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La costa e le vallate della Ligura occidentale

    La costa e le vallate della Ligura occidentale

    Caratteristiche generali della Riviera da Capo di Noli a Imperia

    Della sezione di Riviera che va dal Capo di Noli a Porto Maurizio potrebbe in parte ripetersi quanto si è detto delle stazioni climatiche e balneari della Riviera centrale. Il mare mette non solo la nota dominante nel paesaggio, ma è stato ed è la fonte prima di vita con l’impiego nei trasporti marittimi, la pesca, le industrie navali e soprattutto, oggi, con l’industria turistica e balneare, richiamata ancora dal mare e divenuta l’essenziale base economica per molti dei centri abitati. Anche l’agricoltura deve i suoi prodotti — quello più antico dell’olio e quelli più recenti delle frutta e degli ortaggi — all’eccezionale mitezza del clima marittimo oltreché alla presenza di qualche lembo pianeggiante più esteso, da cui viene una nota peculiare a questo lembo di Riviera: la presenza di uno dei settori agricoli divenuti più ricchi, la piana di Albenga, con qualche altra minore.

    Lo spartiacque, in confronto alla Riviera centrale, si allontana dal mare, e i monti degradano con più dolce declivio verso la costa, ma anche qui la nota pittoresca del paesaggio viene anzitutto dal contrasto tra le insenature ricche di vegetazione, ridenti di città, di paesi, di ville, e gli sproni rocciosi, i « capi » che le dividono scendendo al mare con imponenti falesie, rompendosi talora in scogli e minuscoli isolotti. Anche qui, come per la Riviera centrale, si potrebbe ripetere che ogni insenatura forma una piccola regione a sé nonostante il ripetersi di comuni motivi: ricchezza di tinte, rigoglio di vegetazione subtropicale nei giardini, mentre ben povera è la vegetazione della montagna, contrasto tra i vecchi centri di tipo « ligure » e le nuove costruzioni, intenso movimento specialmente nella stagione estiva e nei periodi di ferie. E il tratto di costa ligure in cui, più che altrove, sono sorti nuovi centri balneari e turistici, formati di gruppi di villette piccole e piccolissime: hanno scelto sezioni della costa fra le più ripide e povere di vegetazione. Sorgono con prodigiosa rapidità secondo piani in parte almeno predisposti, mentre si costruiscono brevi tronchi di strade, talvolta soltanto scale, data la ripidità del pendio, per raggiungere il mare e si formano centri di riferimento con alberghi, negozi, luoghi di divertimento.

    Il clima è fra i più miti della Riviera e le precipitazioni sono scarse come in tutta la Riviera di Ponente, ma non piccole sono le varietà locali a seconda che la cintura dei monti cinge più da presso la costa o se ne allontana. I boschi e le macchie sono meno estesi che nella Riviera centrale (un quinto della superficie agraria e forestale) c non molto estesi sono anche prati, pascoli e incolti produttivi. Grandissima estensione hanno le colture arboree specializzate che occupano quasi metà della superficie agraria: nella Riviera della provincia di Imperia e in genere sui pendii collinosi è infatti l’oliveto che mette la nota dominante nel paesaggio agricolo; invece nelle zone costiere pianeggianti i frutteti, e in particolar modo i pescheti, ma anche agrumi e mandorli, tengono il primo posto; estensione molto minore ha il vigneto, ma la vite si trova associata ai seminativi, mentre ancora nelle plaghe pianeggianti grande estensione hanno gli orti, che insieme ai frutteti rappresentano le colture più ricche. La popolazione, che vive dell’industria turistica (ne è testimone anche l’elevata percentuale di addetti al commercio: circa il 15%), dell’agricoltura, delle attività marittime, e anche di alcune importanti industrie (oleifìcio, navale, ecc.; addetti all’industria e trasporti circa il 40%), raggiunge una densità elevata (350) ed è aumentata, non solo in confronto al 1901, ma anche nel quindicennio 1936-51 (8,6%); fanno eccezione i Comuni di Villanova di Albenga, Diano Castello e Cervo San Bartolomeo, ma i primi due non sono Comuni propriamente costieri; molto bassa la percentuale di popolazione sparsa (meno del 15%). Nella zona olivicola si ha immigrazione stagionale di raccoglitrici di olive dal Piemonte; viceversa donne delle Riviera emigrano nelle risaie al tempo della monda e del raccolto.

    Panorama di Imperia: in primo piano Oneglia, in secondo piano Porto Maurizio.

    Imperia

    E compreso in questa regione, amministrativamente divisa tra le province di Savona e di Imperia, il capoluogo della seconda: Imperia, formata dall’unione dei due antichi centri di Oneglia e Porto Maurizio (cui furono aggregati nel 1923 anche altri piccoli Comuni vicini formando il nuovo Comune di Imperia), eretta a capoluogo di provincia sotto questa nuova denominazione, che deriva dal nome del torrente Impero, nel 1923, mentre Porto Maurizio era già capoluogo di provincia fin dal 1860. Porto Maurizio esisteva forse già in età romana; la sua attività marittima cominciò al tempo dei Bizantini e divenne molto vivace quando fu libero Comune, poi federato a Genova dalla fine del secolo XIII. Le opere portuali furono a più riprese ricostruite, ma erano in condizioni molto precarie quando furono iniziati, e poi proseguiti a più riprese, nuovi lavori nel secolo XIX. Tipicamente ligure per l’attività marinara, Porto Maurizio conserva anche nel vecchio quartiere l’aspetto caratteristico dei centri liguri, sorti intorno ad un colle presso il mare; la collina occupata dal centro antico di Porto Maurizio fu un’isola nel mare pliocenico. L’abitato è dominato dalla grandiosa costruzione della Cattedrale che si innalza sul punto più alto del colle: fu costruita in luogo della vecchia Chiesa decadente all’inizio del secolo XIX (1838) in stile neoclassico; è sormontata da una grande cupola dovuta, come il tempio, all’architetto G. Cantoni ed è dedicata a San Maurizio; una pregevole statua del Santo, opera dello scultore C. Finelli, allievo del Canova, si innalza sull’altar maggiore; dalla Chiesa antica, quella di San Maurizio al Parrasio, deriva un bel Crocefisso ligneo del Maragliano.

    La città vecchia, il cosiddetto «Parrasio», per la sua posizione sul colle offre da più punti ampia vista sul mare e conserva nelle case, in qualche Chiesa, nei portali, il ricordo del passato: dall’età medievale — a cui risale tra l’altro la base del loggiato di Santa Chiara, sotto il Convento delle Clarisse — ai secoli dell’età moderna, come nell’Oratorio di San Pietro, del secolo XVII, e nella casa ove ebbe i natali San Leonardo, detto appunto da Porto Maurizio. Fu questi un frate francescano che, mettendo al servizio di Dio la tenace operosità ligure, fu apostolo e ardente predicatore-missionario nella prima metà del secolo XVIII. In vivo contrasto con la città vecchia è la nuova, sempre più estesa verso il mare e sulle vicine colline. Lungo la costa l’abitato si prolunga a sudovest raggiungendo Borgo Prino, che vanta una bella Chiesa romanica, e a nordest verso Oneglia, lungo il viale Matteotti che si snoda in alto e unisce i due nuclei di Imperia: qui sono stati costruiti i principali edifici pubblici del Comune e della Provincia.

    Imperia: la costa fra Oneglia e Porto Maurizio.

    Del tutto diversa per la posizione geografica, l’aspetto, la vita stessa è Oneglia. Essa è l’erede del più antico Castelvecchio, che appare col nome di Castrimi Unelia in una copia degli Statuti della Valle del secolo XV; ma già a questa data era in decadenza, mentre si stava sviluppando sul mare la nuova Oneglia, col suo piccolo porto. Le prime notizie sicure di questo centro marittimo non sono anteriori al secolo X. La sua storia fu comunque indipendente da quella di Porto Maurizio soprattutto da quando i Doria, che ne avevano il possesso, la vendettero nel 1576 a Emanuele Filiberto di Savoia. Da allora il Principato di Oneglia fu fedele al Piemonte, ne divenne sbocco marittimo, ne prese abitudini di vita e caratteristiche urbanistiche. L’attuale città si adagia su un breve lembo pianeggiante sulla riva sinistra del torrente Impero, tra questo e la collina, pullulante di piccoli centri e di case sparse tra gli oliveti. L’abitato, che ha il suo centro nella piazza Dante, ha forma triangolare e si prolunga sia lungo la valle del fiume, anche sulla riva destra, sia verso est. Meno ricercata dai turisti in confronto alla vicina Porto, è però sede delle maggiori industrie della zona, ed è nodo stradale per le comunicazioni col Piemonte, perchè la raggiunge, scendendo la valle dell’Impero, la strada che, per il Colle di San Bartolomeo conduce nella valle dell’Arroscia e da questa, per il Colle di Nava, prosegue verso la valle del Tanaro, Ormea e il Piemonte.

    Ad Oneglia nacque Andrea Doria; nel 1846 vi ebbe i natali Edmondo De Amicis. La popolazione del Comune di Imperia è notevolmente cresciuta dalla seconda metà del secolo scorso: nel 1881 era di 18.880 ab.; nel 1901 di 20.383 ab., saliti a 30.586 nel 1951, ma scarso è stato l’incremento nel quindicennio 1936-51 e in questi ultimi anni (popolazione attuale circa 33.000 ab.): conseguenza della crisi bellica e postbellica, che, non solo lasciò vaste rovine, ma incide ancora gravemente sulle industrie, e sul movimento del porto. Assai grave il fenomeno della denatalità; anche nell’ultimo quinquennio il numero dei morti ha superato quello dei nati. La popolazione urbana si divide in parti uguali tra i nuclei di Porto Maurizio e Oneglia, così diversi, come si è detto, pure uniti ormai senza interruzione dell’abitato. Numerosi i piccoli centri sui colli vicini e nella bassa valle dell’Impero.

