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Le vallate del versante padano

    Le vallate del versante padano

    Le vallate savonesi del versante padano

    Vivo è il contrasto fra la Riviera e l’interno delle vallate che vi sboccano ma, varcando lo spartiacque e scendendo nelle valli del versante padano, il contrasto diviene ancora più stridente: se alla testata il paesaggio ricorda coi vasti boschi e castagneti, con le prevalenti colture di seminativi, le alte vallate del versante marittimo, scendendo più in basso ci si accorge di entrare in un altro mondo lontano da ogni influsso e richiamo del mare. Molto diverso il paesaggio agricolo, nel quale mai compare l’olivo, mentre un elemento quasi sconosciuto al paesaggio del versante marittimo è dato qui dal gelso; accanto ai seminativi accompagnati dalla vite e dagli alberi da frutto, hanno molta estensione relativa (più di metà del totale) anche i seminativi semplici e i prati, mentre praticamente non esistono le colture arboree specializzate; più non vi sono o sono appena accennate le «fasce» sul versante dei monti. Profondamente diverse le abitudini di vita, poiché non è sentito il richiamo del mare mentre ci si avvia invece verso le pingui pianure piemontesi, lombarde ed emiliane. Le vallate del versante padano appartengono alle due province di Savona e di Genova e si sono, pertanto, riunite in due gruppi tenendo presente la divisione amministrativa (si è fatto eccezione solo per il Comune di Urbe, savonese, che è nella valle dell’Orba, per il resto genovese).

    Nel Savonese si hanno anzitutto le valli delle due Bòrmide, di Millèsimo e di Spigno, due vallate ricche di contrasti perchè accanto a plaghe boscose e tranquille, soggiorno ideale per una riposante villeggiatura, ve ne sono altre in cui la grande industria ha completamente trasformato l’ambiente e la vita. La Bòrmida di Millèsimo ha un lungo corso montano, che si inizia ai piedi della caratteristica Rocca Bàr-bena e continua con direzione generale nord-sud. L’alta valle fino a Murialdo si apre fra montagne superiori ai iooo m., appartenenti alla falda del Gran San Bernardo e formata perciò di rocce antiche; il fondovalle scende da oltre 700 m. a 550, ora stretto, ora ampio come presso Bardineto, dove si allarga fino a circa un chilometro, e presso Calizzano, dove non è meno largo; la più importante valle laterale è quella di Osiglia, più stretta nell’ultimo tratto presso la confluenza della Bòrmida, aprentesi invece nell’alto bacino del torrente in un anfiteatro montuoso nel quale si sparpagliano gli agglomerati del Comune di Osiglia (1030 ab.). Il clima è rigido e il paesaggio è di montagna con vastissimi boschi (più dell’80% della superficie agraria-forestale); manca anche la vite e l’agricoltura comprende solo cereali, patate, un po’ di frutta invernale, oltre al raccolto delle castagne; più importante lo sfruttamento del bosco (legname e carbone di legna, funghi), inoltre un modesto allevamento bovino (sono estesi i prati) e anche ovino; a queste risorse si aggiunge un discreto movimento per la villeggiatura estiva; si può ricordare anche la pesca delle trote. La popolazione diminuisce. I centri maggiori, Bardineto e Calizzano (circa 1000 e 2600 ab. nei due Comuni) sono sul fondovalle, a 711 e 647 m. sul mare, lungo la strada che proviene da Albenga.

    Il pittoresco ponte quattrocentesco a Millèsimo.

