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Storia del popolamento della Liguria

    Il popolamento della Liguria: dai primi insediamenti a oggi

    I Liguri nella preistoria e il formarsi del gruppo etnico della Liguria marittima

    L’uomo ha fissato la sua dimora in terra ligure fin dalla più remota antichità. Gli studi di paletnologia si sono arricchiti nelle caverne di questa regione di un gran numero di reperti che si trovano nel Museo di Archeologia ligure di Pegli, nel Museo Civico di Finale e in altri; proseguono intanto scavi e ricerche con criteri scientifici sempre più rigorosi.

    Nessun dubbio che l’uomo si sia insediato in Liguria fin dal Paleolitico inferiore. Pur con qualche riserva la sua presenza sarebbe accertata nel periodo corrispondente al Chelleano francese, cioè durante l’ultima fase interglaciale. Sicuri e numerosi i reperti del successivo periodo, che corrisponde al Mousteriano francese, cioè alla prima parte della nuova fase glaciale wurmiana.

    Le testimonianze della presenza e attività dell’uomo sono numerose soprattutto nelle celebri grotte dei Balzi Rossi, e sono associate a tracce di fauna propria del clima ancora caldo, che andava progressivamente raffreddandosi. La glaciazione non raggiunse però la Liguria, anche se il clima divenne freddo e umido: ai resti di elefante, rinoceronte, ippopotamo, negli strati più bassi, seguono quelli di camoscio, renna, ermellino, marmotta, ecc., nei più alti. Residui della fauna di questo periodo di clima freddo corrispondente alla glaciazione wurmiana si trovano anche nelle grotte del Finalese e nelle grotte recentemente scoperte e esplorate a Toirano presso Loano, dove la grotta del Pastore ha dato tra l’altro un grande scheletro di Ursus Spelaeus.

    Di questi più antichi uomini non si sono trovati però reperti ossei che ne attestino la razza, ma solo oggetti lavorati; forse con l’uso della pietra si associava già quello del legno e delle pelli; comunque non pare che fosse esercitata la pesca: la caccia doveva essere la fonte principale di vita.

    Particolare importanza rivestono i reperti del successivo periodo del Paleolitico superiore, per il quale, accanto ai manufatti e ai resti di animali, si sono trovati scheletri umani. E ancora la Riviera di Ponente a fornirci, nelle grotte dei Balzi Rossi, del Finalese, di Toirano, le preziose testimonianze della vita dell’uomo; la Riviera di Levante, solo alla sua estremità, ha dato dei reperti nella Grotta dei Colombi all’isola Palmaria.

    I resti scheletrici di questo periodo sono stati oggetto di discussione per la presenza, accanto a numerosi scheletri della nota razza di Cró-Magnon, di due celebri scheletri trovati nella grotta dei Fanciulli ai Balzi Rossi. Sono uno scheletro di vecchia e uno di adolescente rinvenuti in una fossa comune rannicchiati uno accanto all’altro; mostrano caratteri negroidi e si è pensato a un’origine africana, ma potrebbe anche trattarsi di tipi umani del periodo precedente, cioè Mousteriani degenerati.

    Comunque numerosi altri scheletri ben conservati, attualmente visibili al Museo Archeologico di Genova-Pegli, attestano l’indubbia appartenenza alla robusta razza di Cró-Magnon venuta dalla Francia, forse per l’incrudirsi del clima. Li caratterizzano la dolicocefalia, l’alta statura; sono cosparsi di terra d’ocra, sepolti in posizione studiata, e circondati di strumenti, ornamenti, suppellettili che rivelano senso religioso, vita familiare e sociale organizzata.

    Questi e molti altri oggetti manufatti dello stesso periodo rivelano una civiltà già progredita, una tecnica accurata della pietra e dell’osso con caratteri particolari, tanto che le si è dato il nome ligure di « grimaldiana » ; è un tipo di civiltà che si ripete anche in altre regioni italiane, e vi sono evidenti tracce di contatti meridionali mediterranei e nordafricani.

    Scheletro umano ritrovato nelle Grotte Grimaldi.