    Porto Maurizio dominato dalla grandiosa Cattedrale del secolo XIX.

    La banchina ad Oneglia.

    Delle industrie si è già fatto cenno nel capitolo sull’economia; particolarmente di quella dell’oleificio, che ebbe incremento nel periodo tra le due guerre mondiali quando l’antica industria della fabbricazione dell’olio, alimentata dalla produzione locale di olive, poi ancora da oli nazionali che si miscelavano a quello locale (formando le cosiddette « schiappe »), si trasformò in grande industria raffinando oli lampanti importati da paesi del bacino mediterraneo. L’olio raffinato ad Imperia porta lontano la fama della cittadina ligure, che da questa industria trasse grande beneficio anche perchè crebbe il movimento dei due porti di Oneglia e di Porto Maurizio: ad essi approdavano navi di piccolo tonnellaggio che effettuavano il collegamento coi maggiori piroscafi frequentanti il porto di Genova; sorsero alcune industrie sussidiarie, e tutta l’economia della zona ne ebbe incremento. L’industria, come si è detto, è in crisi, tuttavia è ancora la più tipica e importante industria di Imperia. Viene quindi l’industria molitoria e soprattutto il pastificio col grande stabilimento Agnesi, sorto vicino a un mulino trasferito qui da Pontedassio alla fine del secolo scorso, trasformandolo nel primo molino moderno della Liguria. Una grande fabbrica dell’Italcementi, che utilizza il calcare di cave locali, completa il quadro delle maggiori industrie, ma vanno ricordati anche il saponifìcio, la preparazione delle latte e imballaggi per l’olio, l’industria dei profumi, che sfrutta la lavanda raccolta nelle montagne liguri, oltre ad altre industrie (laterizi, ecc.) che provvedono ai più immediati bisogni della città e della provincia. Imperia è poi sede delle scuole medie di ogni ordine e grado, oltreché degli uffici inerenti alla funzione di capoluogo di provincia.

    Il porto invece ha attualmente un movimento molto modesto (meno di 40.000 tonnellate). Nel 1949 è stato ricostituito l’Ente portuale con la denominazione di « Consorzio portuale Imperia-Piemonte ». E distinto nei due settori di Oneglia, frequentato prevalentemente da imbarcazioni da pesca, e di Porto Maurizio, che si va specializzando per il crescente movimento turistico delle imbarcazioni da diporto. Il traffico portuale è ridotto al 15-20% di quello anteguerra, quando le due industrie dell’oleifìcio e del moli-pastifìcio attrassero nel porto di Imperia un movimento crescente; anzi questo porto sembrava avviarsi alla funzione di vero e proprio porto industriale che riceveva la materia prima e la riesportava dopo la lavorazione. La crisi dell’oleifìcio, la preferenza data alle vie terrestri, per le quali arrivano anche le materie prime sbarcate nei porti di Genova o di Savona, hanno determinato la stasi portuale, mentre d’altra parte le attrezzature del porto sono rimaste insufficienti a un traffico di più vasta portata. Tuttavia il ravvivarsi di una, sia pur modesta, funzione commerciale, sembra possibile come lo mostra il cresciuto movimento del 1958 per il traffico dei metalli di recupero, elaborati in banchina e rispediti via-terra e via-mare; perciò le proposte per un miglioramento delle attuali attrezzature portuali, tale da rendere possibile una ripresa.

    Il movimento turistico è cresciuto a Imperia come in tutta la Riviera, e potrà incrementarsi in questa città che è ricca di attrattive non inferiori a quelle delle altre più privilegiate località della Riviera, per il clima e il paesaggio; i dintorni offrono località pittoresche e non prive di opere d’arte, come Multedo, con la nota Sacra Famiglia del Van Dyck, e Montegrazie, con un bel Santuario del secolo XIII dedicato alla Vergine. La posizione facilita le escursioni nell’interno, dove si va attrezzando con promettente sviluppo il turismo montano, anche invernale: per affrettarne l’incremento dovrebbero essere migliorate le comunicazioni ferroviarie e terrestri, sia lungo il mare sia in collegamento col Piemonte.

    Il Finalese

    Nei limiti che le si sono dati nel presente lavoro la Riviera occidentale ha inizio oltre il Capo di Noli. Lasciato questo e superata la ripida e disabitata costa del Mal-passo, uno dei punti più pittoreschi e imponenti della costa ligure, si entra nella zona del Finalese, che forma una piccola regione naturale, la quale deve la sua caratteristica alla formazione geologica: un banco di calcari arenacei del Miocene, ricchissimi di fossili, disposti in strati orizzontali, si adagia con uno spessore massimo di 275 m. su un sottostante banco calcareo che rappresenta un’antica piattaforma litoranea scolpita dal mare oligocenico nella serie mesozoica. Questa disposizione degli strati rocciosi conferisce un tipico aspetto alla regione determinando una costa caratterizzata da imponenti falesie di roccia calcarea, mentre le valli (torrenti Gorrei, Aquila e Pora) sono dominate da ripide scarpate al disopra delle quali si stendono ampi terrazzi pianeggianti o appena ondulati; particolarmente caratteristica la isolata Rocca di Perii, fra le valli dei torrenti Aquila e Pora. La « pietra di Finale » fu conosciuta da epoca remota come ottima pietra da costruzione e largamente impiegata nelle costruzioni di Genova fin dal secolo IX. Il Finalese, il cui nome risale ad epoca romana («ad fmes» cioè al confine fra i Liguri Sabazi e i Liguri Ingauni) ha avuto una sua storia: conquistò infatti autonomia politica dal secolo XII e la conservò fino al XVI formando un Marchesato indipendente, dominio della famiglia Del Carretto; nel 1598 il Marchesato fu venduto alla Spagna; nel 1713 passò alla Repubblica di Genova, il possesso fu conteso dal Piemonte e confermato poi a Genova dal Trattato di Aquisgrana del 1748. Ma il Finalese, prima ancora che la Liguria entrasse nella storia, ospitò i più antichi abitanti della regione, i forti uomini del Paleolitico e Neolitico che trovarono buon rifugio nelle numerose grotte che si aprono al contatto del Miocene coi sottostanti terreni del Mesozoico; alcune di esse come quella « delle arene candide », la caverna della Pollerà, quella « delle fate », sono famose per aver dato agli studi di paletnologia reperti di eccezionale valore.

    L’antico Porto di Varigotti all’inizio del Finalese.

    Solo parte del materiale è rimasto nel Museo di Finale; il resto è nei Musei di Genova-Pegli e Torino. Cuore e centro del Finalese è oggi Finale Marina, già esistente nel secolo XIII, che si è ormai fusa amministrativamente e urbanisticamente con Finale Pia: l’abitato che è divenuto un moderno ed elegante centro urbano, si distende lungo il mare a sinistra della foce del torrente Pora fra una spiaggia sabbiosa protetta dal molo e ben alimentata dalle alluvioni del fiume, molto frequentata in estate, e il versante del terrazzo interno ridente di ville e di una vegetazione lussureggiante. A Finale hanno sede alcune industrie: un cantiere aeronautico, fornaci, oltre alle cave della pietra di Finale, e gli addetti all’industria nell’intero Comune sono circa metà della popolazione attiva. Ma la maggiore fonte di ricchezza è nell’attività turistica (oltre un milione di presenze, per circa un terzo stranieri). Non mancano ricordi storici e monumenti artistici, come l’antichissima Pieve del Finale, rimessa in luce sotto la Chiesa dei Cappuccini; l’Abbazia di Finalpia ora possesso dei Benedettini, iniziata nel secolo XV col campanile del secolo XIII ; la Basilica di San Giovanni Battista è invece una grandiosa costruzione barocca.

    Panorama di Finale Ligure.

    Finalpia.

    Alla confluenza dei torrenti Aquila e Pora, a un chilometro e mezzo dal mare, sorge il centro di Finalborgo, l’antica capitale del Marchesato, che conserva l’aspetto medievale, dominata dagli avanzi del Castello, con le mura e la bella Basilica di San Biagio. Anche Finalborgo è unito amministrativamente a Finalmarina e Finalpia nell’unico Comune di Finale Ligure (popolazione presente del 1951: 11.600 ab.); è compreso nel Comune anche il centro di Varigotti in una insenatura tra il Capo di Noli e Finale, formato dall’antico Borgo e dal centro moderno lungo la spiaggia.

    Fa ancora parte della formazione geologica del Finalese la dorsale collinosa che chiude la bassa valle del torrente Pora a sudovest e si affaccia al mare con le alte e pittoresche scarpate del Capo di Caprazoppa, alte circa 300 metri. Sul versante che scende a mezzogiorno, al di là del Capo, si adagiano gli antichi abitati di Poggio e Verezzi, uniti in un unico Comune con Borgio (1250 ab.), che sorge presso il mare col nucleo più antico ammassato intorno a un basso colle e la parte moderna adagiata lungo la spiaggia. Poggio e Verezzi si vanno spopolando, ma il turismo ha dato vita a un centro nuovissimo formato da un gruppo di villini arrampicati sul ripido pendio che scende verso il Capo di Caprazoppa, dal lato di Finale, dove, col beneficio del sole, si gode quello di un’incomparabile vista sul mare e sulla zona finalese. Le modernissime villette, per le tinte vivaci e contrastanti, formano un pittoresco contrasto coi vecchi abitati di Poggio e Verezzi, e così il Finalese si è arricchito di una nuova nota di colore.