    A Murialdo la valle è stretta ma ben presto le montagne che la chiudono, dividendola dai bacini del Tanaro e della Bòrmida di Spigno, si abbassano e si snodano in colline, appartenenti alla formazione oligocenica, che precede quella miocenica delle Langhe; il fiume descrive ampi meandri; compare e si estende sempre di più la vite e le colture si fanno più varie e più ricche: accanto ai cereali, ai prati, anche legumi e frutta, non solo invernenghe ma anche polpose; e ancora gelsi e noccioli; castagneto e boschi sono sempre molto estesi. A Murialdo (1800 ab.) e a Roccavignale (circa 1300), posta sulla strada statale che proviene da Altare e si dirige verso le Langhe, l’agricoltura con l’allevamento, insieme allo sfruttamento del bosco, sono ancora la fonte principale di vita. Invece da Millèsimo a Cengio l’industria ha trasformato l’economia e l’aspetto della valle. La popolazione è in aumento: Millèsimo è passata dai 1500 ab. del 1901 a 2880 nel 1951 ; Cengio da 1360 a 3600. Millesimo, a 430 m., è un centro antico sorto come luogo fortificato ai piedi di un castello, che assunse importanza nell’età moderna anche come luogo di mercato in un incrocio di strade; vi fioriva anche qualche industria artigiana ma il suo incremento cominciò in seguito al sorgere della grande industria a Cengio e nel Cairese. Millèsimo è economicamente collegata con questi maggiori complessi industriali. L’abitato conserva ancora il vecchio centro, lungo la riva destra della Bòrmida, dominato dal Castello, mentre l’abitato moderno si sviluppa in piano, fra una cornice di verde. Già si è detto dell’impianto idroelettrico della valle dell’Osiglietta collegato con la diga e la centrale di Millèsimo. Questo, che fu feudo dei Del Carretto, ebbe una storia movimentata e fu conteso fra Piemonte, Austriaci e Spagnoli; è celebre per la battaglia combattuta nel 1796 fra le forze napoleoniche e quelle austriache.

    Panorama di Millesimo.

    Cengio è posto più a valle elove questa si allarga in una conca ed era formato da una serie di piccoli agglomerati. Si è avvantaggiato per il passaggio della ferrovia Savona-Torino, e ha iniziato il suo sviluppo industriale con il sorgere di una fabbrica di dinamite nel 1882; questa si ampliò nei primi anni del secolo XIX, e si trasformò in seguito in un complesso chimico per la fabbricazione dei coloranti, che oggi è fra i maggiori d’Italia, mentre fiorivano altre industrie minori. Oggi Cengio è diventato un importante centro; vi si distinguono il borgo antico, Cengio Alto, ai piedi del castello, su un colle circondato da un’ansa del fiume; la parte nuova è sul fondovalle ed ha caratteristiche urbane; il corso della Bòrmida ed i piccoli centri disseminati nella conca gli conferiscono un aspetto ridente.

    La Bòrmida di Spigno è a sua volta formata dalle valli delle Bòrmide di Pàllare e Màllare che, dopo un breve corso montuoso, si riuniscono a valle di Càrcare; qui la Bòrmida raggiunge il solco ondulato di colline formate da terreni dell’Oligocene che divide l’Appennino dalle Langhe.

    Su un ampio fondovalle pianeggiante il fiume, che a Càrcare è a circa 400 metri ed è a poco meno di 300 all’uscita dalla regione ligure, scorre lentamente descrivendo ampi meandri accompagnato da un nastro di alberi. Lo chiudono medie montagne e colline con vasti boschi e castagneti, cui si alternano o succedono verso il basso, prati, campi di cereali, patate, ecc. ; a questi si accompagnano anche alberi da frutta (comprese frutta polpose) e gelsi, mentre in tutta la valle è presente la vite.

    All’agricoltura, integrata dalla raccolta delle castagne, dei funghi, dei tartufi e delle nocciole, si associano un modesto allevamento (bovini, ovini, anche suini), l’industria del legname (castagni, querce, faggi, conifere), che è molto rilevante, e qualche altra industria che lavora i prodotti locali. Ma in questa valle è penetrata, a trasformarne l’aspetto e a portarvi nuova ragione di vita, la grande industria mentre anche l’incrociarsi di importanti strade e ferrovie, che si diramano per il Piemonte, e le comunicazioni col porto di Savona, ne accrescono l’importanza; la sua posizione ne ha fatto anche un punto strategico, teatro delle celebri battaglie vinte a Montenotte e a Dego nel 1796 da Napoleone. La popolazione è in aumento in quasi tutti i Comuni; nonostante il formarsi di nuovi centri accanto alle fabbriche industriali la prevalenza spetta ancora alla popolazione sparsa, e specialmente dove più dolce è il declivio le colline sono punteggiate di numerosissime case sparse.

