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I centri minori

    I centri minori

    I centri della fascia costiera e delle isole

    La fascia costiera non è ricca di centri molto antichi perchè, decadute le città etrusche e romane, le pianure presso il mare rimasero per lunghi secoli paludose, inospitali e diffìcilmente difendibili dagli attacchi dal mare. Lo sviluppo dei centri abitati segue perciò quasi sempre il compimento, almeno parziale, delle bonifiche e il controllo dello spazio marittimo. Già si è detto di Livorno e di Pisa, come pure di Carrara e di Massa. Sul litorale, a nord dell’Arno non esistevano ancora dopo il Mille che poche torri di guardia, costruite a difesa degli attacchi pirateschi del mare, intorno ai quali si formarono nei secoli successivi piccoli villaggi di pescatori. Ma solo, a partire dalla metà deirOttocento ebbe inizio lo straordinario sviluppo dei centri balneari tra Viareggio e Marina di Carrara, divenuti negli ultimi decenni un ininterrotto seguito di case, di ville, di alberghi : ne è un tipico esempio Forte dei Marmi, allargatosi intorno a una fortezza costruita da Leopoldo I nel 1788, e divenuto in questo secolo una delle più note stazioni marine d’Italia.

    Più vecchia è invece la storia di Viareggio: il suo territorio venne acquistando importanza sempre maggiore durante le lotte del tardo Medio Evo tra Lucca, Pisa, Genova e Firenze. La Repubblica Lucchese, privata dalle potenti rivali della maggior parte della fascia costiera, decise di potenziare i soli approdi rimastile, cioè il Forte del Motrone e la vecchia «Torre del Mare» (Viareggio), di cui si hanno notizie dal 1170. La Torre sorgeva sulla Via Regia che attraversava la grande foresta costiera e apparve subito un punto strategicamente importante. Ma soltanto quando Motrone passò ai Fiorentini nel 1441, si iniziò da parte dei Lucchesi la sistemazione del porto canale di Viareggio lungo il Burlamacca e si crearono delle mura attorno al piccolo villaggio che si stava formando. Il retroterra rimaneva però preda delle acque paludose, le comunicazioni erano diffìcili e il luogo insicuro, sicché l’abitato prosperò lentamente, malgrado divenisse nel 1617 capoluogo di vicariato. Gli abitanti erano ancora alla metà del secolo successivo soltanto trecento. Nel XIX secolo finalmente, bonificato il retroterra, e sistemato il porto con la costruzione di due moli esterni di difesa e di una darsena interna, la «Darsena Toscana », il centro cominciò ad avere un sicuro incremento demografico ed economico: la popolazione aveva già raggiunto nel 1820 i cinquemila abitanti nel centro. Mentre si andava così consolidando la funzione di porto peschereccio e di centro di industrie marinare, ecco, dopo la metà del secolo, apparire i primi sintomi di quello che sarà il grande sviluppo della Viareggio moderna, i primi « ospizi », cioè gli stabilimenti balneari che raccoglievano i turisti attirati dalla bellezza e spaziosità della spiaggia. Da allora l’aumento della popolazione, pur non molto rapido, è costante: da poco più di diciassettemila abitanti nel Comune all’Unità d’Italia, si passa a ventisettemila nel 1921, a trentaseimilaseicento nel 1931, dei quali ben ventiseimila nel centro. Attualmente la popolazione comunale si avvicina a cinquantamila abitanti, di cui quasi quarantamila nel capoluogo.

    Viareggio. La spiaggia e, sullo sfondo, le Apuane.

    La pianta di Viareggio rispecchia il tipo delle marine moderne su coste pianeggianti: sul primo piano regolatore deciso da Maria Luisa di Borbone nel 1820, alla quale si deve la concessione di terreni gratuiti a chi fosse venuto ad abitare a Viareggio, la città si è largamente sviluppata con vie parallele dal mare verso l’interno, su una pianta a scacchiera, raggiungendo una profondità di oltre un chilometro dalla costa. Resta come ricordo della primitiva foresta litoranea la Pineta di Ponente nel cuore della città. Nuovi quartieri si vanno ora sviluppando nell’entroterra, oltre la ferrovia e la via Aurelia, e a sud, oltre il porto, verso Torre del Lago. In altro capitolo si è detto della grande importanza di Viareggio come centro balneare.

    Nelle valli apuane, a breve distanza dallo sbocco in pianura, particolare rilievo hanno i centri di Seravezza, di origine medievale, molto noto nei secoli scorsi per le ferriere e per la lavorazione del marmo, e Camaiore, florida cittadina, pure di origine medievale, dalla forma rettangolare simile a quella della vicina Pietrasanta. Camaiore ha oggi raggiunto i diecimila abitanti nel capoluogo e sorge al centro di una ricca zona agricola e industriale.

    A sud di Livorno sorgono alcuni centri balneari assai noti come Quercianella Sonnino e Castiglioncello, e un centro industriale, Rosignano Solvay, ai piedi della più vecchia Rosignano Marittima, che fu castello degli arcivescovi e poi del Comune di Pisa. Più a sud, è invece Cecina, dalla caratteristica pianta regolare, di origine però assai moderna; l’abitato sorse infatti a seguito delle bonifiche del XIX secolo con il nome di Bocca di Cecina come forte e dogana marittima. Sono da ricordare tra i centri costieri anche San Vincenzo e, un po’ all’interno, Castagneto Carducci, ove il poeta trascorse la sua fanciullezza, e Campiglia Marittima.

    Sull’omonimo promontorio è Piombino, uno dei maggiori centri industriali e uno dei più importanti porti della Toscana. Qui sorgeva in epoca romana il porto di Falesia, vicino a quello di Populonia, ove si sbarcava e si fondeva il ferro dell’Elba. Con la decadenza romana le tracce di Piombino si perdono per più secoli e solo dopo il Mille si ha qualche documento, da cui risulta tuttavia che la città era ridotta a un modestissimo agglomerato intorno al «Porticciolo ». Fu merito di Pisa, che se ne impadronì nel 1233, l’aver dato impulso al porto e al centro abitato e averne fatta una base marittima per la sua flotta. Ma il dominio pisano cessò già alla fine del Trecento, e Piombino cadde nelle mani di diverse famiglie, dagli Appiani, ai Ludovisi (1634), ai Buoncompagni (1706), finché dopo una breve sovranità di Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone I, passò nel 1815 al Granducato di Toscana.

    Lo sviluppo di Piombino è strettamente legato a quello del suo porto, che ebbe in passato funzione militare per la posizione strategica sullo stretto canale marittimo che divide la terraferma dall’Elba, e commerciale per i rapporti con la stessa isola, ma la città si è sviluppata largamente solo in questo secolo, dopo il sorgere dei grandi stabilimenti della Pignone (1897), della Magona d’Italia (1891), dell’Uva (1905). La popolazione che nel 1818 era ancora di soli 980 abitanti e nel 1840 di 1670, salì così nel 1901 a 16.250 nella sola città, e a 23.000 nel 1931. Purtroppo l’ultima guerra ha seminato la distruzione negli impianti industriali e, malgrado la ricostruzione, la città è stata afflitta da una grave disoccupazione operaia. Gli abitanti hanno tuttavia superato i trentamila nel solo centro.

    Piombino.

    Sulla costa della Maremma grosso centro è Follonica, il cui sviluppo data da un secolo a questa parte. Nella seconda metà dell’Ottocento non esistevano che poche case di pescatori quando il governo granducale creò 1’« Ufìzio delle miniere e fonderie ». Intorno a questo si svilupparono numerosi forni fusori del ferro dell’Elba e si andò allargando la funzione del porto per gli scambi con l’isola, in concorrenza con Piombino. Decaduto dopo l’ultima guerra il porto stesso, il centro è oggi una grossa borgata, con piccole industrie e notevole attività balneare e peschereccia.