    Vedi Anche:  Distribuzione della popolazione e tipi di insediamento

    Il Marchesato di Finale comprendeva anche i paesi più interni della zona collinosa che circonda la costa: Calice Ligure e Rialto nella valle del torrente Pora; Tovo San Giacomo, formato da piccoli agglomerati sulle colline a sudovest della valle del Pora; Orco-Feglino nella valle del torrente Aquila; Gorra e Magliolo all’estremità occidentale, il secondo nella valle del torrente Marèmola.

    Il mare dista solo di pochi chilometri, ma il contrasto con la zona costiera è vivissimo, nel paesaggio, nel tipo dei centri, nell’attività umana. L’alternarsi del bosco con le colture della vite e dell’olivo ripete motivi comuni alla collina e montagna litoranea della Liguria, ma le ripide pendici della pietra di Finale donano alla regione una nota peculiare; al vantaggio della posizione, che gode della vista del mare non lontano e del beneficio del clima, si aggiunge l’attrattiva dei numerosi ricordi storici ed artistici che arricchiscono l’antico Marchesato: così i ponti romani lungo la vallecoia del Gorrei dove passava la via Iulia Augusta evitando la ripida costa del Malpasso, i Castelli e le numerose caverne preistoriche. Nonostante tanti motivi di interesse, la popolazione è in diminuzione perchè l’agricoltura è di scarsissimo rendimento e tutta l’attività si concentra nella zona costiera. Sono però in atto lavori di rimboschimento e di sistemazione idraulica. Il Finalese gode anche il vantaggio di essere collegato direttamente col Piemonte attraverso la strada del Colle di Melogno, che conduce nella valle della Bòrmida di Millesimo.

    Finale Ligure: l’Arco sulla passeggiata a mare fatto erigere da Margherita, Infante di Spagna.

    Le altre località della Riviera dal Finalese a Imperia

    Varcato il Capo di Caprazoppa la costa si presenta quasi diritta a forma di larga falcatura; vi sboccano le valli di alcuni piccoli torrenti — Marèmola, Nim-balto, Varatella — e le accompagna una cimosa alluvionale, che il mare tende a distruggere da alcuni decenni. Oltre Borgio, varcato il torrente Marèmola, si entra a Pietra Ligure (4300 ab.), distesa su un breve lembo pianeggiante; vivace l’incremento moderno della città, che è sede del Cantiere navale del Mediterraneo e molto nota anche per la grande colonia-villaggio Santa Corona di Milano. Sorse là dove, alla destra del Marèmola, si elevava un grande masso roccioso: su questo fu costruito il castrum Petrae e intorno si sviluppò l’oppidum Petrae.

    L’abitato si continua quasi senza interruzione passando al territorio di Loano, una ridente cittadina balneare e turistica (6100 ab. nel Comune nel 1951), che si distende in una breve pianura alluvionale circondata da giardini, orti e frutteti; Loano ha avuto alterne vicende storiche ; già centro romano, nel Medio Evo fu feudo dei Doria; nel 1737 passò ai Savoia e fu coinvolta nelle lotte di quel tormentato periodo storico; l’avvenimento più noto è però la vittoria che vi riportò il francese Massena contro gli Austro-Piemontesi (1800). A ovest di Loano (circa mezzo milione di presenze), che ha un porticciolo turistico in via di incremento, la corona dei colli circonda ad anfiteatro una piccola pianura, punteggiata di case e ricca di orti, traversata dal torrente Varatello ; al di là di esso un altro centro : Borghetto Santo Spirito (nel Comune 1120 ab.), paese fondato da Albenga nel secolo XIII come difesa contro i Marchesi del Finale. Di qui una lunga carrozzabile sale a 800 m. al Giogo di Turano ai piedi del Monte Carmo e scende nella valle della Bòrmida. Un breve tratto di costa più ripida, quindi il centro di Ceriale (2600 ab. nel Comune) all’inizio della pianura alluvionale di Albenga.

    Colture orticole nella piana di Albenga.

    Chi viene da Finale e ha lasciato da poco gli imponenti e severi dirupi del Capo di Caprazoppa, ha qui veramente l’impressione di entrare in un mondo diverso; la vista spazia sull’ampia piana punteggiata di case, tutta orti, giardini, frutteti che le donano in primavera le tinte suggestive della loro fioritura e in estate il rigoglio degli alberi ricchi di fronde e di frutti.

    Domina il paesaggio Albenga con le sue torri e i suoi campanili medievali costruiti in mattone, per l’abbondanza dell’argilla nella piana, mentre all’orizzonte si distende la cerchia montuosa che dall’Armetta al Monte Galero e al Monte Carmo circonda la pianura dividendola dalle valli del Tanaro e della Bòrmida e arricchendo il paesaggio di uno sfondo grandioso; d’inverno la neve incorona di bianco le montagne, l’estate ne mette a nudo le pendici disboscate.

    La piana di Albenga ha mutato volto per l’opera dell’uomo e, là dove ancora in età moderna vi erano zone paludose e malsane, si è sviluppato come già si è detto uno dei più ricchi distretti agricoli della Liguria.

    La città sorge all’estremo sud della piana presso la foce della Centa, che come si è detto ha mutato il suo letto: la lambisce infatti a sud, mentre passava a nord in età romana e nell’alto Medio Evo. Fu centro dei Liguri Ingauni, la romana Albium Ingaunum conquistata da Roma dopo dura lotta e divenuta importante « municipio », porto e nodo stradale dell’Impero. Nel periodo romano Albenga ebbe un porto, situato a sud sotto le pendici del Colle San Martino; distrutto dai Goti, tornò ad essere frequentato in epoca bizantina. Divenne sede di un importante vescovado che costituì una vera e propria Signoria con giurisdizione su una vasta zona che giungeva fino a Sanremo da un lato, fino al Finale dall’altro. Divenuta Comune indipendente Albenga partecipò alla prima Crociata e continuò ad avere importanza come centro marinaro anche quando, nel secolo XIII, passò alla Repubblica di Genova. E la sua posizione geografica che ne ha fatto uno dei centri più antichi e floridi della Liguria: è infatti allo sbocco di importanti strade che la uniscono con le valli del Tanaro e della Bòrmida e la piana offre all’agricoltura un vasto terreno pianeggiante. Anche oggi Albenga si distingue dagli altri centri costieri della Liguria per la sua funzione di centro commerciale di un ricco distretto agricolo. Vi sono sorte alcune industrie che lavorano le materie prime del distretto: fabbriche di laterizi, industria delle conserve alimentari, oleificio.

    La città è tuttora sede di Vescovado con giurisdizione sulla stessa Imperia, e vanta un eccezionale interesse storico e artistico, non solo per la varietà dei suoi monumenti — che vanno da quelli di età romana al centro medievale, sorto sulla pianta di quello romano — ma anche per la nota peculiare già rilevata dovuta all’impiego del mattone anziché della pietra, nelle costruzioni ; in Liguria è veramente un’eccezione.

    Albenga con le pittoresche torri e i campanili medievali.

    Albenga. Un lato della Piazza San Michele, centro della città medievale, con le torri: da sinistra, la torre Cazzolini, la torre del Municipio, la torre Palazzo Vecchio del Comune e il campanile della Cattedrale.

    La spiaggia di Alassio: nel fondo l’isola Gallinaria

    Nel centro medievale le opere d’arte più pregevoli sono: la Cattedrale, che conserva ancora parte della costruzione del secolo XI; le torri comunali; numerosi palazzi con arcate, logge, torri medievali, tra cui il Palazzo Vecchio del Comune col Civico Museo Ingauno; il Battistero ottagonale costruito nella prima metà del V secolo, di eccezionale importanza per la storia del cristianesimo in Liguria: esso si trova come tutte le costruzioni di età romana a oltre 2 m. sotto il livello attuale del suolo, che da allora ad oggi si è progressivamente abbassato per « costipamento » delle alluvioni. Il « Ponte Lungo » a nord della città, dov’era l’antico corso della Centa, ritenuto di età romana, non sembra invece anteriore al secolo XIII.

    Recentemente fu recuperato nelle acque di Albenga il materiale di una nave romana e sistemato nel Museo Navale Romano. Resti romani si trovano specialmente lungo la via Romana che si dirigeva verso sudovest correndo più alta dell’attuale Aurelia. Ha un nome di origine romana anche l’isola Gallinaria (detta cosi per la presenza di galline selvatiche) poco più che uno scoglio di arenaria, staccato dalla costa per l’ultima invasione marina del Quaternario e per l’intensa azione abrasiva. Sorge a meno di 2 km. dalla foce della Centa, con torre vedetta e tracce del medievale monastero benedettino di San Martino.

    Alle attività commerciale e industriale si è andato aggiungendo anche per Albenga un crescente movimento turistico ed è sorto un nuovo quartiere moderno in vivo contrasto con l’abitato antico, presso la spiaggia a sud della Centa, mentre anche sulla collina si è formato un nuovo centro di modernissime villette. Come si è detto Albenga è unita da importanti strade carrozzabili al Piemonte: la strada della valle della Neva e del Colle San Bernardo, e quella della valle Arroscia, che si innesta alla carrozzabile del Colle di Nava. Il Comune ha ( 1951) circa 15.000 ab., più che raddoppiati dal 1901.