    Vedi Anche:  Varietà di passaggi e suddivisioni regionali

    La valle della Bòrmida di Pàllare, appartiene ai Comuni di Bòrmida e Pàllare (1300 ab.). Stretta e boscosa è nell’alto corso anche la Bòrmida di Màllare, che appartiene al Comune omonimo (1700 ab.); quindi si apre nel solco ondulato di colline dove, dopo aver descritto un ampio arco, raggiunge l’altra Bòrmida: è qui che su un colle a destra del fiume, a un chilometro dal Passo di Cadibona, a 398 m., si adagia l’abitato di Altare, famoso per la sua industria vetraria, di cui si è già parlato nel capitolo sull’economia, che ebbe origine fin dal Medio Evo, importata da immigrati francesi e favorita dall’abbondanza di legnami usati come combustibile; alle vetrerie artistiche di un tempo oggi si è sostituita la fabbricazione di vetrerie comuni (bottiglie di vario tipo).

    Veduta di Cencio.

    Cairo Montenotte: zona degli stabilimenti.

    Da Altare comincia il settore della valle trasformato dalla grande industria che si estende fino a Cairo Montenotte. Il centro è nel territorio di Cairo, nella conca dove si incontrano le due Bòrmide di Pàllare e di Màllare per formare la Bòrmida di Spigno. Molti fattori hanno contribuito allo sviluppo industriale di questa zona, che è stata fino alla seconda metà del secolo XIX una regione agricola con un notevole commercio e qualche industria artigiana: dapprima vetrerie, piccole fonderie, lavorazione del legname, poi piccole officine meccaniche.

    Anzitutto le hanno giovato i fattori, che già in passato erano stati di stimolo all’attività commerciale: il diramarsi sulla strada, frequentata da epoca remota, che discende dal Passo di Cadibona, delle vie per Ceva e Torino da una parte per Acqui dall’altra; molta importanza ha avuto la costruzione delle ferrovie che seguono la stessa direzione. Si aggiunga il fatto di trovarsi nel retroterra del porto di Savona e la posizione tra la zona montuosa alpino-appenninica, e quella collinosa; e ancora l’allargarsi della valle e l’abbondanza delle acque.

    Due sono i maggiori settori industriali, già ricordati nel capitolo sull’economia. L’uno è quello di Ferrania, dove l’attività industriale ebbe origine con una fabbrica di esplosivi e altre minori industrie. L’altro settore è quello di Càrcare-San Giu-seppe-Bragno, posto poco più a valle dove questa si allarga fra un paesaggio di molli ondulazioni collinose; segue subito dopo Cairo. Qui lo sviluppo della grande industria è legato con la costruzione della funivia per il carbone in provenienza da Savona, che cominciò a funzionare nel 1912 e fu raddoppiata nel 1936. La stazione di San Giuseppe di Cairo divenne una succursale del porto di Savona. La presenza del carbone ha fatto sorgere un importante distretto chimico di cui già si è parlato.

    La grande industria chimica ha richiamato altre attività industriali, mentre la valle, prima verde e tranquilla, si trasformava e la popolazione cresceva rapidamente: Cairo Montenotte passava da 5320 ab. nel 1901 a 12.640 nel 1951; questo Comune comprende anche i centri industriali di San Giuseppe, Ferrania e Bragno.

    Il centro antico di Cairo è dominato da una rupe con i ruderi del Castello; è sul luogo di una stazione romana sulla via Giulia Augusta e fu importante centro feudale e commerciale nel Medio Evo; ha dato i natali a G. Cesare Abba. L’abitato moderno si è esteso con quartieri residenziali a nordovest e a sud lungo la Bòrmida fino a saldarsi senza più soluzione di continuità con la zona degli impianti industriali e degli abitati di Bragno e di San Giuseppe di Cairo nella conca in cui sboccano le Bòrmide di Pàllare e Màllare; di qui impianti industriali e quartieri di abitazione si riallacciano a Càrcare, lungo la strada che segue la Bòrmida di Pàllare.