    Le Torri di San Gimignano.

    Lungo un’aperta spiaggia affiancata da estese pinete, si estende l’agglomerato di Castiglione della Pescaia, intorno a un caratteristico porto-canale, ove fu probabilmente l’etrusca Hasta, porto di Vetulonia, e il romano Portus Traianus. Dopo un lungo periodo di decadenza, il centro riprese sviluppo in seguito le bonifiche ed è oggi una frequentata stazione balneare. Più in alto sorge, cinto da forti mura, il medievale Castiglione Castello.

    Su una stretta lingua di terra, che divide in parte la laguna, tra la terraferma e l’Argentario, sorse, in epoca etnisca, il primo centro di Orbetello, che intorno al IV secolo a. C. fu cinto da una forte cerchia di mura poligonali. « Le mura di Orbetello di grandi pietre parallelepipede fabbricate, e senza cemento commesse; le imponenti fortificazioni che dal lato di terra la difendono; la singolarità della sua posizione, nella quale non si può entrare se non per angusto spazio dal lato di terraferma ; le prospettive del vicino promontorio Argentario, il quale fra il mare e lo stagno in cui si specchia si alza gigante, tutto ciò basterebbe a richiamare sopra cotesto paese l’attenzione dei geografi, degli artisti e dei curiosi » (Repetti).

    Panorama di Orbetello.

    Giglio Castello.

    E singolare è veramente la posizione di questo centro e la sua stessa forma che ben si adatta alla stretta penisola, legata dopo il 1848 da un ponte all’Argentario. Il centro sopravvisse forse dall’antichità, come modesto borgo, durante il Medio Evo passando dalla sovranità longobarda al dominio di potenti famiglie, come gli Aldobrandeschi (1269), gli Orsini (inizio del secolo XIV) e quindi sotto il controllo di Siena. La sua vita fu però assai dura per i frequenti attacchi dal mare, tra i quali si ricorda come particolarmente devastatore quello di Jacopo Piccinino nel 1455. Ma il vero    sviluppo di Orbetello comincia sotto il dominio spagnolo, dopo il 1555, quando la città divenne capitale dello Stato dei Presidi e  fu cinta da forti mura.

    Passata poi nel 1736 ai Borboni di Napoli, unita nel 1801 al Regno di Etruria, fu inglobata nel 1815 al Granducato di Toscana. La popolazione che nel 1818 contava meno di 1900 abitanti, salì nel 1840 a quasi 2900 e ha raggiunto attualmente gli ottomila (18.000 nel Comune).

    Intorno all’Argentario sono poi Porto Santo Stefano, sorto nel XV-XVI secolo per l’emigrazione di pescatori liguri ed elbani, divenuto in seguito importante centro peschereccio e porto per l’isola del Giglio, e Porto Ercole, di origine romana (Portus Erculius), grosso forte spagnolo e base militare in epoca moderna. Ambedue i luoghi, che sorgono in pittoresca posizione, stanno diventando sempre più ricercati centri turistici e balneari.

    Porto Ercole.

    Nelle isole il solo centro di una certa importanza demografica è quello di Portoferraio sulle coste settentrionali dell’Elba, nel golfo che già ospitò anticamente la romana Fabricia. Piccolo villaggio di pescatori e minatori, chiamato Ferrario nel Medio Evo per le vicine miniere, acquistò nuova importanza quando Cosimo dei Medici nel 1546 decise di farne un forte e una base navale per resistere agli attacchi dei Turchi. Così la nuova « Cosmopoli », come fu chiamata, vide sorgere cospicue opere militari intorno all’abitato, che consentirono di resistere ai violenti attacchi che i Franco-Turchi sferrarono nella seconda metà del XVI secolo. Il centro si sviluppò così come base navale e come porto peschereccio, ottenendo nel 1647 il titolo di città.

    Dopo l’Unità d’Italia, venuta meno la funzione militare, la vita di Portoferraio si trasformò profondamente a causa della creazione nel 1901 degli altiforni per la lavorazione del ferro e anche per lo sviluppo commerciale del porto, divenuto il solo importante per i rapporti con il continente. Purtroppo l’ultima guerra ha distrutto gran parte degli impianti industriali, alcuni dei quali, come gli altiforni, non più ricostruiti. Negli ultimi decenni il turismo ha poi dato nuovo e rapido impulso all’abitato, che dai quattromila abitanti nel Comune nel 1833 era salito ad ottomila nel 1921 e a oltre diecimila nel 1960.

    Portoferraio.

    I centri della collina

    Esiste una parte della Toscana, dalle forme prevalentemente collinari, cioè la regione a sud e a ovest dell’Arno, dove il paesaggio, già caratteristico per gli aspetti morfologici e agricoli, acquista particolare movimento e originalità per la posizione dei centri abitati, che sorgono quasi tutti alti sui colli. Basti ricordare Siena, Volterra, San Gimignano, Pienza, Montepulciano, Cortona: siamo nel cuore di una Toscana che ebbe vita gloriosa in età comunale e che vide in quell’epoca intorno ai vecchi castelli medievali fiorire numerosi i nuovi centri politici ed economici, caduti in seguito in mano alle repubbliche, alle signorie, al granducato. L’impronta di quel passato e del successivo Rinascimento resta oggi inconfondibile testimonianza di una civiltà libera e piena di lieviti artistici e culturali: sono certo questi — grandi e piccoli — tra i centri più belli della Toscana, ove si ritrovano nei vecchi palazzi, nelle strette strade, nelle mura spesso conservate, uno stile e una tranquillità ormai ben rari nei più moderni centri della pianura e della costa.

    Espressione del passato, molti di questi centri — in massima parte di origine etrusca o medievale — hanno avuto in epoca moderna e soprattutto nell’ultimo secolo scarso sviluppo e hanno visto nuove borgate sorgere ai loro piedi, ove esistevano le strade o le ferrovie, e nelle prossime valli più aperte ai traffici moderni. Alcuni, contrariamente ai centri di pianura e di costa, sono rimasti chiusi nelle loro mura, e hanno visto un ben scarso rinnovamento edilizio.

    Ma non è sempre così: tutt’altro che «fossili», altri centri alti hanno dimostrato una notevole vitalità anche in tempi moderni, espandendosi ed allargandosi sui colli circostanti, come è accaduto di Siena, che ha conservato le sue funzioni di capoluogo amministrativo e culturale.

    La posizione alta, oggi non più idonea alle esigenze del traffico moderno, era un tempo certamente preferita per motivi di difesa e di controllo delle valli circostanti. Diffìcile si presentava il problema del rifornimento di acqua sulla sommità delle colline, ma più facile d’altra parte la protezione dalle frane e dalle alluvioni torrentizie. Inoltre l’agricoltura toscana è qui prevalentemente di tipo collinare, i migliori terreni si aprono cioè in alto sui pendìi soleggiati adatti alla vite e all’olivo, e perciò richiamano verso le alture le case ed i villaggi. Talora erano i miasmi e la malaria delle pianure che costringevano la popolazione a raccogliersi sull’alto dei colli. Un complesso insieme di cause, dunque, ha contribuito a creare questo tipo di insediamento alto che si continua, per altro, nell’Italia centro-meridionale e si ritrova in altre parti del Mediterraneo. Già si è detto di Siena; ricorderemo ora alcuni esempi caratteristici di «terre alte», soprattutto della Toscana centro-meridionale.