    Fa parte dell’Albenghese anche il Comune di Villanova di Albenga (1100 ab.), il cui capoluogo, con torri e mura medievali, è posto presso la confluenza del Lerrone e dell’Arroscia : nel suo territorio si è sviluppato un importante settore della coltura floricola e trova posto l’aeroporto, già ricordato.

    Lasciata Albenga, dopo un tratto di costa alta, ora animata da costruzioni di moderne villette, al di là del Capo Santa Croce, si apre un’insenatura appena arcuata ma ben riparata da un anfiteatro di colli (non toccano i 600 m.) che la dividono dalle valli del Lerrone-Arroscia e da quella del torrente Mèrula. Vi trovano posto, in una cornice di lussureggiante vegetazione, Alassio e Laigueglia. Popolosa e moderna città (9500 ab. nel Comune nel 1951; 5630 nel 1901), la prima, di fama internazionale, è distesa lungo la spiaggia, frequentatissima in estate: una delle migliori della costa ligure, che trova protezione contro l’azione demolitrice del mare nel Capo Mele. Alassio, beneficiata da un clima mitissimo, è molto frequentata anche come soggiorno invernale. Le costruzioni moderne, con grandi palazzi, luoghi di divertimento, campi sportivi, collegi hanno avuto grande incremento e il traffico, specialmente nell’arteria principale che continua l’Aurelia, è divenuto molto congestionato; ma il turista trova, oltre al beneficio di un clima tra i più miti della costa ligure, tutto lo splendore della Riviera nella cornice di ville e di giardini che cinge la città da monte e nel superbo viale di palme che si stende lungo il mare in direzione di Laigueglia; dall’altro lato le pittoresche scogliere del Capo Santa Croce sono dominate dalla suggestiva Cappella dedicata ai Caduti. Alassio vive essenzialmente del turismo (oltre i milione di presenze all’anno, per più di metà stranieri) e vi è in rapido incremento il movimento delle imbarcazioni da diporto per le quali si va attrezzando un moderno porto.

    Un’altra veduta di Alassio.

    La vita intensa è tutta sulla costa: appena superata la prima fascia collinosa con le ville ed i giardini di Alassio, la montagna appare coperta di scarsa vegetazione e l’agricoltura in decadenza; invece lungo il mare l’abitato moderno si è così esteso da non esservi quasi più interruzione fra Alassio e Laigueglia, originariamente un centro piccolo ma con un approdo abbastanza frequentato perchè, protetto com’è dal Capo Mele, offriva buono rifugio alle navi; i Conti di Laigueglia ebbero notevole importanza nella storia medievale. Oltre Laigueglia la costa si fa alta e ripida e si protende nel mare con le falesie calcaree del Capo Mele, ma il severo paesaggio con le roccie nude e le scarsa vegetazione sta mutando volto per il sorgere di una serie di modernissimi villaggi balneari: i gruppi dei variopinti villini che si sono fatti posto sul ripido pendio, donde la vista spazia sul mare, mettono ormai la nota dominante al paesaggio; i nuclei più numerosi sono subito dopo Laigueglia, presso il Faro del Capo Mele e al di là di questo, dove i nuovi centri hanno i nomi invitanti di Pinamare e di Villaggio Aurora.

    Laigueglia: un particolare del vecchio centro.

    Cervo fra palme e giardini

    Al di là del Capo Mele sfocia il torrente Mèrula, la cui valle forma nell’ultimo tratto un solco pianeggiante abbastanza ampio: su questo, e nei versanti della valle, trovano posto gli agglomerati del Comune di Andora (2600 ab.), fra uliveti, frutteti, orti. Mentre sul mare si è sviluppato un centro moderno, nell’interno si conserva su un poggio il Castello, con la bellissima, intatta Chiesa gotico-romanica della fine del secolo XIII dedicata ai Santi Giacomo e Filippo. Ancora un tratto di costa ripida che forma il Capo Cervo; quindi il piccolo centro di Cervo, sopra uno sprone roccioso, col vecchio pittoresco centro medievale e il Castello; nella bassa valle del torrente Cervo, a circa un chilometro dal mare è San Bartolomeo (nel Comune 1450 ab.). Mentre nella costa l’abitato continua quasi ininterrotto, circondato da orti e colture floricole, una bassa collina divide la valle del Cervo da quella più ampia del torrente San Pietro che si allarga presso la foce ospitando la ridente cittadina di Diano Marina ricostruita dopo il terremoto del 1887 e divenuta un centro moderno. Anche qui, nonostante le demolizioni costiere operate dal mare, la vita balneare ha avuto grande incremento (circa 3700 ab. nel Comune; oltre mezzo milione di presenze turistiche nel 1957); il centro moderno si stende in piano fra colture di orti e frutteti. A poco più di due chilometri nell’interno, al margine della valle, il pittoresco paese medievale di Diano Castello, già sede dei Marchesi di Clavesana, poi Comune indipendente; terzo centro della zona è Diano San Pietro, posto a sinistra del torrente San Pietro; alquanto più a monte vi è ancora un piccolo Comune che porta il nome di Diano Arentino. Il nome di Diano sarebbe legato al culto della Dea Diana: i Liguri adoravano qui, in un bosco a lei sacro, una divinità che i Romani avrebbero identificato con Diana. Una dorsale collinosa, pullulante di piccoli centri e di case sparse fra gli olivi, che si protende sul mare formando il Capo Berta, separa l’insenatura di Diano dalla valle dell’Impero. AI di là di Porto Maurizio con il territorio di San Lorenzo al mare si inizia la vera e propria « Riviera dei Fiori ».

    Panorama di Diano Marina.

    La Riviera dei Fiori

    Col nome di Riviera dei Fiori si intende comunemente tutta la Riviera da Alassio a Ventimiglia; ma, mentre da Alassio a Porto Maurizio, pur comparendo qua e là la coltura floricola, predominano orti e frutteti in pianura, l’olivo in collina, da San Lorenzo al Mare il paesaggio e l’economia mutano profondamente perchè la coltura dei fiori diventa dominante. È questa pertanto, in senso proprio, la « Riviera dei Fiori ». Insieme alla floricoltura ha mutato il volto a questo lembo di Riviera il grande sviluppo dell’industria turistica, che è particolarmente favorita dal clima più mite e ricco di giornate di sole di tutta la Liguria. Del resto si ripetono elementi comuni al paesaggio della Riviera: il contrasto fra le insenature con i colli degradanti al mare, ammantati di vegetazione e punteggiati di abitati, e i tratti di costa più ripida che le dividono, anche se mancano le imponenti falesie a picco proprie di altre zone della Riviera; il contrasto, nei centri abitati, fra il vecchio e il nuovo; la vegetazione straordinariamente ricca di piante tropicali ed esotiche, che tocca anzi qui il suo maggior rigoglio.

    La popolazione è molto aumentata nel periodo 1901 -51 (+ 57%) ed è cresciuta notevolmente anche nel quindicennio 1936-51 (12%) fatta eccezione per i Comuni di Ventimiglia, che molto ha risentito delle distruzioni della guerra, e di Vallebona, che rientra nella zona floricola ma non è un Comune costiero; così pure è insignificante l’aumento di Castellaro; molto elevata la densità, con circa 400 ab. per kmq. Scarso anche qui l’indice di natalità, mentre una nota caratteristica è data dalla immigrazione di genti meridionali, particolarmente Calabresi, come già si è detto. È molto complesso l’ambiente umano di questa zona, non solo per la presenza, più numerosa che altrove, della colonia cosmopolita dei turisti, ma anche per gli stretti rapporti col Piemonte e per la posizione al confine con la Francia.

    Due sono le basi dell’economia: la prima è l’industria turistica, in florida ripresa dopo la crisi della guerra anche se un po’ trasformata, segnalata dalla elevatissima percentuale di addetti al commercio (circa il 20%; Sanremo circa 25), mentre scarso rilievo hanno le vere e proprie industrie, se si eccettuano quelle che servono ai più immediati bisogni locali o che provvedono i materiali (imballaggi, stuoie) al commercio e alla coltura dei fiori; da ricordare anche l’oleificio. L’altra fonte di ricchezza è la coltura dei fiori, che non è però la sola: sono frequenti i vigneti, i frutteti e gli oliveti (le colture arboree specializzate, alle quali appartengono per altro anche talune colture floricole, occupano circa il 35% della superficie agraria); abbastanza estesi i boschi e macchie che si spingono fin sul mare alternandosi alle colture.

    Nella Riviera dei Fiori i colli degradano al mare, ammantati di vegetazione e punteggiati di abitati: dintorni di Sanremo (Poggio).

    Il primo centro costiero che si incontra a ovest di Imperia è San Lorenzo, dominato dalla Chiesa che sorge su una punta presso il mare; la nota nuova che caratterizza il paesaggio sono i terrazzi coltivati a fiori sostenuti da muretti di pietra dominati dai grandi bacini rotondi per l’irrigazione: forse gli uni e gli altri mettono una nota meno suggestiva nel paesaggio, ma in compenso i fiori mostrano al visitatore più attento la ricchezza dei colori, la varietà delle specie e tutto rivela la cura intelligente e sapiente dell’uomo.

    Vedi Anche:  La Riviera del Golfo Tigullio e la montagna Chiavarese

    A San Lorenzo segue Cipressa: il paese è un po’ in alto, sulla collina, e ne dipende anche un altro piccolo ma caratteristico paese, Lingueglietta, che fu centro feudale della zona e conserva ancora pregevoli costruzioni medievali. Invece è sul mare Santo Stefano (2500 ab.) formato dai due centri di Riva e di Santo Stefano, fondato nel secolo XVI per la riunione di vari centri delle vicine colline. Riva e Santo Stefano hanno dovuto essere difesi da una minacciosa avanzata del mare.