    Dall’altro lato dopo breve interruzione ci si riallaccia al settore industriale e residenziale di Ferrania sulle due rive della Bòrmida di Màllare; esso rimane isolato perchè è fuori della strada nazionale, e ha una sua autonomia; vi si distinguono l’antico nucleo e il nuovo villaggio residenziale di Filmania. Poco più a monte è il paese di Altare, che si è pure molto ingrandito lungo la strada. Piccoli nuclei abitati e case sparse sono sui colli.

    La mano d’opera impiegata nel complesso degli stabilimenti industriali si aggira intorno alle 8000 unità a cui sono da aggiungerne altre 2000 degli stabilimenti del settore Cengio-Millèsimo. L’aumento di popolazione nel periodo 1901-51 è stato forte soprattutto nel Comune di Cairo e in quelli di Càrcare (da meno 2000 a 3700 ab.) e di Altare, che è passato da 2320 a 3390 abitanti. Ancora più significativo il confronto fra il 1936 e il 1951, che segna il periodo del massimo incremento industriale: tutto il gruppo dei Comuni e di quelli vicini’ è in aumento : il massimo aumento percentuale si ha a Càrcare e a Cairo; seguono Dego, Altare e gli altri minori Comuni vicini.

    Di questi, i due Comuni di Plodio e Cosseria (1181 ab.), formati per la massima parte di popolazione sparsa, sono sulle colline a sinistra della Bòrmida di Pàllare; Cosseria fu nel Medio Evo un nido di Saraceni. A valle di Cairo sono i due Comuni di Dego (3385 ab. nel 1951) e Piana Crixia (1579 ab.), con popolazione sparsa o riunita in piccoli centri; il paese di Dego, fu importante nel Medio Evo e nell’età moderna; appartenne ai Marchesi del Monferrato e ai Del Carretto; è situato sulle rive del fiume e conserva i ruderi del Castello. Già si è accennato alla vittoria di Napoleone sugli Austriaci.

    La valle dell’Erro e quelle dei suoi affluenti liguri si aprono in una zona di medie montagne e di colline, che formano un paesaggio vario e movimentato non privo di forme aspre perchè alla formazione oligocenica succede qui la zona delle pietre verdi. Tra boschi, prati, campi — accompagnati in parte dalla vite, alberi da frutta, gelsi — sorgono case sparse (circa il 65%) e piccoli centri appartenenti ai Comuni di Pontinvrea, il più alto (a 425 m. ; impianto idroelettrico), Mioglia, disseminato in un’ampia conca pianeggiante, Sassello, al centro di un anfiteatro di montagne. Questo è il Comune più grosso (3200 ab.); il centro capoluogo, attraversato dalla strada del Colle del Giovo, a cui qui si innesta una carrozzabile per Sassello e quindi per Ovada, è frequentata stazione di villeggiatura estiva; è sede anche di alcune piccole industrie, come quella, notissima nel Genovesato, degli amaretti. Anche il Colle del Giovo è diventato un noto centro di villeggiatura.

    Giusvalla è posta a 475 m. alle sorgenti del bacino del torrente Valla che confluisce nella Bòrmida a monte dell’Erro. Nel bacino dell’Erro non è penetrata la grande industria: l’agricoltura, lo sfruttamento del legname e degli altri prodotti del bosco, l’allevamento, nonostante l’incremento turistico, offrono modeste risorse alla popolazione che diminuisce. Anche la densità, che nelle valli della Bòrmida supera gli 80 ab., qui rimane inferiore ai 40.

    Le vallate genovesi del versante padano

    Le vallate genovesi del versante padano si iniziano col breve tratto della valle dell’Orba; la morfologia è varia e movimentata, con contrasti di pendii nudi e ripidi, di colline a dolce pendio, di conche quasi pianeggianti: il bacino dell’Orba si apre infatti nella formazione ofiolitica. La popolazione vive in piccoli agglomerati e case sparse dei Comuni di Urbe (1900 ab.) e Tiglieto, traversati dalla carrozzabile Sassello-

    Rossiglione; si dedica all’agricoltura, all’allevamento, allo sfruttamento del bosco che ha fatto nascere anche l’industria artigiana del legno; famosi i funghi e le trote, ricca la cacciagione; l’abbondanza di acqua e la ricchezza dei boschi, insieme al clima molto fresco, ne fanno mèta di villeggiatura estiva, ma la popolazione diminuisce. A Tiglieto fu fondata nel secolo XII, la prima Badia dei Cistercensi in Italia.