    Celebre per il suo splendore durante il periodo etrusco e per gli insigni monumenti dell’età medievale, che ancora conserva, Volterra sorge alta su un colle della Toscana centrale, intorno a 550 metri, presso le caratteristiche « balze » che dalla città prendono il nome. Una eccezionale cerchia di mura, in lunghi tratti ben conservata, lunga circa sette chilometri, ricorda ai posteri l’importanza di Velathri, una delle più forti lucumonie etnische, divenuta poi, nel III secolo a. C., municipio romano (Volaterrae). Il primo ricordo della città si ha in Dionisio di Alicarnasso; si sa che essa dominò fin sull’isola d’Elba e sulla Corsica, e che trasse grandi ricchezze dai commerci minerari ed agricoli. Le antiche mura racchiudevano uno spazio di ben

    Vedi Anche:  I caratteri demografici, l'emigrazione e la migrazione

    102 ettari, secondo una forma irregolare ed oblunga, che non fu tutto occupato dall’agglomerato urbano, e che racchiudeva certamente anche tratti di campagna coltivata e alcune sorgenti, preziose nei casi di assedio.

    I primi secoli del Medio Evo portano il buio nella storia di Volterra, che appare tuttavia nel V secolo come sede di vescovi, che ne restarono per lungo tempo i padroni assoluti. Il libero e combattivo Comune del Duecento è impegnato in dure lotte per svincolarsi dagli obblighi servili verso i feudatari e le vicine città toscane e poi contro Firenze, sotto il cui dominio cadde però definitivamente dopo due secoli di resistenza, con alterne vicende di libertà e di soggezione, intorno al 1530.

    Le mura medievali costruite ai tempi di Ottone I, lunghe circa 3200 metri, racchiudevano una città ben minore di quella etrusca (26 ettari), ma tuttavia assai estesa e tutta raccolta nella parte alta del colle, alla cui forma l’abitato venne adattandosi. E ancora oggi, malgrado lo sviluppo di vie esterne alle mura, la città conserva il suo tipico aspetto di centro di altura; il carattere medievale delle sue strade e delle sue case e i monumenti cospicui, tra cui il Palazzo dei Priori del XIII secolo, il Duomo in stile pisano pure del Duecento, l’imponente fortezza rinascimentale, l’Arco Etrusco, le casetorri, le già ricordate mura e altri ancora, ne fanno uno dei centri turistici giustamente più celebrati della Toscana e dell’Italia.

    Pianta di Volterra dell’inizio del XVIII secolo

    Volterra. Il Palazzo dei Priori, il più antico palazzo comunale della Toscana.

    Volterra è sede di un antico e raffinato artigianato artistico dell’alabastro, che è tutt’ora assai vitale. Gli abitanti del centro che erano nel 1552 oltre duemila, escluse le borgate fuori le mura, salirono a 4150 alla metà del secolo scorso (1843); attualmente il centro conta circa tredicimila abitanti.

    San Gimignano, inconfondibile per il suo aspetto ancora medievale e le sue caratteristiche torri, ha origini etrusco-romane (V secolo a. C.), ma acquistò importanza solo nel Medio Evo, intorno al XIII secolo, come libero Comune. Il nucleo abitato era già fortificato avanti il Mille entro mura grossolanamente ellittiche, che stringevano entro breve spazio le costruzioni (poco più di mille metri di perimetro); una seconda più larga cerchia di mura fu eretta nei secoli XII-XIII (2170 metri di perimetro). Dopo il Duecento, San Gimignano cominciò di nuovo a decadere e divenne centro religioso con ben dieci conventi e trenta chiese; molti edifici crollarono, le epidemie decimarono la popolazione, e entro le mura ricomparvero gli orti e gli spazi vuoti. Cosimo I, nel 1553, fece costruire i due Antiporti e rifare le mura, mentre la città continuava a vivere di una modesta vita locale, con uno sviluppo economico assai limitato fino ai primi anni dell’Ottocento. Al censimento del 1552 il centro contava circa duemila abitanti, scesi un secolo dopo a poco più di mille, ma aumentati di nuovo nel XIX secolo, quando si raggiunsero i 2580 abitanti nel centro (1861). Negli ultimi decenni la popolazione è salita a quasi ottomila abitanti (1960).

    Centro di importanza rurale, fuori dalle strade di grande comunicazione, San Gimignano è oggi una meta turistica giustamente famosa: poche città nel mondo conservano più inalterate le strutture medievali e uniscono ai ricordi artistici i pregi di un paesaggio così tipicamente toscano. Le torri, vanto di ogni famiglia nobile di un tempo, segno di potenza e di ricchezza, furono in gran parte distrutte, ma ne restano ancora tredici, che creano un insieme architettonico di rara suggestione.

    Antico dominio dei vescovi di Volterra, passato dopo il Mille come « Castello di Piticciano » agli Aldobrandeschi, e quindi Comune autonomo, Colle di Val d’Elsa si estende tra piano e colle, sul versante sinistro della valle da cui ha preso il nome. Caduta nel 1333 in mano ai Fiorentini, la borgata vide accrescersi la sua importanza economica con lo sviluppo dell’industria della lana, già nel XIV secolo, e quindi di quella della carta nel Quattrocento, sostituite più modernamente da quella del vetro. Nel 1592 ebbe il titolo ufficiale di città, quando già aveva raggiunto i tremila abitanti.

    Il centro appare oggi diviso in due parti: il « Colle Alto », un tempo detto Castel-vecchio, chiamato un tempo semplicemente « Borgo » e abitato dai Borghigiani, che rappresenta la parte più antica, e il « Colle Basso » o « Piano », un centinaio di metri più in basso, abitato dai Colligiani, ove si raccolgono gli stabilimenti, gli uffici commerciali e i nuovi quartieri di residenza. Nel 1552 il Borgo Alto contava circa 2600 abitanti di fronte a 600 di quello Basso, ma alla metà dell’Ottocento le due parti avevano ormai eguale importanza. Oggi gli abitanti di Colle Val d’Elsa hanno raggiunto il numero di 8500 (i960).

    Colle di Val d’Elsa, nota anche per essere patria di Arnolfo di Cambio, si presenta oggi in gran parte come una città moderna e rinnovata, anche a causa delle gravi distruzioni subite durante la guerra che causò la rovina di interi quartieri da parte dei Tedeschi.

    Fiorente centro agricolo, commerciale, industriale, è Poggibonsi, appoggiato tra la collina e il fondo valle dell’Elsa, che ha avuto in tempi moderni un notevole sviluppo economico e demografico. La popolazione nel XVIII secolo aveva ancora solo un migliaio di abitanti, saliti a 2500 nel 1833 e a oltre 13.000 ai nostri giorni. Ciò si deve certamente all’importanza della posizione presso la ferrovia e all’incrocio di strade, e alla ricchezza delle campagne circostanti. L’origine di Poggibonsi è dovuta all’iniziativa, durante il XII secolo, di alcuni castelli che crearono un forte sul Podium Bonitii (1156), passato poi sotto il dominio Senese. Ostile a Firenze, questa subì la completa distruzione nel 1270; allora i pochi superstiti si raccolsero nel vecchio Castello di Borgomaturi, da cui deriva l’attuale cittadina.

    San Gimignano.

    Certaldo, verso il Palazzo Pretorio.

    Caratteristico esempio di centro « sdoppiato » in tempo moderno è Certaldo, il cui Castello originario sorgeva nel XII secolo su di un colle dominante la media Valdelsa, divenuto poi capoluogo di un vasto vicariato. Questo vecchio nucleo, che conserva un nobile Palazzo Pretorio e tipiche strade di aspetto medievale, è diminuito d’importanza di fronte alla grossa borgata commerciale e industriale sorta ai suoi piedi, vicino alla ferrovia. Di famiglia proveniente da Certaldo era il Boccaccio, che qui passò lunghi anni della sua vita fino alla morte. Alla metà del Settecento gli abitanti del Castello erano ancora superiori a quelli del borgo sottostante (520 e 400 rispettivamente), ma un secolo dopo questi ultimi superavano più del doppio gli altri (rispettivamente 1500 e 650). Oggi Certaldo conta oltre ottomila abitanti nel capoluogo.