    Poco oltre Riva una carrozzabile conduce al pittoresco paesetto di Castel laro, punto di partenza per raggiungere il ben noto Santuario di Lampedusa descritto nel romanzo del Ruffini: Il dottor Antonio. Subito dopo ecco lo sbocco del torrente o fiumara di Taggia, il cui fondovalle, molto ampio nell’ultimo tratto, è punteggiato di case e coltivato a fiori (oltre ai garofani, mimose e violette) e agrumi. Presso il mare è Arma di Taggia, moderno centro in rapido sviluppo, là dove l’uomo si insediò molto per tempo come ha dimostrato la grotta o « arma » paleolitica che si apre presso lo scoglio dell’Annunziata. A tre chilometri nell’interno è il grosso borgo di Taggia (nel Comune oltre 7200 ab. nel 1951), su uno sprone al margine della valle; conserva l’antico centro medievale e vanta uno dei più bei monumenti artistici della Riviera: la Chiesa di San Domenico con il convento e il chiostro. Fu costruita dai Maestri Comacini nel secolo XV, e si adorna di pregiati dipinti del periodo rinascimentale, particolarmente opera del nizzardo Ludovico Brea e di bellissime sculture in legno del secolo XVI; il convento fu infatti un cenacolo di cultura e di arte. Al pregio artistico si unisce quello della posizione incantevole a farne una delle più belle gemme della Riviera. Molto noto anche il quattrocentesco Ponte di Lampedusa o di Taggia, sull’Argentina, lungo 300 metri.

    Lasciata Arma di Taggia, sul terrazzo che si innalza presso la costa si estende Bussana nuova, che ha sostituito la vecchia, posta sulla collina più nell’interno distrutta dal terremoto del 1887, ma ora abitata da un gruppo di immigrati meridionali. Bussana nuova è dominata dal grandioso e frequentato Santuario del Sacro Cuore. Segue un tratto di costa solitaria; quindi oltre il Capo Verde si apre l’ampia insenatura falcata chiusa dall’altro lato dal Capo Nero che accoglie nel suo centro Sanremo.

    Un angolo pittoresco di San Lorenzo al Mare.

    Il campanile della Chiesa di San Domenico a Taggia.

    Sanremo fu la Matutia dei Liguri, l’Aurora dei Romani; il nome attuale risale al secolo XIV per corruzione del nome San Romolo che la località prese dal Santo di questo nome, morto in un eremo presso il vicino Monte Bignone. Fu possesso dell’Arcivescovo di Genova fino al secolo XIII; divenuta libero Comune, fu poi unita a Genova, come città alleata, e ne seguì le sorti pur mantenendo la sua autonomia. Già nel secolo XII gli abitanti di Sanremo erano dediti alla marineria, e dal 1565 in poi si hanno notizie di lavori portuali eseguiti a più riprese, ma dal secolo XVIII il porto fu pressoché paralizzato dai ripetuti interrimenti e dal decadere delle opere portuali.

    Oggi Sanremo può dirsi la capitale turistica della Liguria, notissima altresì per il suo mercato dei fiori. Circonda l’insenatura che ospita nel suo centro la città, una serie di dorsali collinose che derivano dall’incisione di un terrazzo del quale facevano parte anche i due Capi Nero e Verde; scendono con lento declivio al mare incise dalle valli dei torrenti San Martino, San Francesco, San Romolo, San Bernardo, mentre sullo sfondo si innalza il Monte Bignone. Sul pendio delle colline, rotto in ampi terrazzi sostenuti da muri, si stendono le colture floricole. Ad esse si accompagnano e alternano qua e là i vigneti e, addentrandosi nelle valli intensamente abitate che scendono alla costa, anche gli oliveti; più in alto castagni e conifere; mentre fa corona alla città una fascia di lussureggianti piante tropicali, dalle palme alle agavi, dalle acacie all’elegante albero del pepe, e le ville e villette circondate da giardini si moltiplicano sempre più intorno al centro urbano. Rapido è stato l’incremento di Sanremo nella seconda metà del secolo scorso dopo che la fecero conoscere gli articoli della contessa Adele Roverizio di Roccasterone e i libri di Giovanni Ruffini, che ebbe i natali a Taggia, e vi soggiornarono personaggi di case regnanti: dai 10.012 ab. del 1861 il Comune è salito a 22.273 II» a 38.885 nel 1951; notevole l’incremento anche nel quindicennio 1936-51 (1936: 34.543 abitanti presenti, 31.765 residenti). Oggi Sanremo, con circa 40.000 ab., è al quarto posto fra le città della Liguria, con una popolazione superiore a quella di Imperia, sia nel Comune, sia nell’abitato urbano. La città che è provvista di scuole medie inferiori e superiori, di istituti di cultura, vive precipuamente dell’industria turistica; è servita, oltreché dai numerosissimi alberghi e pensioni di ogni specie e dai luoghi di divertimento — fra cui eccelle il « Casinò » —, da un’ottima organizzazione di filobus e autolinee a cui si unisce anche la funivia per il Monte Bignone. Questa fa scalo al campo di golf e a San Romolo, località di villeggiatura a circa 800 m. ; dal Monte Bignone (1300 m.) si gode uno dei più bei panorami della Riviera. Ormai «la stagione» del movimento è quasi continua: dopo una breve sosta nell’autunno è l’epoca del turismo invernale, di ospiti sia a lungo soggiorno sia occasionali; ma i turisti affollano Sanremo anche in estate e, nonostante le minaccie di distruzione da parte del mare, si è attrezzata la spiaggia, mentre cresce sempre più il movimento delle imbarcazioni da diporto. Le presenze annue superano il milione, gli arrivi i 200.000.

    Il centro di Bussana vecchia presso la Riviera di Ponente che era stato abbandonato dopo il terremoto del 1887.

    I rilievi si abbassano e scendono al mare con più dolce declivio nell’insenatura di Sanremo; sullo sfondo il Capo Verde.

    La passeggiata a mare a Sanremo; in fondo il monumento alla Primavera.

    Pittoresco quanto mai il contrasto tra la Sanremo vecchia e la nuova: la prima « la Pigna » col suo dedalo di viuzze, archi di passaggio, scalinate, si arrampica su un colle, dominato sulla cima dal Santuario della Madonna della Costa; e le è ignoto il movimento dei mezzi motorizzati, così congestionato nella città nuova. Questa, con vie e palazzi degni di una metropoli, e tutta una serie di ville con sontuosi parchi e giardini, si stende intorno alla « Pigna » lungo il mare e ne è l’arteria più famosa il superbo corso Imperatrice con le sue bellissime palme. La febbre delle nuove costruzioni ha troppo spesso determinato la distruzione di parchi e zone arborate, ma un piano regolatore sembra inteso a disciplinare l’estensione della città, mentre si moltiplicano le iniziative di ogni specie per ravvivare il turismo: festivals, gare internazionali, convegni di cultura.

    La vita di Sanremo è anche nel mercato dei fiori, di cui è in progetto una sede completamente rinnovata; ogni mattina i fiori portati al mercato partono per le destinazioni più lontane con tutti i mezzi. Da ricordare che ha sede a Sanremo la Stazione sperimentale di floricoltura «O. Raimondo». Sanremo possiede un porto, nel quale è rapidamente cresciuto il movimento più caratteristico, quello delle navi da diporto; si sta perciò ingrandendo e modernizzando nelle attrezzature per rispondere sempre meglio a questo tipo di movimento.

    Tra i monumenti artistici degni di maggior rilievo, va ricordata la medievale Chiesa di San Siro, di stile gotico-lombardo, ma più ricercate dai turisti sono le passeggiate arricchite dalla flora subtropicale e dal panorama del mare, come il celebre « Corso degli Inglesi ».

    Da Sanremo al confine lo splendore dei giardini, il rigoglio dei palmizi conferisce alla Riviera una ricchezza senza pari a cui fanno degna cornice i colori del mare e del cielo.

    Una piccola insenatura, ben riparata da una cerchia di colline, aperta tra il Capo Nero e il Capo Sant’Ampelio, ospita il centro turistico, celebre per la mitezza del clima, di Ospedaletti (circa 4000 ab.), cosiddetto da un antico Ospedale dei Cavalieri di Rodi; è noto anche per l’autodromo.

    Oltre il Capo Sant’Ampelio, formato di arenarie e scolpito dall’abrasione che ha scavato numerose piccole grotte, tra cui quella scelta come eremitaggio da Sant’Ampelio (secolo IV), ecco Bordighera, coi suoi famosi palmizi, anch’essa frequentatissima stazione di soggiorno invernale e ora anche estivo (circa mezzo milione di presenze annue), divenuta famosa soprattutto da quando fu pubblicato il già citato romanzo di G. Ruffini: Il dottor Antonio. Presso il Capo Sant’Ampelio è il centro più antico, la « città vecchia » che si formò nel secolo XV ; a ovest, su una pianura alluvionale, si estende la città nuova in continuo accrescimento. Il Comune contava nel 1901, 5697 ab.; nel 1951, supera i 9000 abitanti.