    Scheletro di un giovane ritrovato nella grotta delle Arene Candide presso Finale Ligure. La sepoltura è stata ricostruita nel Museo di Pegli.

    Il clima va gradatamente ritornando più caldo mentre nelle Alpi i ghiacciai si ritirano: vi corrisponde il cosiddetto Mesolitico, di cui si hanno i residui più numerosi nel Finalese. Nel successivo Neolitico la Liguria partecipa della civiltà che si è rivelata molto uniforme in tutte le coste mediterranee. L’uomo si fissa in abitazioni stabili e si formano dei villaggi, ed anche in Liguria, se pur si utilizzano ancora le caverne, vi sono certe tracce di popolamento nell’interno; accanto alla caccia, si sviluppano l’agricoltura e l’allevamento e cominciano ad aver vita degli approdi costieri che fanno scambi con l’interno attraverso vallate e valichi che conducono all’ « oltre giogo ». Accanto a raffinati strumenti di pietra, come la tipica accetta in pietra verde, si fabbricano oggetti di osso, di legno e la ceramica ha largo sviluppo e si evolve verso forme sempre più perfezionate.

    Le più note stazioni neolitiche liguri si trovano nel Finalese, nelle celebri caverne delle Arene Candide, che ha dato tutta la serie di manufatti dal Paleolitico in poi, e della Pollerà. Ma il Neolitico è stato ritrovato in altre località della Riviera di Ponente e nelle valli che vi sboccano, mentre, come già per le età precedenti, ben poco ha rivelato la Riviera di Levante, fatta eccezione ancora per la Grotta dei Colombi.

    I reperti scheletrici sono rari e attestano caratteri molto diversi da quelli della razza di Cró-Magnon; quali siano state le influenze esterne che hanno provocato questa evoluzione è questione controversa che però interessa, non la Liguria soltanto, ma tutta la zona mediterranea.

    Comunque dopo il Neolitico non vi furono più in Liguria modificazioni razziali sostanziali. Gli abitanti del tardo Neolitico erano già in sostanza gli antenati dei Liguri che vennero molti secoli dopo a contatto col mondo greco e romano; e già, accanto ai pastori e agricoltori dell’interno, gli abitanti della costa con le prime imbarcazioni solcano il mare.

    L’età dei metalli si inizia col terzo millennio prima di Cristo, ma la lavorazione dei metalli ha lasciato scarse tracce in Liguria. Da questo periodo la regione, pur ricevendo indubbie influenze da altri popoli, rimane appartata e vi si delinea il carattere di rudezza, e anche di indipendenza, di individualismo conservatore, di senso pratico alieno dalla pura contemplazione, col quale i Liguri appariranno nella storia.

    I primi abitatori della Liguria cercarono rifugio nelle caverne nella ripida costa del Finalese si apre un gruppo di grotte, tra cui la più celebre è quella delle Arene Candide.

    Pochi, si diceva, gli oggetti di metallo, ma non assenti; e accanto ad essi perdurano gli oggetti lavorati in pietra, mentre assume forme peculiari la ceramica con una tipica forma di vaso a bocca quadrata, e sono numerosissimi gli oggetti di osso. Della vita dell’uomo dell’Eneolitico in Liguria è rimasto un singolare e prezioso documento in una serie numerosissima di incisioni rupestri che si trovano nella cosiddetta « Valle delle Meraviglie » a ovest di San Dalmazzo di Tenda, in territorio francese, presso il Monte Bego. Questo doveva essere una specie di montagna sacra, a cui convenivano le popolazioni di pastori-agricoltori, e dalle incisioni si ricavano moltissimi elementi sugli strumenti agricoli, come l’aratro aggiogato ai buoi, su armi, su danze sacre, sul culto.

    Pur su un fondo comune dovettero in questo periodo delinearsi, nell’area abitata dai Liguri, ancora molto più estesa di quella che sarà agli inizi della storia, le varietà locali : si distinguono i gruppi insediati al di là delle Alpi, dove si offriva un ambiente più facile e più aperto da quelli della costa, dove si era iniziata un’attività marittima e più frequenti erano i contatti con l’esterno, mentre i gruppi accantonati nell’aspra zona montana, più di tutti si conservarono i caratteri dei rudi uomini del Neolitico; qui prevale sempre l’abitazione in caverne e si esercitano soprattutto la pastorizia e l’agricoltura. Come sempre, molto più incerte le notizie e le testimonianze per la Liguria orientale.