    Nella bassa valle dell’Elsa sorge poi Casteljìorentino, che, col nome di « Castel Timignano », fu feudo degli Alberti e poi dal XII secolo dominio Fiorentino. Il centro si è sviluppato modernamente in pianura e conserva ormai poche tracce del passato.

    Panorama di San Miniato.

    Cittadina dall’aspetto caratteristico per la sua posizione allungata su quasi due chilometri, sui crinali di tre contrafforti collinari, tra l’Evola e l’Elsa, dominanti il Valdarno di Sotto, è San Miniato, la cui origine risale almeno all’VIII secolo e che, ai tempi di Ottone I (circa nel 960), divenne, secondo quanto narrano i cronisti toscani, sede di vicari imperiali sotto il nome di «San Miniato al Tedesco». La posizione strategicamente importante dette presto sviluppo al piccolo centro medievale, che fu già, avanti al Mille, fortificato tutto intorno e munito nel Duecento di una forte rocca. Conquistata la propria libertà dagli Svevi e dai Pisani, San Miniato fece parte nel XIII secolo della Lega Guelfa, ma fu poi inglobato definitivamente da Firenze nel 1367.

    Appollaiata sul suo colle, ricca di vetusti monumenti come le chiese di San Domenico e San Francesco, la vecchia città sembra un ricordo del passato che guardi dall’alto la vita moderna della ricca pianura empolese: ma essa è ancora un centro operoso, circondato da colli ricchi e tutti appoderati, con vivaci attività commerciali ed artigiane. Ai suoi piedi, nella pianura, è sorto negli ultimi decenni San Miniato Basso, che raggiunge da solo i duemila abitanti. La popolazione del centro, che aveva raggiunto alla metà del XVI secolo 1250 abitanti, scese nel 1745 a 1100, per risalire poi un secolo dopo a circa 2500; attualmente si aggira intorno ai cinquemila.

    Centro storico e culturale fra i più illustri della Toscana, anche se oggi poco popoloso, è Cortona, su un colle dominante la Valdichiana, tra 500 e 650 metri di altitudine. Le sue origini risalgono, secondo una tradizione tramandata da Erodoto e da Dionisio di Alicarnasso, agli Umbri, cui succedettero nel VII-VIII secolo a. C. gli Etruschi, che ne fecero una potente lucumonia. Restano di quel glorioso periodo cospicui avanzi delle mura, che cingono la città per quasi tre chilometri racchiudendo una superficie di trenta ettari, oltre a numerose tombe ricche di suppellettili, raccolte ora nel locale Museo dell’Accademia Etrusca.

    Con la decadenza romana e dopo la conquista da parte dei Goti nel 450, si perdono le tracce di Cortona fin verso il Mille, quando ritroviamo la città in lotta contro i vescovi di Perugia e di Arezzo e quindi Comune autonomo durante il Duecento, finché nel 1325 v’impose la sua signoria Ranieri Casali. La conquista da parte di Firenze nel 1411 diede relativa tranquillità al centro, malgrado le dure battaglie combattute sotto le sue mura nei secoli successivi a causa della posizione strategica verso i confini meridionali del Granducato. Con alcuni borghi vicini (sei parrocchie) Cortona contava nel 1552 oltre cinquemila abitanti, scesi poi a 3700 nel 1745 e tornati di nuovo a cinquemila nel 1883; attualmente il centro abitato ospita circa dodicimila abitanti.

    La città conserva il suo austero aspetto caratterizzato da ripide strade e da costruzioni prevalentemente in pietra, ricca di monumenti insigni quali il Palazzo Pretorio, e di istituzioni culturali come la già ricordata Accademia Etrusca, che, oltre al museo, ospita una illustre biblioteca. Negli ultimi decenni Cortona si è espansa fuori le mura intorno ai giardini pubblici e oltre Porta Sant’Agostino, e

    ha visto, inoltre, svilupparsi ai suoi piedi la borgata di Camucìa, verso cui sempre più si dirigono le attività economiche e commerciali.

    Su un colle di tufi, a 400 metri sul mare, nella Toscana meridionale, ai margini della Valdichiana, sorge Chiusi, oggi piccola città, che fu nell’antichità uno dei più importanti centri della regione. Forse di origine umbra, divenne una potente lucumonia etrusca, una delle città della Dodecapoli (Chamars), come attestano, tra l’altro, l’importanza eccezionale dei reperti archeologici ritrovati nella città e nei dintorni, ora raccolti nel locale Museo Nazionale, e la vasta rete di costruzioni e di gallerie sotterranee, che tuttora si conservano entro l’abitato. Dopo aver fronteggiato lungamente Roma ed averla probabilmente costretta alla resa nel 520 a. C., ne fu dal IV secolo alleata per divenire poi municipio romano (II secolo); le tracce della città romana si riconoscono chiaramente ancora nel centro attuale, che si è sviluppato intorno agli antichi cardo e decumano.

    Chiusi.

    La sua posizione dominante l’imbocco della Valdichiana e perciò le comunicazioni tra la Toscana interna, l’Umbria e Roma, conservarono a Chiusi un’importanza particolare anche durante la decadenza dell’Impero e le invasioni barbariche. Fu infatti centro politico e militare longobardo, capitale di ducato fino all’VIII secolo. Dopo di allora, però, l’impaludamento della Valdichiana e la diffusione della malaria provocarono una lenta decadenza, per cui la città, malgrado un breve periodo di autonomia, divenne dominio di vari feudatari, di Orvieto, di Siena (1416), godendo solo di un breve periodo di libertà comunale (1337-55).

    Una certa ripresa si ebbe dopo il XVIII secolo entro il Granducato di Firenze, via via che procedevano le bonifiche della sottostante pianura; tuttavia in epoca moderna la città è stata sempre ben lontana dall’importanza avuta nell’antichità. Oggi la cittadina raccoglie poco più di seimila abitanti, con un sensibile aumento rispetto ai decenni scorsi (1921: 2307 abitanti nel centro).

    Su un colle dominante la pianura maremmana, presso un’antica rocca a 400 metri sul mare, Massa Marittima, detta talora dai vecchi scrittori toscani come « Massa di Maremma » o « Massa Metallifera », costituisce il centro storicamente più importante della regione, e prese sviluppo prima del Mille, dopo la distruzione di Populonia da parte dei pirati e il trasferimento della sede vescovile. La distruzione da parte dei Saraceni nel 935, lo spopolamento delle campagne per la malaria, non impedirono che la città, pur poco popolosa, diventasse libero Comune nel XIII secolo, assumendo una funzione politica di primo piano nella storia della Maremma e nelle lotte tra Siena e Pisa. La vita cittadina fu dominata a lungo dai due partiti di « Cittanuova » 0 Senese e di « Cittavecchia » o Pisano, finché l’assoggettamento a Siena nel 1554 e poco dopo a Firenze le tolse ogni libertà politica.

    La decadenza delle industrie minerarie di rame e d’argento, che floride già in tempo etrusco, erano riprese nel libero Comune medievale, la posizione periferica nel Granducato e il declino dell’agricoltura e dei commerci sotto i Medici, segnarono quindi un periodo di grave crisi, durante il quale la popolazione diminuì fino a ridursi a poche centinaia di persone nel pur vasto territorio del Comune. L’abitato non aveva nel 1640 che 580 abitanti, ridottisi ancora, un secolo dopo a circa 400. Una ripresa si è avuta soltanto dopo il compimento delle bonifiche, prima e soprattutto dopo l’Unità d’Italia: da 2800 abitanti nel 1840 si sono raggiunti attualmente gli ottomila (i960: 17.000 nel Comune).

    Massa Marittima.