    Vedi Anche:  La Riviera del Golfo Tigullio e la montagna Chiavarese

    Invece nella valle della Stura, percorsa dalla strada e dalla ferrovia del Passo del Turchino, qualche industria, il commercio e l’attività turistica, rendono meno precarie le condizioni economiche e la popolazione è aumentata.

    È qui molto sentita l’attrazione di Genova e questa zona potrebbe unirsi a quella che si è chiamata « montagna genovese ». La valle si apre nella formazione ofiolitica e le montagne che la chiudono non sono prive di forme aspre, di pendii nudi o coperti di magra vegetazione; estesi anche boschi e macchie, mentre modesta estensione hanno le colture dei seminativi, in parte accompagnati da alberi da frutta, cui si alternano prati e pascoli; manca quasi del tutto la vite. Discreta importanza ha l’allevamento dei bovini con produzione di latte inviato sul mercato di Genova.

    Masone (4070 ab. nel Comune nel 1951, di cui circa 2500 nel centro) è posto a 433 m. a pochi chilometri dal Passo del Turchino e si sente ancora l’influsso marittimo psrchè l’industria più caratteristica è quella dell’artigianato marittimo, cui si aggiungono chioderie, segherie, cotonificio; è frequentato anche come località di villeggiatura.

    Più a valle è Campo Ligure (nel Comune 4250 ab. nel 1951 di cui oltre 2500 nel centro) pure centro di villeggiatura, molto noto per la lavorazione della filigrana; domina il paese l’alta torre del Castello degli Spinola; quindi Rossiglione (4200 abitanti di cui oltre 2500 nel centro), grosso borgo, distinto in Superiore e Inferiore, dove la valle si allarga e forma sul fondo un fertile piano; vi hanno sede alcune industrie: tessili (cotonificio), segherie e altre minori; è centro frequentato di villeggiatura.

    La maggiore delle vallate genovesi è quella della Scrivia. L’alta valle è un solco longitudinale orientato da sudest a nordovest, ma a Busalla, poco sotto il Passo dei Giovi, il fiume utilizza un solco trasversale orientato da sud a nord. Varia la morfologia: la valle ora si stringe fra montagne a ripido pendio, ora si apre in anfiteatri e conche ondulate, per l’alternarsi di rocce scistose ai calcari e alle puddinghe. Vario l’aspetto del paesaggio a seconda che l’agricoltura e l’allevamento continuano ad essere la fonte principale di vita, o l’industria e il commercio hanno rinnovato l’economia. Molte località sono state in passato e continuano ad essere località di villeggiatura, frequentate soprattutto dai Genovesi, e questa attività potrebbe avere maggiore sviluppo, per la freschezza delle estati, la riposante cornice di prati e boschi, uniti al vantaggio del facile collegamento con la metropoli.

    Dell’allevamento bovino e dell’agricoltura, oltre che dello sfruttamento dei boschi, vivono i Comuni dell’alto bacino, Torriglia, Montoggio, Valbrevenna, e la popolazione è in diminuzione, anche se l’industria turistica è in incremento. Torriglia è un grosso borgo con un commercio abbastanza vivace e qualche piccola industria; ebbe importanza nel Medio Evo. E attraversato dalla strada che va dalla valle del Bisagno alla vai Trebbia (3600 ab. nel Comune), posto a 790 m. nel centro di una conca ondulata circondata da un anfiteatro di monti, ricca di acque sorgive che dànno origine al torrente Laccio considerato, come già si è detto, il ramo sorgentifero della Scrivia.