    Dall’età del bronzo si passa a quella del ferro e si inizia così il primo millennio avanti Cristo. Profondi mutamenti si preparano nel mondo dei Liguri, che rappresentano l’originario ceppo razziale mediterraneo in contrapposto agli Italici indoeuropei che si stanzieranno nella Penisola. E probabile che essi abbiano avuto una parte fondamentale nel popolamento di questa prima appunto che vi dilagassero le nuove popolazioni. Comunque restano ancora molti punti controversi sui contatti che ebbero con altri popoli e quindi sul formarsi di quello che sarà il vero e proprio ceppo ligure; controversa anche l’antichità e l’origine del nome, che qualcuno vorrebbe far risalire al secondo millennio avanti Cristo. La più antica testimonianza storica di questo nome è riportata, come è noto, in un frammento di Esiodo, riferito da Strabone attraverso Eratostene, in cui i Liguri sono nominati accanto agli Etiopi e agli Sciti. Non è del resto qui il caso di entrare in merito alle, pur interessantissime, questioni relative a quest’argomento; si accennerà soltanto a quanto sembra ormai accertato.

    Vedi Anche:  La Liguria nella storia

    Tra la fine del secondo e gli inizi del primo millennio a. C. si diffonde a ovest, nell’Iberia e nella Gallia, il popolo degli Iberi, a oriente si vanno stanziando Illirici, Italici, Etruschi; fra queste nuove ondate di popoli rimane in mezzo, dalla Provenza alla Toscana e dalla costa tirrenica alla Pianura Padana, il gruppo etnico rappresentante dell’antico ceppo mediterraneo: i Liguri. Ma un fatto nuovo viene a rinnovarne con germi nuovi la compagine e ad arricchirne il patrimonio culturale: un’immigrazione di genti nordiche, indo-europee, adombrate in quegli Ambrones di cui parla il racconto di Plutarco narrando come, molti secoli dopo, i Liguri combattenti ad Aquae Sextiae avrebbero in essi riconosciuto il nome dei loro antenati. Sembra che i Liguri dominassero il commercio dell’ambra che veniva da Nord; comunque, se la loro compagine etnica e il loro patrimonio culturale furono in qualche modo rinnovati dal contatto con genti del Nord, è vero non meno che i Liguri mantennero i loro tradizionali e sostanziali caratteri e furono essi ad assorbire i nuovi venuti.

    Si è ormai all’VIII secolo e nuovi avvenimenti storici interessano il mondo ligure, particolarmente i rapporti coi Greci, coi Celti, con gli Etruschi. I Greci ebbero i primi contatti e portarono le prime notizie dei Liguri nell’VIII secolo. Alla resistenza che trovarono in quelle bellicose popolazioni allude il mito di Ercole, al quale Prometeo, come si legge in un frammento di Strabone, predice le lotte coi forti Liguri. Nel VII e VI secolo i Focesi si stanziarono a Marsiglia e i Liguri presero parte attiva alla reazione contro la loro espansione; in questa reazione trovarono come naturali alleati i Cartaginesi. La lotta coi Greci durò tutto il V secolo ed è di questo periodo il moltiplicarsi dei castelli fortificati nella sezione occidentale del mondo ligure, fra Rodano e Ventimiglia. Ma quel che più interessa per il determinarsi delle caratteristiche del popolo ligure, è che i contatti con questi popoli navigatori determinarono lo sviluppo dei centri marittimi, in primo luogo di Genova, e provocarono pertanto un contrasto sempre più vivo con le popolazioni delle vallate dell’interno, che meglio conservarono quel carattere rude e bellicoso, divenuto il motivo tradizionale quando si scrive e si parla dei Liguri.

    Il mondo greco ci ha lasciato il celebre frammento di Ecateo di Mileto, il primo che mostri chiaramente definita la nozione del termine Liguria, contrapposta territorialmente alla Gallia.