    La città è oggi un centro animato, contornato da una regione agricola sempre più fiorente e da un’importante distretto minerario; essa conserva la fortezza creata dai Senesi alla metà del Cinquecento e cospicui avanzi delle mura che, abbattute nel 1377, vennero poi subito dopo rifatte secondo il vecchio tracciato. La sua posizione un po’ marginale rispetto alla ferrovia e alla via Aurelia ostacola lo sviluppo ulteriore del centro, che esercita anche un notevole richiamo artistico per i suoi insigni monumenti quali il Duomo, il Palazzo Comunale, il Palazzo Pretorio.

    Vedi Anche:  Regioni tradizionali

    Fra i più importanti centri alti di Toscana si deve poi ricordare Montepulciano, che sorge a 605 metri sul mare, nelle colline che dividono la Val d’Orcia dalla Valdichiana. Vecchio castello medievale (« Castello Policiano »), lottò a lungo per la propria libertà durante i secoli XII e XIII, più volte sottomessa da Siena ed entrata quindi, dopo il 1390, nel dominio fiorentino. Pur non molto popolosa, Montepulciano è ben nota per la sua posizione dominante una cerchia di colline ubertose ricche di vigneti (« Montepulciano d’ogni vino è il re ») e per i suoi monumenti, tra cui gli austeri palazzi medievali e soprattutto rinascimentali, alcune chiese e i resti delle mura che la cinsero nel XIII secolo, prima che i Senesi vi portassero la distruzione. Secondo il Repetti gli abitanti di Montepulciano città erano 3750 nel 1552, diminuiti poi a 2300 nel 1745 e a 2800 nel 1839; oggi essi assommano a 6200. La città è nota anche per essere patria del Poliziano.

    Montepulciano.

    Piccolo ma ben caratteristico centro di altura, testimonio di un’età passata, è Monteriggioni, sulle colline della Staggia, che ebbe importanza come luogo di confine tra Firenze e Siena e che conserva una caratteristica cerchia di mura la quale racchiude però appena cento abitanti.

    Montepulciano: verso la chiesa di San Biagio.

    Ben conosciuta per la sua storia, i suoi monumenti, la sua caratteristica pianta ovale, è Pienza, sulla vetta di una collina, intorno a cinquecento metri di altitudine. Sul colle esisteva avanti il Mille il castello di Corsignano, legato alle sorti di Siena e, in particolare, della famiglia Piccolomini, che vi aveva numerosi privilegi. Fu appunto un membro di quella famiglia, Enea Silvio, divenuto poi Pio II, che eresse il castello a città e gli assicurò una cospicua serie di edifici : Pienza è così oggi esempio ben caratteristico di città « creata » del Quattrocento, che ancora conserva in gran parte inalterata la sua fisonomia. Dopo la morte di Pio II, il centro decadde fino a ridursi a poche centinaia di abitanti (circa settecento alla metà del XVIII secolo); esso resta tuttora un luogo di ricordi artistici, ma di modesta importanza economica e demografica (3300 abitanti nel 1960).

    Pienza.

    Nella Toscana meridionale caratteristici centri di altura, di antica origine, sono anche Pitigliano, Sorano, Sovana, Saturnia, Manciano, Scansano, Roccalbegna e molti altri ancora. Fuori dalle grandi strade moderne, lontani dalle aree più ricche ed industrializzate, gran parte di questi luoghi vive di modeste risorse locali, e soprattutto agricole, ed ha avuto negli ultimi decenni scarso sviluppo. Tra i maggiori è Pitigliano, ben nota per la sua posizione alta su uno sperone di tufo dalle pareti precipiti. Forse di origine etrusco-romana, acquistò importanza durante il Medio Evo, quando fu proclamata città e sede vescovile e divenne uno dei capisaldi maggiori dei domini della famiglia Orsini. Durante il Quattrocento vi emigrò una colonia di ebrei che dette notevole impulso alle attività economiche, sfruttando la posizione di confine tra la Toscana ed il Lazio. Annessa al Granducato di Toscana nel 1604, perse un po’ per volta la sua importanza politica ed economica, restando soprattutto un centro di commerci agricoli: la popolazione del Comune conta oggi 5500 abitanti (1960).

    Pitigliano

    Tipico esempio di città decaduta in tempi moderni è la vicina pittoresca Sovana, patria di Gregorio VII, che florido centro nei primi secoli etruschi, riprese anticamente importanza come municipio romano e sede vescovile cristiana. Dominio degli Aldobrandeschi, ebbe un nuovo periodo di splendore nel Medio Evo, ma divenuta possesso degli Orsini e poi di Siena, il centro si spopolò lentamente mentre assumeva importanza la vicina Pitigliano; e poco servirono per la sua ripresa le immigrazioni più o meno forzate per i lavori di sistemazione fatti dai granduchi intorno al Seicento. Oggi Sovana ospita appena trecento abitanti e resta uno dei centri medievali toscani di maggiore suggestione.

    Manciano.

    Merita anche di essere ricordata per la sua gloriosa ed antica storia, Saturnia, oggi villaggio di cinquecento abitanti, che sorge su un alto blocco di travertino, cinto ancora da resti di mura che ricordano la città etrusca e pre-etrusca. Il centro ebbe una certa importanza anche sotto il dominio romano e poi nel Medio Evo con gli Aldobrandeschi, ma non si riprese più dopo le distruzioni subite da parte dei Senesi alla fine del XIII e durante il XIV secolo.

    Tutta la Maremma è ricca di centri «alti». Come osserva Alberto Mori, poiché qui « le pianure erano fino a pochi anni or sono infestate dalla malaria, la zona collinosa e di montagna, data la scarsezza delle vie di comunicazione, era isolata e, ancora alla fine del secolo scorso, malsicura e inoltre, data la quasi generale diffusione della grande proprietà a coltura estensiva ed economia agricolo-pastorale, si comprende facilmente come il tipo più diffuso di agglomeramento rurale sia quello concentrato, formato cioè da fitte case disposte generalmente intorno ad un vecchio castello sulla cima di una collina. Così molte delle colline che si affacciano sulle pianure costiere dell’Albegna, dell’Ombrone e della Pecora sono occupate da paesi; caratteristici sono tra gli altri Istia, Batignano, Montepescali, Buriano, Vetulonia, Giuncarico che guardano dalle loro alture la piana di Grosseto. La formazione di questi centri che si affacciano su una pianura è stata causata soprattutto da ragioni igieniche e da preoccupazioni di difesa: si comprende agevolmente come le vicende burrascose attraversate dalla nostra regione nel Medio Evo e i miasmi sprigionantisi dalle paludi abbiano spinto le popolazioni ad agglomerarsi in posizioni elevate, più salubri e facilmente difendibili. Per lo più questi centri si sono formati intorno a castelli medievali, i quali appunto erano edificati su alture ».

    I centri delle vallate interne

    Nel cuore del Valdarno Inferiore, sulla sinistra dell’Arno, sorge uno dei centri più vitali e dinamici della Toscana, Empoli, che ha visto negli ultimi anni un florido sviluppo di attività commerciali ed industriali.

    Le origini della città si perdono nel Medio Evo, quando numerosi castelli e chiese, tra cui uno chiamato Empolis o Imporis, dove oggi è la Empoli vecchia, sorgevano nella pianura tutt’intorno al centro attuale. Un primitivo nucleo urbano cominciò a formarsi soltanto dopo il Mille, sotto i conti Guidi; nel 1119 la contessa Emilia, appartenente appunto a quella famiglia feudale, impose che intorno alla pieve di Sant’Andrea dovessero stabilirsi i popoli di quindici chiese circostanti. Il primo nucleo così formato si ampliò soprattutto nel XIII secolo, dopo che gli abitanti avevano giurato fedeltà a Firenze (1182) ed erano stati così riscattati un secolo dopo dalla servitù verso i feudatari. Come scrive il Repetti, «fu nel 1182, in quell’anno di carestia, che valse lo staio di grano soldi otto, quando il Comune di Firenze intento a tenere in freno e togliere di mano ai conti e ad altri baroni le rocche e castella, dalle quali essi angariavano vassalli e passeggeri, e da dove facevano alle strade orribil guerra, fu allora che la Repubblica di Firenze costrinse gli uomini di Empoli a prestare ubbidienza e ad esser fedeli alla capitale. Con tale atto rogato nel Palazzo pubblico di Firenze nel 3 febbraio 1182, stile comune, gli abitanti di Empoli si obbligarono di seguire le volontà della Repubblica Fiorentina in ogni guerra, eccetto contro gli antichi loro padroni, i conti Guidi, e di pagare un tributo annuo di lire 50, oltre l’offerta, nel giorno di San Giovanni Battista, di un cero… ».