    E ben noto come Bordighera fornisca le foglie di palma per la funzione della Domenica delle Palme a Roma. E, infatti, una sua specialità la produzione di foglie di palma bianche, usate nella preparazione delle palme per la liturgia cattolica; ma a Bordighera si preparano anche le foglie di color giallo-verdognolo usate per la festa ebraica delle Capanne. Le une e le altre si ottengono legando opportunamente le foglie perchè non ricevano luce. Una leggenda narra che le palme sarebbero venute dall’Egitto, portate qui dall’anacoreta Ampelio nel secolo IV.

    Nell’interno è posta l’antica Vallecrosia (nel Comune circa 2000 ab.), che ha la succursale moderna nei piani di Vallecrosia, ben nota per la coltura di piante da profumi. Si possono aggregare alla Riviera dei Fiori anche i Comuni interni di Seborga, Vallebona, San Biagio della Cima, Camporosso (il Comune più popoloso: circa 2300 ab.), perchè vi si è diffusa la coltura floricola. Inoltre, i territori di Campo-rosso, San Biagio della Cima, Vallecrosia, Vallebuona, insieme a Bordighera formano una regione storica che ha avuto autonomia amministrativa e un proprio nome ufficialmente riconosciuto: formarono cioè dal 1683 al 1797 la «Comunità degli Otto Luoghi » : otto perchè vi erano comprese anche le località di Soldano (frazione di San Biagio), Sasso e Borghetto (frazioni di Bordighera). Il territorio, che abbraccia l’ultimo tratto della valle della Nervia e quelle dei torrenti di Vallecrosia e Borghetto, non forma un’unità geografica; tuttavia nel secolo XV si parla di «ville di Ventimiglia », e in questo secolo un gruppo di famiglie fondò appunto Bordighera presso il Capo di Sant’Ampelio. Nel secolo XVI vengono compilati i « Capitoli per le Otto Ville»; nel 1682 queste, per iniziativa di Camporosso, si rivolgono a Genova per essere distaccate dalla dipendenza amministrativa di Ventimiglia e associate a Genova: viene accolta la richiesta e istituita la « Magnifica Comunità degli Otto Luoghi » chiamata talvolta anche « Repubblica di Bordighera ».

    Panorama di Ospedaletti.

    Bordighera fra le palme e i giardini.

    A Bordighera ha sede l’Istituto internazionale di Studi Liguri, così benemerito nel campo degli studi di archeologia e di storia antica (per le Riviste e pubblicazioni v. la Bibliografia).

    Oltre i Piani di Vallecrosia, al di là della Nervia, sùbito si inizia l’abitato di Ventimiglia. Questa è l’erede della capitale dei Liguri Intemelii, Albium Intemelium, che divenne poi importante municipio romano. Il centro romano era posto a destra del torrente Nervia, ad oriente del centro attuale, dove oggi è la zona archeologica col ben conservato teatro del II secolo.

    La città medievale, fin dal tempo dei Bizantini, si spostò invece molto più a ovest, su un colle a destra della foce della Roia, mentre la città moderna si è sviluppata in piano, a sinistra del fiume, estendendosi sempre più in direzione di quello che era stato il centro romano. La città medievale, dominata in alto dal forte dei Genovesi, è molto interessante per i suoi monumenti artistici, tra cui la Cattedrale, dei secoli XI-XIII, con l’antichissimo Battistero ottagonale. Nel Medio Evo Ventimiglia fu a capo di un Comitato che si stendeva fino a Sanremo sul mare e nell’interno al Colle di Tenda: deve appunto alla sua posizione geografica, quale sbocco di questa via naturale di comunicazione con l’alta pianura piemontese, l’aver avuto una posizione importante fin dal tempo dei Liguri; ma da quando, nel secolo XIII, la contea di Provenza, incuneandosi nella media valle della Roia, separò la città, divenuta dopo aspre lotte possesso di Genova, da quello che era stato il suo retroterra, la sua funzione si limitò sempre più a quella di città di frontiera. Fu però, per tale sua funzione, più volte contesa a Genova e teatro di aspre lotte. Nel Medio Evo ebbe importanza anche il rifugio portuale alla foce della Roia. Oggi, Ventimiglia è sede dell’importantissimo mercato dei fiori e conserva la sede vescovile. E ormai è giunto anche qui il soffio trasformatore dovuto allo sviluppo turistico, superata la crisi dell’ultima guerra che l’aveva gravemente danneggiata per una serie di bombardamenti. E sede anche di alcune industrie: conciaria, pastifìcio, confezione di materiale di imballaggio e di ausilio per la coltura floricola. La popolazione del Comune nel 1951 era di circa 16.000 ab. (1901: 11.500); il centro è oggi in continuo incremento.

    Prima di raggiungere il ponte di San Luigi e il confine francese, una gemma paesistica, di grande interesse anche scientifico: il Capo Mortola col giardino di acclimatazione creato da Tommaso Hanbury nel 1867, ricco di una straordinaria varietà di piante esotiche e tropicali e, ultima località italiana, Grimaldi, divenuta celebre per le grotte (risultato dell’abrasione marina) che si aprono nella falesia di calcari rossastri, dette caverne dei « Balzi rossi », abitazioni delle più antiche genti del territorio ligure.

    Ventimiglia: il centro antico,

    Le vallate del versante marittimo della Liguria occidentale

    Appena si lascia la costa e ci si addentra nell’interno è tutto un altro mondo. Un altro paesaggio anzitutto: cessa la coltura dei fiori e dominano quelle dell’olivo e della vite, cui si alternano i castagneti, quindi a 800-900 metri olivo e vite scompaiono per lasciare il posto a seminativi (cereali, patate, foraggi), a boschi e macchie, o ai pascoli, che hanno sostituito il bosco estremamente impoverito dai disboscamenti; il castagno si spinge eccezionalmente fino a 1200 m. e molto in alto si trova anche il pino marittimo; segue la zona alpina con faggio, larici, pini silvestri. Le montagne, cui non mancano forme aspre, alte fino a più di 2000 m. (Saccarello 2200), fanno da sfondo al paesaggio della costa: sui loro fianchi il clima diventa rigido e si raggiungono medie del gennaio inferiori allo zero, cosi che sono ammantate di neve quando sulla costa splende il sole e si hanno mitissime giornate. Il fatto che montagne superiori anche ai 1000 m. sono vicinissime alla costa fa sì che i passaggi di clima siano rapidissimi. Le precipitazioni non superano i 1600 mm., ma sono molto sensibili le variazioni da una valle all’altra.

    L’abside della Cattedrale di Ventimiglia.

    Ventimiglia moderna: in primo piano il «parco dei platani e delle palme».

    L’agricoltura con le attività che ne dipendono (oleificio, ecc.), e nelle zone più elevate anche l’allevamento (pochissimo sviluppato invece nella zona dell’olivete e del vigneto), sono ancora la fonte principale di vita e la regione è colpita dallo spopolamento in modo che non è esagerato dire impressionante: la diminuzione, nel periodo 1901-51 va dal 25 a oltre il 50%. Quasi nessuno dei Comuni (da notarsi che sono molto numerosi i Comuni piccoli e piccolissimi) fa eccezione; la densità, così elevata sulla costa, diminuisce rapidamente scendendo a meno di 50 e a meno di 25 ab. per kmq. Tuttavia il quadro non è soltanto negativo, perchè ha cominciato a svilupparsi l’industria turistica. Moltissimi sono, a questo riguardo, i fattori positivi: le estati fresche, i bei boschi, il paesaggio pittoresco, i ricordi storici, le note d’arte nelle chiese e nei castelli; in qualche località più elevata possono svilupparsi anche gli sports invernali. Ma molte sono le difficoltà per un adeguato sviluppo turistico: sono quelle comuni a tutte le località della Liguria interna. Tuttavia qualche località meglio situata rispetto alle strade, o in posizione particolarmente pittoresca e favorita dal clima, già si apre alla nuova attività, si arricchisce di case, di alberghi e di impianti moderni. Non mancano esempi di nuovi centri turistici, come al Colle di Nava o a Mònesi, attrezzato per gli sports invernali.

    Per quanto riguarda il popolamento, è ancora da notare il forte accentramento (solo circa l’8% di popolazione sparsa), forse in relazione con lo stato arretrato dell’ agricoltura e col grande frazionamento terriero. Caratteristica in tutta la zona occidentale della regione, dove i centri sono meno numerosi ma più grossi, la presenza di numerose costruzioni a uno o anche a due piani, in cui vengono tenuti i prodotti e si ricoverano gli agricoltori che giornalmente si spostano per i lavori agricoli : qualche volta vi si trattengono alcuni giorni, per esempio, per la vendemmia. Vere e proprie sedi estive agricolo-pastorali sono invece le dimore sparse o a gruppi che si trovano nelle alte valli della Nervia, Argentina, Arroscia, che servono come dimora estiva ai contadini e contadini-pastori e sono al di sopra dei centri permanenti. La popolazione si dedica in grandissima maggioranza all’agricoltura, che è molto povera; si noti soprattutto l’estesa superficie dei boschi e castagneti; l’esigua estensione dei seminativi (poco più del 5% della superficie agraria), per poco più di metà accompagnati da colture arboree (vite, alberi da frutta); abbastanza elevata la percentuale delle colture arboree specializzate (oltre il 16%), che comprendono soprattutto oliveti; elevata, se si confronta con le altre zone liguri, la percentuale dei prati e pascoli (circa il 25% della superficie agraria-forestale). Queste alcune caratteristiche comuni: ma ogni valle ha una sua fisionomia, forma un piccolo mondo a sè e i contrasti sono più vivaci che nella fascia costiera dove il mare uniforma il paesaggio e la vita.