    Il paesaggio di questa zona, che è fra Laccio e Trebbia, ha aspetto montano per gli estesissimi prati e pascoli (più di metà della superficie del Comune) che alimentano l’allevamento bovino, mentre manca la vite, i seminativi (frumento e patate) sono accompagnati da alberi fruttiferi e estesi sono anche i boschi e i castagneti. Non solo Torriglia, ma anche numerosissime frazioni, hanno i requisiti per diventare centri sempre più frequentati dalla villeggiatura e dal turismo, tanto più in relazione con lo sviluppo della zona di Monte Antola come centro di sports invernali.

    Dopo la conca dominata dal paese di Laccio il fiume entra nel solco longitudinale che seguirà fino a Busalla. Questo è seguito dalla strada che si ricollega, per la Scoffera e la Sella di Boasi, alla Fontanabuona e a Chiavari ed è utilizzato perciò dalle comunicazioni fra la Riviera di Levante e la Pianura Padana. Il traffico pesante che vi si svolge minaccia di danneggiare alcuni centri di villeggiatura, un tempo molto noti. A un tratto stretto e boscoso segue una conca nella quale sono sparsi gli abitati del Comune di Montoggio (2900 ab.); di qui una strada sale a 600 m. ai Piani di Creto, dove dovrebbe svilupparsi un grande centro turistico. E qui che il Laccio muta il nome in quello di Scrivia e qui ancora sfocia la vai di Noci col grande lago artificiale che alimenta l’acquedotto. Poco più oltre la valle si allarga nuovamente accogliendo sul fondo gli abitati del Comune di Casella (1500 ab.), frequentato per la villeggiatura estiva e collegato con Genova con una ferrovia elettrica di 24 km. ; vi ha sede qualche industria (salumi, legname, ecc.). Qui sfocia il torrente Brevenna che accoglie nella sua valle, ricca di prati e pascoli, i piccoli abitati del Comune di Valbrevenna (1500 ab.). Savignone (circa 2800 ab.) è più a valle disteso sul versante destro della Scrivia, fra una cornice di verde, ed è molto frequentato come località di soggiorno estivo.

    Ronco Scrivia.

    Nelle valli del retroterra genovese: Fontanigorda.

    La valle Scrivia, dopo pochi chilometri ancora di percorso longitudinale, entra nel solco trasversale che scendendo dal Passo dei Giovi ha segnato il tracciato della massima arteria di comunicazione fra Genova e la Pianura Padana. Lo utilizzano la carrozzabile, la camionale e la ferrovia e il traffico commerciale, insieme alle industrie che vi si accompagnano, ha mutato la fisionomia del paesaggio. Il primo centro è Busalla (5200 ab., di cui circa 2500 nel centro), divenuta una vivace cittadina, animata dall’intensissimo traffico stradale, centro commerciale per l’alta valle, nota in passato come località di villeggiatura e frequentata anche oggi; qualche industria.

    Cinque chilometri più oltre, dove la valle si allarga alquanto, è Ronco Scrivia (5200 ab. nel Comune di cui circa 2500 nel centro), centro commerciale e sede di industrie; conserva i ruderi del Castello degli Spinola. Infine, dopo un tronco di valle stretto fra pareti rocciose, ultima località ligure, Isola del Cantone (nel Comune 2900 ab.), formata dai due centri di Isola e di Cantone. Qui sfocia nella Scrivia il torrente Vobbia, la cui valle, stretta e poco popolata nell’ultimo tratto, si allarga alla testata di un anfiteatro montuoso dove trovano posto sul fondo e sui fianchi i piccoli agglomerati del Comune di Vobbia (1350 ab.), ricco di boschi, prati e pascoli, più che di colture. Invece Crocefieschi è a 740 m. a sud di Vobbia a dominio di un gruppo di vallecole che portano le loro acque al Vobbia e direttamente alla Scrivia. E diventato un frequentato centro di villeggiatura, favorito dalla bellezza del paesaggio e dalla possibilità di interessanti escursioni.

    Chiudono la serie delle vallate genovesi del versante padano la vai Trebbia e la vai d’Àveto, ambedue vallate montane con inverni rigidi e nevosi, in cui la popolazione è scarsissima (densità 35 e 32) e diminuisce, non essendo più sufficienti le risorse dell’agricoltura, allevamento (quasi tutti bovini, numerosi i muli), sfruttamento del bosco (legname, castagne, funghi), nonostante siano integrate da un notevole afflusso di villeggianti in estate; è il potenziamento di questa attività che potrà migliorarne le condizioni.