    Empoli.

    Dopo di allora le sorti di Empoli rimasero strettamente legate a quelle della città capitale, ma la sua vita non fu certamente tranquilla nei secoli successivi: la posizione strategica nel Valdarno di Sotto, all’incrocio di strade importanti, le fecero subire duri assedi, scorrerie e saccheggi fino al XVI secolo. Tra l’altro, nel 1530, Francesco Ferrucci vi combattè la sua eroica e sfortunata battaglia contro la restaurazione dei Medici, imposta dalle truppe imperiali.

    Attraverso i tempi Empoli rimase sempre un centro politico attivo, da quando ancora nel Medio Evo vi si incontrarono più volte i rappresentanti dei Comuni vicini per raggiungere accordi politici e militari, da quando ospitò il Congresso Ghibellino del 1260 ove Farinata degli Uberti riuscì ad evitare la distruzione della guelfa Firenze e la sua ricostruzione in Empoli, alla fine del Settecento ed all’inizio dell’Ottocento quando la città reagì fieramente contro i Francesi e fu quindi particolarmente sensibile ai movimenti del Risorgimento italiano.

    Anche nell’ultima guerra e durante il fascismo la città fu centro di una coraggiosa opposizione e di una dura lotta antifascista e partigiana.

    Il primo nucleo abitato di Empoli si sviluppò nella cosiddetta « Empoli Vecchia » e poi intorno alla Pieve di Sant’Andrea: le prime mura, che pare risalgano al XII secolo, furono distrutte nel 1333 ma sùbito ricostruite, mentre una nuova cerchia più ampia fu innalzata nel 1487. Gli abitanti erano nel 1745 ancora soltanto 2600, saliti un secolo dopo a poco più di cinquemila.

    Il grande sviluppo di Empoli appartiene al periodo dell’Unità Italiana e soprattutto agli ultimi decenni, quando la città, nota un tempo come il granaio del Granducato per la ricchezza delle sue campagne, si è trasformata in un centro industriale e di grande artigianato ed ha visto sorgere importanti stabilimenti vetrari, dei fiammiferi, chimici e, negli ultimissimi anni, numerose industrie dell’abbigliamento. Tutta la sua campagna ha risentito profondamente di questo rinnovamento commerciale ed industriale ed è popolata da numerosi operai e lavoranti a domicilio. La popolazione è salita ai nostri giorni a ventiduemila abitanti nel centro (1960).

    Nella pianura del Valdarno di Sotto, presso un antico ponte sull’Era, sorse nel Medio Evo un piccolo agglomerato che si chiamò Ponte ad Era (Pontadera) e, modernamente, Pontedera. La località, i cui documenti più antichi risalgono al XII-XIII secolo, si trovava in una posizione strategica per le lotte tra Firenze e Pisa, sicché il centro ebbe vita assai poco tranquilla e fu disputato e distrutto a più riprese sino al 1554, quando in occasione della guerra di Siena le sue mura furono abbattute e non più ricostruite. Entrato stabilmente nel dominio fiorentino, il paese si sviluppò lentamente come nodo di traffico, con qualche attività artigiana e commerciale: la popolazione, che alla metà del Cinquecento era appena di novecento abitanti, pare fosse aumentata due secoli dopo sino a 2650 persone. Il vero sviluppo economico e demografico di Pontedera cominciò però nell’Ottocento, quando sorsero numerose piccole industrie legate alla lavorazione della canapa e del lino, allora coltivati largamente nella pianura circostante. I cordami da barche venivano venduti a Pisa e nei paesi lungo l’Arno. Nacquero anche fabbriche di pasta alimentare, concerie, tintorie, fabbriche di cappelli: nella seconda metà dell’Ottocento, la popolazione del centro, escluso il territorio comunale, era così salita ad oltre ottomila abitanti (8695 nel 1881).

    Nel XX secolo compare a Pontedera la grande industria moderna, che assorbe gran parte del vecchio artigianato, soprattutto nel settore tessile: così gli stabilimenti delle «Manifatture Toscane Riunite» e dei «Cucirini Cantoni Coats » impiegarono da sole nel 1913 più di 1300 operai, saliti in seguito a più di duemila. Ma ancora più di quelle tessili furono le industrie meccaniche a determinare lo sviluppo recente di Pontedera e l’estendersi del suo raggio di attrazione su una gran parte della provincia di Pisa: una vecchia officina fu acquistata nel 1925 da Rinaldo Piaggio che la trasformò in una fabbrica di motori d’aviazione: nel 1940 vi lavoravano più di cinquemila operai, saliti nel 1943 a novemila. Ma si trattò di un periodo eccezionale, stroncato dalle distruzioni della guerra.

    Pontedera

    La ripresa economica, alla fine di questa, appare certamente faticosa e tuttavia una nuova «scoperta» ridette floridezza agli stabilimenti Piaggio: la Vespa, la cui produzione si moltiplicò dal 1946 fino a raggiungere molte decine di migliaia di esemplari all’anno, con l’impiego di circa cinquemila operai. Scomparsa l’industria tessile, si sono poi sviluppate anche altre officine meccaniche, vari cordifici, l’artigianato artistico del cuoio e del legno, come pure quello di vimini (oggetti per uso agricolo).

    Pontedera è così oggi uno dei centri industriali più importanti della Toscana, oltre ad essere un rilevante mercato agricolo, rinomato soprattutto per gli ortaggi e per il pollame. L’aumento degli abitanti rispecchia queste vicende economiche in misura minore di quanto si potrebbe credere: da 12.500 nel 1931 si è saliti infatti a quattordicimila nel 1960. Confluisce però ogni giorno a Pontedera una cospicua manodopera dalle vicine località.

    Nell’agglomerato di Pontedera è facile riconoscere il nucleo più antico compreso tra l’Arno e l’Era, intorno al quale si è sviluppata la città moderna, sia in direzione di Pisa sia oltre la ferrovia, sia sulle opposte sponde dell’Era. La città si è prolungata poi lungo la via pisana nel « villaggio Piaggio » e nel « villaggio comunale ».

    Il colle isolato dominante per vasto raggio le pianure ed i monti della Valdinievole, ove ora sorge Montecatini Alto, era occupato, già prima dell’XI secolo, da un castello feudale, caduto poi in mano dei vescovi di Lucca e quindi, dopo un periodo di libertà comunale nel Duecento, dei Fiorentini (1330). Ai piedi del poggio, ove oggi si estende Montecatini Terme, nulla esisteva fino al XIV secolo, e l’aria era anzi umida e malsana per la vicinanza delle paludi che circondavano il lago di Fucecchio. Alcuni bagni furono costruiti tuttavia già nel Quattrocento, ma il loro funzionamento risultò in seguito così difficile ed oneroso che il comune di Monte-catini rivolse varie suppliche ai Medici perchè provvedessero ai lavori necessari e, infine, decise di donare i bagni stessi al Granduca Francesco I, sperando di sollecitarne così il diretto interessamento.