    Vedi Anche:  Varietà di passaggi e suddivisioni regionali

    Quella che può dirsi montagna litoranea di Savona, ha scarsa estensione per la vicinanza della catena spartiacque al mare. Le valli, che si aprono nelle rocce antiche di questa sezione delle Alpi Liguri, sono ripide e brevi, più che altrove estesi sono i boschi e macchie (65% della superficie), mentre nell’agricoltura prevalgono le colture arboree, sole o associate ai seminativi; modesta estensione hanno prati e pascoli. Lo spopolamento colpisce tutti i Comuni. I più popolosi sono quelli di Càlice Ligure e Tovo San Giacomo, già ricordati perchè fanno parte del Finalese (circa 1500 ab. ciascuno). Poco più di 1000 ab. ha Toirano. I dintorni di Toirano sono però ricchi di interesse e destinati ad un più florido avvenire turistico: nelle numerose grotte, solo in parte esplorate, si sono scoperte le tracce dell’uomo del Paleolitico; particolarmente interessante, per i fenomeni carsici e i reperti preistorici, è la grotta della « basura » o della « strega ». Nel paese di Balestrino è il bellissimo castello dei secoli XVII-XVIII.

    Ben diversamente si presenta il versante tirrenico a ovest, nelle valli confluenti nel bacino della Centa. La più ampia è quella dell’Arroscia. La percorre una strada carrozzabile che, presso Pieve di Teco, si innesta nella carrozzabile del Colle di Nava, che proviene da Imperia per la valle dell’Impero e il Colle di San Bartolomeo.

    Apricale, nel bacino della Nervia.

    La valle della Neva è risalita dalla carrozzabile del Colle di San Bernardo che scende nella valle del Tanaro. Le montagne che dividono queste vallate dal versante piemontese si avvicinano ai 2000 m. e li superano nel Monte Saccarello (2200 m.). Il clima si irrigidisce allontanandosi dal mare e fattore importante di variazioni locali è l’esposizione, specialmente nella valle dell’Arroscia, dove il versante volto a sud beneficia di una maggiore insolazione, mentre tutta la valle, nonostante l’orientamento longitudinale, ha precipitazioni abbondanti perchè esposta ai venti di scirocco. Più della metà della superficie è coperta di boschi e macchie; un quinto è occupato da pascoli, invece è minima l’estensione dei seminativi; gli oliveti, estesi nelle medie e basse vallate, fanno sì che sia complessivamente elevata la percentuale delle colture arboree specializzate. La regione è amministrativamente divisa in numerosi Comuni, appartenenti alle due province di Savona e Imperia, molti dei quali assai piccoli: solo cinque superavano nel 1951 i 1000 ab., cioè: Casanova Lerrone (1260), Rezzo (noo), Pornassio (1800), Borghetto d’Arroscia (1070), Pieve di Teco (2350). Se poi si guarda alla popolazione dei singoli centri, si nota sùbito l’assoluta prevalenza di centri piccoli e piccolissimi: solo Pieve di Teco supera i 1000 abitanti. Generale lo spopolamento che, nel periodo 1901-51, tocca il 33%; molto bassa la densità.

    Il fiume Neva a Zuccarello,

    Mònesi: la seggiovia

    Le posizioni preferite dei centri sono quelle di cocuzzolo, di dorsale, di pendio; ma non mancano centri di fondovalle, soprattutto nella valle dell’Arroscia, e non è infrequente il caso di paesi posti in parte sul pendio, in parte sul fondo della valle. Il tipo è quello caratteristico dei centri ammassati, con viuzze strettissime, archi e archetti di sostegno; spesso la cintura esterna delle abitazioni ha evidente funzione difensiva. Conservano, insomma, il carattere originario dei borghi medievali liguri e molto spesso li sovrasta dall’alto il Castello, e ne completa la nota eccezionalmente pittoresca e suggestiva il campanile della chiesa parrocchiale.

    Molto piccola la percentuale di popolazione sparsa (meno del 20%) in una zona che pur vive quasi soltanto dell’agricoltura. Nell’alta valle, a quota poco inferiore o poco superiore ai 1000 m., presso il limite superiore delle colture, sono numerose le sedi estive agricolo-pastorali, rare invece e limitate alle zone montuose più alte, le dimore temporanee di pastori. L’allevamento è associato all’agricoltura; anche nelle zone poste al di sopra degli 800-900 m. dove scompaiono le colture arboree, l’allevamento (ovino e caprino) che assume ruolo importante accanto all’agricoltura, poverissima, è in fase di decadenza. Qualche centro comincia ad essere frequentato come località di villeggiatura e valorizzato come mèta turistica.

    Risalendo la valle dell’Arroscia si toccano sul fondovalle i paesetti di Ortòvero, Borghetto di Arroscia, Vessàlico e Pieve di Teco, il maggiore: è un borgo di aspetto medievale, sulla sinistra dell’Arroscia, nodo stradale sulla strada del Colle di Nava, ma grave ne è la decadenza demografica (da 3970 ab. nel 1901, a 2394 nel 1951).

    Veduta di Pieve di Teco.

    Mendàtica si allunga sul pendio nel paesaggio montano dell’alta valle dell’Arroscia.

    I due versanti della valle sono dissimmetrici: quello a sinistra chiuso da montagne elevate oltre iooo m., scende rompendosi in dorsali e terrazzi sui quali trovano posto numerosi piccoli paesetti, raggiunti da tronchi di carrozzabile, come Arnasco, Vendone, Onzo, Aquila; il versante meridionale è formato da una dorsale montuosa che non supera gli 800 m. (divide la valle dell’Arroscia da quella del Lerrone) ma è breve e ripida, più rari vi sono i centri e vastissimi i castagneti. A monte di Pieve di Teco la valle assume aspetto sempre più montano ed è qui che comincia ad avere un promettente sviluppo l’industria turistica. Sulla strada che sale al Colle di Nava, a poco più di 600 m., è Pornassio, dove, indice della mitezza del clima, cresce ancora l’olivo. Al Colle di Nava, presso il quale sono le note fortificazioni, è sorto un centro di villeggiatura estiva molto frequentato, aperto anche d’inverno, per i campi di sci. Nell’alta valle dell’Arroscia, percorsa da una carrozzabile che raggiunge il Colle di San Bernardo di Mendàtica, sono Mendàtica e Montegrosso, divenuti anch’essi località di villeggiatura come Cosio. Da Mendàtica la strada prosegue per il Colle di San Bernardo e scendendo nel bacino del Tanarello tocca Mònesi, a 1200 m., divenuto coi dintorni un centro molto frequentato sia in estate, sia per gli sports invernali: di qui una funivia sale al Monte Saccarello dove, dalla Cappella-Rifugio, presso la quale è stata eretta nel 1901 una grande statua in bronzo di Gesù Redentore, si gode uno dei più grandiosi panorami della Liguria.

    Nella pittoresca e boscosa valle del torrente omonimo è Rezzo, con un bel Santuario della Madonna, del secolo XV; vi passa una strada che con un lungo e tortuoso percorso porta in valle Argentina, salendo al Passo della Teglia a 1300 metri fra un imponente scenario di monti con vista fino al Marguareis e al Mongioie. Qui vi sono soltanto più dimore temporanee, mentre scompare la vite e seminativi e prati insieme ai boschi dànno al paesaggio aspetto decisamente montano. Nell’alta valle Arroscia si ha anche un limitato alpeggio estivo dei bovini che vengono portati nella valle del Tanarello, sul versante piemontese.

    Nella valle del torrente Lerrone, risalita essa pure da carrozzabile, sono Gar-lenda, sul fondovalle, con la Parrocchiale che vanta delle pregevoli tele, e Casanova Lerrone, formato da un gruppo di piccoli agglomerati fra gli oliveti. La valle della Neva a monte di Cisano sul Neva, antico centro fortificato al margine della pianura di Albenga, si fa stretta e rocciosa e la strada la segue a varia quota sul fianco sinistro che è anche il più abitato e coltivato perchè rotto in sproni e terrazzi; vi si trovano il pittoresco borgo medievale di Zuccarello, gli abitati di Erli e, più in alto, Castelvecchio di Rocca Bàrbena, caratteristico paese ai piedi della rocca omonima, dominato dal grande castello diroccato dei Del Carretto. Anche la valle della Pennavaira è stretta e dominata da montagne rocciose; la zona più abitata è la conca di Castelbianco ma dovunque la popolazione è rada e diminuisce ognor più. Solo a Cisano, sede anche di alcune industrie, e con agricoltura più ricca, la popolazione è in aumento (ma non arriva a iooo ab.); vi si ammirano i resti della Chiesa romanica di San Calocero. La confluenza tra Neva e Pennavaira è dominata dal castello di Conscente.

    Rezzo.

    Pontedassio: nell’interno i vecchi paesi sono ricchi di motivi caratteristici e di note artistiche.