    Vi sono esempi di migrazioni invernali nelle vicine regioni. La vai Trebbia, percorsa dalla carrozzabile Genova-Piacenza, si inizia presso Torriglia e si snoda con direzione generale sudovest-nordest quasi sempre stretta, chiusa fra pendici coperte di boschi (un tempo ben più folti ed estesi), di macchie, di magri pascoli, o sistemate a fascie larghe e basse con seminativi e prati che salgono fino alla cima; rari gli alberi da frutta (pomacee, ciliegie, noci); la vite compare solo a Rovegno e Gorreto. Abbondanti e fresche le acque sorgive. Il primo Comune che si incontra nella valle è Montebruno, il cui centro capoluogo è presso la confluenza del torrente Brugneto: molto frequentato il Santuario di Nostra Signora fondato nel secolo XV. Alla testata della valle del Brugneto è Propata; Rondanina è pure sul versante sinistro; ancora più a monte è Fascia, a 900 m., ma sono tutti Comuni piccolissimi che si vanno spopolando. Sul versante destro, in un anfiteatro ondulato dominato da alti monti tra cui svetta il roccioso fianco della Rocca Bruna, a 819 m. è il centro di Fontanigorda (oltre 1000 ab. nel Comune), frequentato per la villeggiatura estiva; vi si esercitala caratteristica industria dell’esca, che si ricava da un fungo (polyporus fomentarius), che un tempo cresceva nelle faggete della valle; ora alcuni uomini del paese vanno nel periodo estivo in Calabria a farne provvista, lo lavorano in paese e quindi lo vendono in Svizzera, Germania, Francia: il caratteristico commercio ha ripreso dopo l’interruzione della guerra. Più in basso, dove il fondovalle si allarga in un’ampia conca quasi pianeggiante è Rovegno, il Comune più grosso della valle (1300 ab.).

    Vedi Anche:  La Spezia

    Rezzoaglio, tra ricchissimi boschi.

    Presso il confine con la provincia di Piacenza si incontra ancora Gorreto (lavorazione dei vimini); possiede la nota sorgente di acqua oligo-minerale del Galletto. Sembrano avviate a un promettente sviluppo come località di villeggiatura le sue frazioni di Casanova, a 870 m., e di Pietranera, a 950.

    Il tratto genovese della vai d’Aveto ha carattere alpestre e appartiene ai Comuni di Rezzoaglio e Santo Stefano d’Aveto. Questi non hanno collegamento diretto con Genova, ma li raggiunge la strada proveniente da Chiavari e dalla valle della Sturla. Il primo (poco più di 3000 ab.), è formato da un gruppo di piccoli agglomerati, dei quali i maggiori sono disseminati in una conca montana (oltre 700) dominata dal Monte Aiona (1523 m.) ed è avviato a divenire un centro di villeggiatura sempre più frequentato. Paesaggio ancora più alpestre quello di Santo Stefano d’Àveto: il capoluogo (il Comune ha 2200 ab.) sorge a più di 1000 m. in una conca circondata da alti monti ricchi di boschi e di pascoli; è molto frequentato come località di villeggiatura estiva per le sue fresche estati, punto di partenza di numerose escursioni e aperto non meno allo sviluppo del turismo invernale. Per il potenziamento di questo sarà costruita una seggiovia che condurrà ai campi di neve di Piano della Cipolla, sul Monte Maggiorasca.

    Conclusione

    La Liguria nel complesso dell’Italia

    Quali siano il posto e la funzione della regione ligure nell’Italia di oggi, risulta da quanto si è esposto nei diversi capitoli di quest’opera descrittiva.

    La Liguria, pur nella varietà dei suoi paesaggi, è una regione che ha una sua fisionomia e una sua individualità che ben la distinguono dalle altre regioni italiane; d’altra parte intimi legami la inseriscono quale elemento attivo e vitale nella vita e nella economia italiana.