    Ma solo con l’inizio delle bonifiche nel XVIII secolo e con l’avvento dei Lorena al Granducato, i vecchi stabilimenti termali furono ripristinati ed ampliati e numerosi altri vennero aggiungendosi ai primi durante l’Ottocento. All’inizio poi del nostro secolo, l’iniziativa privata, in gran parte per opera dell’industriale Pietro Baragiola, dette un grande impulso alla città, che vide sorgere nuove costruzioni termali, nuovi alberghi, nuovi luoghi di ritrovo, e vide sistemate le sue strade ed i suoi giardini fino ad assumere l’elegante aspetto moderno che oggi presenta.

    Vedi Anche:  Le strade, il commercio e il turismo

    « Alla fine del Settecento, — come scrive il Piccardi, — e cioè all’epoca della sua origine come centro abitato, Montecatini aveva l’aspetto di un grande parco disseminato di una diecina di edifici termali, attraversato da un grande viale (oggi chiamato Giuseppe Verdi) che si staccava dalla strada Pistoia-Lucca e si dirigeva verso nordest fino alle Leopoldine, piegando poi verso nord per raggiungere il Tettuccio.

    Montecatini Terme. Fontana nelle Terme del Tettuccio.

    « Il centro venne prendendo consistenza nei primi decenni dell’Ottocento con la costruzione della chiesa e di numerose locande lungo la stessa strada Pistoia-Lucca. Dopo l’apertura (1853) della ferrovia Viaria Antonia da Firenze a Lucca, che passava poco più a sud, nuovi edifici occuparono il terreno tra le due vie di comunicazione, specialmente in prossimità della stazione ferroviaria.

    «Il più vistoso incremento dell’abitato è posteriore al 1880 e si è avuto alla fine dell’Ottocento e nel nostro secolo. Si è costruito specialmente a est, a nord ed a ovest dell’area termale, che perciò è rimasta circondata da tutti i lati, meno che a nordest ed a nordovest, dove i poggi delle Panteraie e di Montecatini Alto hanno ostacolato l’espansione edilizia, anche perchè si è voluto conservare la copertura vegetale dei colli che sono di notevole bellezza paesistica. Così parte delle pendici delle Panteraie accolgono un parco pubblico e quelle del colle di Montecatini sono protette dal vincolo “ non aedificandi ”. Altre due direzioni della più recente espansione edilizia sono state, una verso l’autostrada Firenze-mare aperta nel 1936, che passa a sud della ferrovia, l’altra lungo la vecchia strada per Pistoia, in direzione della nuova stazione ferroviaria, eretta 900 metri ad oriente di quella antica nel 1937 ».

    La popolazione che nel 1901 era ancora, secondo dati tuttavia non molto sicuri, di appena 1500 abitanti, si è rapidamente moltiplicata in questo secolo, superando i quattromila nel 1921 e gli ottomila nel 1937. Nel i960 gli abitanti hanno poi raggiunto il numero di quattordicimila nel centro. Si deve osservare che nello stesso periodo la popolazione di Montecatini Alto è aumentata di misura molto lieve, essendo passata da 691 a circa novecento abitanti. Già si è detto dell’importanza di Montecatini come centro termale.

    Pescia alla fine del XVII secolo.

    Pescia.

    In un’amena valle, chiamata oggi la « Valle dei fiori », dominata da colli ricoperti di olivi, proprio sul margine della pianura, sorge il vecchio centro di Pescia, che si fregia dal 1699 del titolo di città. Acquistò importanza con la costituzione in libero Comune alla fine del XII secolo ed ebbe in seguito vita assai travagliata, trovandosi proprio sul limite dei domini lucchesi e fiorentini, per cui subì assedi e distruzioni.

    Rimasta a lungo sotto l’influenza di Lucca, passò con dodici castelli minori a Firenze nel 1339; fu successivamente attaccata dai Pisani e dai Lucchesi (1362), da Francesco Sforza (1430), di nuovo dai Pisani (1496), finché, col XVI secolo, ebbe vita più tranquilla sotto il dominio mediceo. Divenne allora la vera capitale della Valdinievole e vide svilupparsi numerose le industrie e l’artigianato, tra cui una apprezzata arte della stampa, il cui primo libro risale al 1485, e di numerose cartiere che ancora vi rimangono. Notevole fu anche la lavorazione della seta e della concia delle pelli. Nuova importanza ha assunto Pescia negli ultimi decenni per il grande sviluppo delle colture vivaistiche di olivi da trapianto e di fiori, che si sono estese intorno alla città, trasformandola in un centro commerciale di grande importanza. Già si è parlato in altra parte di questo volume del mercato dei fiori.

    La città si adagia lungo il corso della Pescia, adattandosi alla forma stretta della valle che si allarga verso la pianura. « Se la città di Pescia non può dirsi nell’insieme molto regolare, comecché le sue strade siano quasi tutte parallele alle due sponde del fiume ed in una direzione uniforme da ostro a settentrione; se proporzionatamente al vasto recinto della città alquanto disunito apparisce il suo caseggiato, cotali difetti per altro sono ricompensati dall’amenità dei colli che da tre lati a guisa di anfiteatro a Pescia fanno spalliera… ». Gli abitanti di Pescia centro assommavano nel i960 a circa 13.500.

    Nel cuore del Valdarno di Sopra sorgono i due vecchi centri di Montevarchi e San Giovanni Valdarno. Il primo fu castello dei conti Guidi su un’altura dove in seguito rimase un convento, e fu acquistato dai Fiorentini una prima volta nel 1254 e definitivamente nel 1273. Divenne allora, protetto da buone fortificazioni, centro agricolo e commerciale sempre più fiorente, assumendo le funzioni di piccolo capo-luogo regionale. Negli ultimi decenni Montevarchi si è notevolmente ampliata, soprattutto per lo sviluppo di notevoli attività industriali. Essa è sede dell’Accademia Valdarnese fondata da Poggio Bracciolini. La popolazione del Comune, che all’inizio del secolo scorso contava già seimila abitanti, è salita oggi a circa ventimila, per oltre la metà raccolta nel capoluogo.

    San Giovanni Valdarno fu invece fondata alla fine del XIII secolo dal Comune di Firenze, insieme a Terranova e a Castelfranco, per fronteggiare la potenza dei Pazzi e degli libertini, dominanti nel Valdarno di Sopra (San Giovanni in Altura). Ebbe pianta rettangolare, pare su disegno di Arnolfo di Cambio, e fu cinta da forti mura. Il nuovo centro si sviluppò rapidamente, divenne sede di vicariato e già nel 1551 aveva raggiunto i duemila abitanti. Oggi il Comune, in seguito allo sviluppo commerciale e industriale, ha raggiunto i quindicimila abitanti, per due terzi nel centro.

    Tra gli altri centri di fondo valle del Valdarno Superiore particolarmente popoloso è quello di Figline Valdarno, pure di origine medievale, patria di Marsilio Ficino, con oltre novemila abitanti nel centro, dove fioriscono numerose attività industriali. Lo stesso carattere ha anche Incisa in Val d’Arno, con oltre tremila abitanti nel capoluogo.

    Sansepolcro, già Borgo San Sepolcro, è la « capitale » della Val Tiberina toscana ed è particolarmente nota per avere dato i natali a Piero della Francesca, di cui conserva nella Pinacoteca alcune importanti opere.

    Il centro ha origini medievali e si sviluppò dopo il Mille intorno ad un’Abbazia, che si vuole fondata già nel 934 da due pellegrini, Arcano ed Egidio, di ritorno da Gerusalemme con alcune reliquie del Santo Sepolcro. Fu in mano dei Benedettini e poi dei Camaldolesi e riuscì a conquistare la libertà nel 1230 malgrado le scomuniche papali, dopo dure lotte sostenute contro i privilegi degli abati, che esercitavano largamente l’usura. Passò poi da un dominio all’altro, sia di potenti famiglie feudali come i Della Faggiola, i Tarlati, i Malatesta, i Montefeltro, sia di città vicine come Arezzo, Perugia e Città di Castello, finché, all’inizio del XV secolo passò alla sovranità della Chiesa. Dopo alterne vicende, che videro in campo per la sua conquista Firenze, il Papa, i Visconti, gli Angioini, gli Aragonesi ed altri ancora, la città fu finalmente venduta dal Papa ai Fiorentini nel 1515 e da allora rimase stabilmente nel Granducato di Toscana.

