Metauro, Peglio; nella provincia di Macerata figura un unico nuovo Comune, quello di Poggio San Vicino; nessuno invece nella provincia di Ascoli Piceno.

    Limiti di provincia, limiti fra zona di montagna e di collina

    Oltre che la formazione di queste nuove unità, tra i due censimenti si sono verificati anche dei cambiamenti di nome, alcuni nomi poi hanno assunto o perduto delle specificazioni: Maiolati è divenuto Maiolati Spontini; Comunanza del Littorio, Comunanza; Urbisaglia Bonservizi, Urbisaglia; Piandicastello, Mercantino Conca; Mercatino Marecchia, Novafeltria; Tomba di Pesaro, Tavullia; Gabicce, Gabicce Mare; Mercatello, Mercatello sul Metauro.

    In complesso tra il 1931 ed il 1951 come si vede si è verificata la tendenza all’aumento del numero dei Comuni, mentre tra il 1921 ed il 1931 si era verificata una tendenza opposta, infatti i Comuni da 254 erano scesi a 229. Le variazioni avvenute in questo campo tra la fine del XIX secolo e il principio del XX invece sono state molto poche, da 248 Comuni si passò allora a 254.

    Nel complesso della regione così suddivisa si riscontra di frequente un’anomalia, la presenza delle così dette isole amministrative, cioè di aree comunali isolate dal corpo del Comune a cui appartengono e situate nel territorio di un altro Comune o di un’altra provincia o addirittura di un’altra regione. Complessivamente 24 Comuni marchigiani presentano tale anomalia e due isole amministrative sono situate in una provincia differente da quella di appartenenza del Comune e tre si trovano invece in un’altra regione. In generale le isole situate nei luoghi più montuosi hanno una maggiore estensione di quelle che si trovano nelle aree pianeggianti. Il fenomeno che in Italia è abbastanza frequente, nelle Marche è localizzato prevalentemente nella provincia di Pesaro Urbino, anzi all’estremità nordoccidentale di questa, poi con molta minore frequenza nelle province di Macerata e Ascoli Piceno, ma sempre nella parte più interna. L’osservazione di questo ha condotto il Bonasera a considerare la presenza delle isole come un residuo medioevale derivante dai predi acquistati da persone o da enti e poi restati per consuetudine in proprietà del Comune nel quale risiedevano un tempo gli acquirenti.



    Grafico delle variazioni di popolazione tra il 1901 e il 1951.

    E singolare che buona parte delle isole si trovino nell’àmbito o in vicinanza del confine del Montefeltro o appartengano a Comuni del Montefeltro.

    Le isole appartenenti ad altre regioni sono tutte situate nella provincia di Pesaro, quella del Comune di Verucchio della provincia di Forlì è situata nel Comune di San Leo, quella di Badia Tedalda in provincia di Arezzo, molto vasta, è al confine tra i territori comunali di Casteldelci, Sant’Agata Feltria e Pennabilli; al Comune di Città di Castello in provincia di Perugia appartiene una piccola isola situata nella parte nord del Comune di Apecchio e confina anche con Sant’Angelo in Vado. La posizione più caratteristica è quella di tre isole amministrative consecutive, poste in vicinanza del confine orientale della provincia e appartenenti rispettivamente ai Comuni di Auditore, Tavoleto, Monte Cerignone. Anche in provincia di Ascoli Piceno due isole sono consecutive ed entrambe sono inserite nel territorio di Acquasanta ed appartengono rispettivamente ai Comuni di Ascoli Piceno e Roccafiuvione ; nei loro confronti è da notare che l’isola di Roccafiuvione è separata dal Comune di appartenenza proprio dall’esistenza dell’isola di Ascoli Piceno.

    Le isole della provincia di Macerata sono soltanto due: una di Pievebovigliana e una di Visso; esse sono caratteristiche non solo per la relativa estensione dell’area, ma anche perchè sono molto vicine ai rispettivi Comuni di appartenenza e ne risultano separate soltanto da esigui salienti che si verificano nei confini comunali dei territori circumvicini.

    L’origine dell’isola di Visso che ha nome Cupi è attribuita dal Bonasera all’alto Medio Evo, quando sarebbe stata compresa in una delle cinque guaite di Visso che erano dei corpi sociali autonomi dai Comuni.