    Anche se il confine amministrativo segue solo in parte la linea naturale dello spartiacque, e se ai limiti orientali la bassa valle della Magra è una zona di passaggio già fuori della Liguria vera e propria, questa, nei confini di regione marittima che — come si è detto nella parte storica — si sono delineati in età bizantina, forma una regione geografica ben distinta dalla zona padana — piemontese, lombarda ed emiliana — che con essa confina. La sua individualità le viene dal contatto col mare, da cui trae gli aspetti più caratteristici e le essenziali ragioni di vita, e insieme dai rapporti naturali col suo retroterra, rapporti che l’inserirsi nella vita nazionale italiana ha valorizzato al massimo.

    Sia per le caratteristiche naturali del paesaggio dovute al rilievo e al clima, sia per la trasformazione operata dall’uomo sul paesaggio stesso, la Liguria si distingue pure dalle altre regioni marittime italiane e dona alla patria comune un peculiare patrimonio di bellezza e di ricchezza, noto in ogni parte del mondo e valorizzato dal turismo internazionale.

    Dal punto di vista economico, col porto di Genova, affiancato da quelli di Savona e della Spezia, col suo complesso di grandi industrie, con le stesse sue zone di agricoltura intensiva, ha una funzione specifica e di primo piano nel quadro dell’economia italiana, per quanto dà in sè e al tempo stesso quale insostituibile complemento del grande complesso economico padano lombardo-piemontese ed emiliano. Milano e Torino hanno bisogno di Genova e della Liguria, e questa d’altro lato vedrebbe esaurirsi gran parte delle sue attività se fosse avulsa dalla vita della regione padana. La Liguria ha in Italia una sua specifica funzione per i.rapporti con l’Europa centro-occidentale, in particolare coi paesi del Mercato Comune e con la Svizzera, di cui i suoi porti sono uno degli sbocchi marittimi; è inoltre al centro delle grandi correnti turistiche internazionali, provenienti dai paesi europei e dalle Americhe, ed è tramite di legami col mondo intero, per la presenza di emigrati liguri in ogni continente e regione.

    La Liguria non ha dato all’Italia le opere letterarie e artistiche di primissimo piano che possono vantare altre regioni, ma le ha donato la fama dei suoi navigatori, le glorie delle conquiste commerciali di oltremare, la perizia di cultori delle scienze del commercio e delle finanze. Neppure sono mancati letterati, artisti, pensatori liguri di chiara fama, uomini e donne — non pochi dei quali elevati agli onori degli altari — che si distinsero nelle attività sociali e missionarie, e insieme si innalzarono alla contemplazione mistica. E questo in ogni tempo, anche quando vicende interne ed esterne sembrarono più avverse: basterebbe pensare che è proprio nel secolo XV, in uno dei momenti più travagliati della vita genovese, che emergono due grandi figure, tanto diverse ma pur così espressive del carattere e delle attitudini dei Liguri, Cristoforo Colombo e Caterina Fieschi Adorno, donna di eccezione non solo per le opere di assistenza e di carità che seppe suscitare, ma anche per il posto che la scuola ascetica da lei guidata ebbe nel movimento di riforma cattolica. E infine gloria imperitura della Liguria l’aver dato i natali a Garibaldi e Mazzini, che in sè esaltarono e misero al servizio della causa italiana le doti di carattere retaggio dei loro padri : l’uno — uomo di azione — il coraggio e lo spirito di intraprendenza avventuroso e insieme concreto; l’altro — uomo soprattutto di pensiero — l’austerità intelligente e la ricchezza interiore alimentata nello studio e nella meditazione.

    Il popolo ligure, pur attraverso tante vicende storiche, e pur ridotto oggi a una minoranza rispetto all’ondata di immigrati di ogni regione, ha un suo carattere che sopravvive ed è destinato a influenzare la nuova unità etnica che si viene formando.

    Concludendo: la Liguria ha trovato nella più grande patria italiana un insostituibile aiuto al maturarsi della sua ricchezza e grandezza, ma le dona bellezze naturali, conquiste umane e valori economici che ben si allineano con quelli delle altre regioni d’Italia e sono essenziali alla vita della Nazione.