    Si sviluppò così lentamente la sua funzione di centro agricolo commerciale e di confluenza dell’economia di larga parte della Valle Tiberina. Gli abitanti, che nel 1745 erano circa 2500, salirono un secolo dopo a 4300, ed hanno raggiunto attualmente il numero di quasi undicimila nel capoluogo (i960).

    Chiese e palazzi di cospicuo valore artistico ricordano ancora oggi a Sansepolcro un passato ricco di vita e di cultura, mentre l’industria moderna, tra la quale ben noti i pastifici Buitoni, hanno dato impulso allo sviluppo di sobborghi nuovi in contrasto con il vecchio centro stretto ed invecchiato.

    I centri delle conche appenniniche

    Principale centro della Lunigiana è Pontremoli, vecchio dominio estense, di cui si hanno notizie sin dall’XI secolo e che si eresse a libero Comune nel Duecento, dopo essersi liberato dall’influenza del Vescovado di Luni. La città fu a lungo disputata da Parma, da Piacenza, da Milano, finché Filippo IV di Spagna la cedette al Granducato di Toscana nel 1640. La posizione geografica, lungo una delle più vecchie importanti strade transappenniniche, spiega la sua storia travagliata. Ebbe il titolo di città nel 1778: oggi assolve le funzioni di una piccola capitale di regione ed esercita la sua attrazione su tutta l’alta Lunigiana. Il Comune, che nel 1861 aveva dodicimila abitanti e nel 1931 quattordicimila, ha conservato negli ultimi decenni più o meno la stessa popolazione, ma si è accresciuto il capoluogo che nel i960 contava ottomila abitanti.

    Nella bassa Lunigiana il centro maggiore è invece Aulla, il cui agglomerato si sviluppò intorno all’Abbazia di San Caprasio, fondata intorno all’884 da Adalberto I, Marchese di Toscana. Dopo aspre lotte con gli abati ed il Vescovo di Luni, i marchesi Malaspina riuscirono ad impadronirsene all’inizio del Trecento, conservandone il dominio fino alla metà del XVI secolo, quando l’Abbazia fu acquistata da un patrizio genovese, e riacquistandolo poi nei primi decenni del XVIII. Aulla sorge in un importante incrocio di strade, in ambiente collinare, dominata dalla fortezza della Brunella, che risale al XVI secolo, ed è centro industriale di una certa importanza con oltre un migliaio di operai. La sua popolazione conta 10.500 abitanti nel Comune, di cui 3300 nel capoluogo.

    Nella Lunigiana si deve ricordare anche Fivizzano, che fu capoluogo di un distretto granducale, cinto da forti mura; particolare nome vi ebbe l’arte della stampa nel XV secolo.

    Pontremoli. Vecchie case sul Magra; in alto la Rocca.

    San Marcello Pistoiese.

    Barga, il maggior centro della Garfagnana, sorge su un’altura in posizione dominante un largo tratto della valle del Serchio, a 410 metri di altitudine. Se ne ha notizia avanti il Mille, quando già esisteva un forte castello dominato dai feudatari locali. Fu capitale di vicariato nella Repubblica Lucchese e fu acquistato dai Fiorentini nel 1341. Entrò a far parte del Granducato di Lucca nel 1847. Conserva un caratteristico medievale aspetto nella borgata che si estende sulla parte alta del colle. Fu in passato nota per la lavorazione della seta e per l’arte dei figurinai.

    Capitale storica della Garfagnana in senso stretto è invece Castelnuovo, che fu centro dei domini estensi, e centro importante è pure Gallicano, sulla destra del Serchio ai piedi delle Apuane.

    Nel Mugello Borgo San Lorenzo fu antica corte degli Ubaldini, passata poi ai vescovi di Firenze, e quindi emancipatasi dalla soggezione alla Chiesa e proclamatasi Comune autonomo nel 1272. I Fiorentini, dopo essersene impadroniti alla fine del XIII secolo, la cinsero nel 1351 in una cerchia fortificata di mura, e ne fecero un capoluogo di lega e di podesteria, oltre a una fiera e ad un mercato sempre più importante. Dopo secoli di vita tranquilla nel dominio fiorentino « il Borgo », come comunemente si dice, ha sviluppato notevoli attività industriali ed è divenuto sede di vari uffici amministrativi, finanziari, commerciali e di scuole, per cui la popolazione è cresciuta notevolmente fino a raggiungere nel centro 8500 abitanti nel i960.

    Altro centro di rilievo nel Mugello occidentale è Barberino, che subì la distruzione da parte dei Fiorentini nel 1351, e attraversò poi un difficile periodo di invasioni e di saccheggi, finché potè prosperare come mercato agricolo e come nodo stradale. In anni recenti l’inattività delle cave di lignite e lo scarso sviluppo industriale hanno impedito il progresso dell’agglomerato, il quale ospita oggi circa 1500 abitanti, tra cui sono numerosi gli operai che si recano a lavorare a Prato ed a Firenze.

    Ricorderemo anche in Mugello Scarperia, che fu fondata dai Fiorentini nel XIV secolo e che si chiamò «Castel di San Barnaba». Essa assunse notevole importanza come centro strategico al controllo delle vie transappenniniche e come vicariato fino all’Ottocento, ma poi il suo progresso è stato molto minore di quello dei centri di valle, tra i quali si distinguono San Piero a Sieve e Vicchio. Nella cosiddetta Romagna Toscana sono Firenzuola, fondata dai Fiorentini nel 1322 come borgo fortificato, Marradi e Palazzuolo sul Senio, al centro di zone montuose fortemente colpite dallo spopolamento.

    Ponte a San Piero a Sieve in una vecchia stampa.

    Nella Val di Sieve notevole importanza economica hanno il centro di Dicomano, dove sbocca la valle di San Godenzo, con la strada del Muraglione proveniente dalla Romagna, come pure il centro vinicolo di Rùjìna. Allo sbocco della valle della Sieve nelTArno sorge invece Pontassieve, presso un ponte costruito nel 1555 da Cosimo I, nello stesso luogo di uno molto più vecchio. In questa località esisteva una torre « di Filicaia » costruita da Firenze nel 1363 contemporaneamente alle mura di Figline Valdarno. Pontassieve è divenuto oggi un notevole centro industriale e commerciale ed anche un nodo ferroviario. La sua popolazione, che alla metà dell’Ottocento superava i 1500 abitanti, è oggi di 15.500 abitanti nel Comune e di 5700 nel capoluogo (1960).

    Tra i maggiori centri del Casentino è Bibbiena, di origine forse etrusca, borgo fiorente nel basso Medio Evo e largamente sviluppatosi negli ultimi decenni, quando si sono accresciute le sue funzioni industriali, commerciali e amministrative (scuole, pretura, ospedale, ecc.). Poppi, sorto al pari di Bibbiena, su un caratteristico colle, fu la culla dei conti Guidi e conserva un celebre castello con una ricca biblioteca.

    Ponte a Poppi.

    Tra i centri di montagna, oltre ad alcuni già ricordati per motivi turistici, sono quelli che sorgono intorno al Monte Amiata, tra 600 e 800 metri di altezza, ove sgorgano le acque della « Montagna ». Malgrado la posizione montana e discosta dalle grandi vie di comunicazioni, alcuni hanno visto la popolazione accrescersi anche in anni recenti, come Abbadia San Salvatore, centro di industrie estrattive, e Castel del Piano. Lieve declino demografico rispetto al passato presentano invece Arcidosso, Piancastagnaio, Santa Fiora.