    Lasciato il bacino della Centa, delle altre vallate che formano la media e alta montagna della Liguria occidentale, le maggiori sono quelle dell’Impero, dell’Argentina e della Nervia. La prima è una breve vallata trasversale, chiusa fra dorsali montuose che solo alla sua estremità superiore superano i iooo metri. Ampiamente aperta all’influsso marittimo, è ricca di oliveti, che formano la coltura dominante; vi si associano la vite e gli alberi da frutta, mentre scarsissima estensione hanno i seminativi; i boschi occupano solo un quinto della superficie agraria, vi sono estesissimi i prati-pascoli, quasi il 40% della superficie agraria-forestale, specialmente nell’alta valle. Ma l’agricoltura, che è la principale attività della valle, non basta ai bisogni della popolazione abbastanza fitta (80 ab. per kmq. nel 1951) che è fortemente diminuita dal 1901 ad oggi (—37%). Essa vive per la quasi totalità in centri (96%), dei quali solo Pontedassio, Chiusavecchia e Borgomaro si stendono sul fondovalle, gli altri sono posti sul pendio o sui terrazzi. Pontedassio, che ha più di 1000 ab. nel centro capoluogo (1730 nel Comune), è il paese più grosso; nell’alta valle supera i 500 ab. l’agglomerato di Borgomaro (nel Comune circa 2500) che ha vicino una sorgente solforosa; gli altri centri sono numerosi ma piccoli. La valle è percorsa dalla carrozzabile del Colle di San Bartolomeo (620 m.) donde si scende in valle Arroscia per raggiungere il Colle di Nava.

    Più povera è in complesso la valle dell’Argentina, a monte di Taggia: la popolazione è diminuita con ritmo più accelerato (—55%) nel cinquantennio 1901-51 e la densità è molto bassa (circa 40). Qualche incremento ha avuto l’industria turistica, alla quale la valle dovrebbe aprirsi perchè ricca di bellezze naturali, di interesse storico, di monumenti artistici. Vi si alternano tratti più stretti e perciò coperti di boschi e macchie pochissimo abitati — come a monte di Taggia fino a Badalucco, poi di nuovo a monte di Montalto — e tratti più ampi dove, sul fondovalle o sui terrazzi, trovano posto i centri abitati. Di questi il maggiore è Badalucco, che ha più di 2000 ab. nel centro (2200 nel Comune), posto a 180 m. su uno sprone che domina il fondovalle. Ecco quindi il Santuario della Madonna degli Angeli, ricostruito dopo la distruzione del 1944, dovuta ad una esplosione. Poco più a monte Montalto, su una ripida costa; nella conca verdeggiante dalla quale scende il torrente Carpasina, è il paese di Carpasio, mentre nell’alta valle Argentina, a 780 m., è il tipico paese medievale di Triora (nel Comune 1300 ab.), su uno sprone che scende ripidissimo verso il fondovalle; in epoca più recente, presso un gruppo di molini, è sorto Molini di Triora (1750 ab. nel Comune) sul fondo della valle. L’olivo, sentinella avanzata del Mediterraneo, arriva fin qui, e con esso, e anche più in alto, arriva la vite, ma gli oliveti sono in complesso assai poco estesi (colture arboree specializzate solo il 3,3%) nè sono estesi i seminativi, per un terzo accompagnati dagli alberi; invece grande estensione hanno boschi e macchie (44% circa); i castagneti sono specialmente diffusi nella bassa valle, ma insidiati dall’epidemia del cancro; prati e pascoli (circa il 40% della superficie agraria-forestale) alimentano l’allevamento. Aspetto montano alpino ha, nella regione sorgentifera, la vai Verdeggia, inquadrata fra alte montagne, con magre colture, prati e castagneti: la popolazione vive in due piccoli agglomerati, e si serve di dimore temporanee estive più alte, che qui raggiungono i limiti più elevati di tutta la Liguria occidentale (1600 m. : Case Vesi-gnana); buon incremento potrà avervi il turismo estivo e invernale.

    Triora nella valle Argentina.

    Più favorita, perchè più ampia, è la valle della Nervia, accompagnata dagli olivi fino presso la sua estremità. Ma anche qui l’agricoltura, che è ancora la principale attività della popolazione, non è più sufficiente ai bisogni e fortissimo è stato lo spopolamento nel periodo 1901-51 (—50%). Come nelle altre valli, bellezze naturali, freschezza del clima, opere d’arte potranno ravvivare il turismo. I centri sono poco numerosi ma grossi, ed è per questo che sono numerose le costruzioni accessorie che ospitano i contadini nei loro spostamenti giornalieri o servono a temporaneo deposito di prodotti. Dolceacqua è un grosso borgo (1800 ab. nel Comune) che fu centro del Marchesato omonimo, sulle due rive della Nervia, valicato da un antico e pittoresco ponte, con la parte vecchia ancora dominata dalle rovine del castello dei Doria; è inoltre famosa per una varietà di uva da tavola che si lascia appesa ai tralci fino a Natale, poi si colloca in vasi con acqua e carbone e si conserva così fino a Pasqua; non meno celebre è il suo vino. Il paese di Apricale è nella valle del torrente Merdanzo; presso la confluenza di questo nella Nervia, sul fondovalle è posta Isolabona; invece a monte di Apricale, sulla cima di uno sprone montuoso che scende dal Bignone, a 900 m., è l’antico e pittoresco borgo medievale di Baiardo con ampio panorama dai monti al mare, frequentato come centro di villeggiatura. Nell’alto bacino della Nervia, inciso nelle Alpi Liguri, in un pittoresco scenario di monti, sono l’antichissimo e pittoresco paese di Pigna (oltre 2000 ab.), a 300 m., con la parte più antica sul pendio e la parte più recente sul fondovalle, e Castel Vittorio (1100 ab.); di qui una strada sale a circa 1200 m. al Colle Langan e scende fra i castagneti in valle Argentina a Molini di Triora. Presso Pigna una sorgente solforosa ha dato impulso a un moderno complesso turistico. Poco a monte di Dolceacqua confluisce nella Nervia il torrente Barbaira che accoglie fra gli olivi il paese di Rocchetta Nervina.

    Estesi sono in tutto il bacino della Nervia boschi e macchie (47%), la vite vi è diffusa più che nelle altre valli; in complesso le colture arboree specializzate occupano il 14% della superficie agraria-forestale; nella bassa e media valle è ancora praticata la floricoltura, mentre nei Comuni più alti sono estesi i pascoli e mancano le colture arboree.

    Dolceacqua nella valle Nervia: è dominata dal castello dei Doria (secolo XVI).

    Piena in val Nervia.

    Le altre vallate della Liguria occidentale formano le zone che si possono denominare montagna di Sanremo, montagna di Porto Maurizio, montagna di Andora; sono tutte brevissime vallate trasversali che godono del clima marittimo: manca perciò il paesaggio montano, ma la vista sul mare, gli estesi oliveti, le colture di fiori, insieme a pregevoli note artistiche, rendono queste località molto attraenti e meritevoli che sempre più si sviluppino come centri turistici. Sono molto diffusi gli oliveti, a cui si associano viti, alberi da frutta, nelle zone più basse fiori e ortaggi, ma le montagne che chiudono le vallate sono state oggetto di intensi disboscamenti, perciò sono estese macchie e pascoli. Più elevata la densità di popolazione in confronto alle vallate dell’interno, ma sempre bassissima in confronto alla zona costiera; numerosi piccoli centri nella parte orientale, più rari e grossi in quella occidentale. Anche qui, nonostante la costa sia più vicina e non si raggiungano quote molto elevate, lo spopolamento è stato molto intenso.

    La « montagna di Andora » è formata dalla valle del torrente Mèrula a monte di Andora e ospita solo alcuni piccoli agglomerati dei Comuni diStellanello (ino ab.) e Tèstico; nella vallecola del torrente San Pietro, rivestita di olivi, si allineano, sul pendio e sui terrazzi alcuni piccoli agglomerati appartenenti ai Comuni di Diano San Pietro (1066 ab.) e Diano Arentino.

    La « montagna eli Porto Maurizio » è formata dalle piccole valli che raggiungono la costa tra l’Impero e l’Argentina: numerosi gli agglomerati, posti quasi sempre su terrazzi e sul pendio, ma molti piccoli: fanno eccezione Dolcedo, che ha circa 600 ab. (nel Comune oltre 1500) ed è posto sul fondovalle sulle rive del torrente Trino, e Pietrabruna (650 ab. ; nel Comune circa un migliaio), centro di pendio a 400 m. nel bacino del torrente San Lorenzo. Le colture arboree, primo fra tutte l’olivo, mettono la nota dominante; invece, più che dai boschi, le pendici montuose sono coperte da magri pascoli.

    Coldirodi, sulla dorsale collinosa fra Sanremo e Ospedaletti, a 250 metri, è circondato dalle colture dei fiori.

    Ceriana: uno dei più caratteristici centri compatti delle vallate occidentali.

    La « montagna di Sanremo » è formata dall’anfiteatro di monti e colline dominato dal Monte Bignone, inciso dai torrenti che raggiungono il mare tra l’Argentina e la Neva: mentre verso il mare queste valli sono fitte di abitati e di popolazione sparsa, le pendici montuose sono poco popolate e coperte di boschi. Due Comuni, Perinaldo e Ceriana, formano questo territorio; il capoluogo del primo, che riunisce tutta la popolazione del Comune (1250 ab.), è un grosso borgo a 570 m. in posizione dominante su una cresta montuosa, alle origini del torrente di Vallecrosia, frequentato per la villeggiatura estiva; Ceriana, che riunisce pure l’intera popolazione del Comune (2100 ab.), è posta a 370 m. nell’alta valle del torrente Armea; è un grosso borgo medievale con chiese interessanti e ricche di opere d’arte; sono famose le funzioni religiose della Settimana Santa.

    Il brevissimo tratto della valle della Roia rimasto all’Italia, secondo l’ultimo confine, abbraccia i Comuni di Airole e Olivetta San Michele, nei quali lo spopolamento dal 1901 a oggi, ha più che dimezzata la popolazione. Il centro maggiore è Airole, a 123 m. su uno sprone, circondato da un’ansa del fiume, presso la strada e la ferrovia.