    Mentre a occidente e lungo le coste avvenivano questi contatti col mondo greco, a oriente i Liguri si trovarono a contatto con gli Etruschi. Nel periodo più florido della loro potenza, nel VI-V secolo a. C., questi occuparono la zona lunense e si spinsero certo anche più ad ovest, nel Golfo della Spezia e sulla Riviera di Levante fino ad Anzo di Framura, mentre la stessa Genova ne subì l’influsso culturale; ma i Liguri tornarono nella zona lunense e apuana dove i Romani trovarono i gruppi dei Liguri Apuani e dei Liguri Friniates.

    Conseguenze ancora più importanti nel fissare l’area abitata dai Liguri e nel determinare le loro caratteristiche per tanta parte dipendenti dall’ambiente geografico, ebbe l’invasione celtica. Nei primi decenni del V secolo i Celti scesi in Provenza trasformarono le popolazioni originarie in quelli che si sono chiamati Celto-Liguri, ma non poterono spezzare la fiera resistenza delle tribù liguri stanziate a est di Monaco, gli Intemeli e gli Ingauni. Nel IV secolo l’invasione celtica penetrò nella Pianura Padana; essa separò per sempre i gruppi più settentrionali di quella che era stata la primitiva grande area del ceppo etnico dei Liguri, e ridusse questi a sud del Po, sulla costa e nelle vallate dei due versanti del grande arco montuoso che la separa dalla Pianura Padana. In questo ambiente, dalle montagne al mare, si fissarono definitivamente le caratteristiche del popolo ligure.

    La Liguria preromana entra ormai nella pienezza dei tempi storici con dei confini abbastanza definiti, dalla Provenza orientale al Po e al Serchio, e appare come un blocco etnicamente compatto, anche se l’organizzazione politica è rudimentale e sono molto vivaci le differenze e gli autonomismi dei singoli gruppi. Della storia si è fatto cenno in altro capitolo.

    Vecchio contadino.

    Quanto al carattere dei Liguri, inteso questo termine nel senso geografico di oggi, molto deve ai contatti che, nei tempi preistorici qui accennati, e in quelli storici, di cui pure si è detto, essi ebbero con altri popoli; ma moltissimo dipende dalle condizioni naturali della regione e dalla vita che queste fin dalla lontana preistoria imposero agli abitanti. Nella lotta quotidiana per conquistare la terra, povera di risorse anche quando è ricca di sole, per risalire le difficili vie del commercio attraverso le valli, per chiedere alla vita libera ma dura dei mari ciò che la terra non può dare, i Liguri hanno temprato la volontà, educandosi alla fatica, al risparmio, al senso pratico del concreto, all’austerità del costume. D’altro lato la frammentarietà del rilievo, lo spezzettarsi della costa in una serie di piccole insenature ha in ogni tempo favorito il senso dell’individualismo e dell’autonomismo dei singoli gruppi. In un passo divenuto celebre Diodoro disse dei Liguri « … le donne sono forti e vigorose come gli uomini; gli uomini come le fiere… E sono valenti e ardimentosi, non soltanto in guerra, ma anche in tutte le altre più rischiose attività… ». C’è molto di vero in queste parole anche se pensiamo ai discendenti di molti secoli dopo. Si mette in risalto la deficienza dello spirito speculativo e contemplativo, e lo si deve ammettere fino ad un certo punto, ma non è meno vero che un vivo e profondo senso religioso ha sempre animato i Liguri e che i sentimenti familiari sono sempre stati vivi e saldi.

    La Liguria ha dato all’Italia e al mondo, non solo navigatori, armatori, ammiragli, cultori della scienza delle finanze, ma anche patrioti di azione e di pensiero — basti pensare a Garibaldi e Mazzini —, grandi figure di Santi, se pur sono stati soprattutto Santi di vita attiva oltre che contemplativa, da Caterina da Genova a Giuseppa Rossello e a San Leonardo da Porto Maurizio, per non ricordare che i più noti. Nè sono mancati artisti e poeti, se pure di secondo piano in confronto ai grandissimi nomi di altre regioni d’Italia.

    Le donne liguri ebbero fama fin da età classica di essere rudi e forti non meno degli uomini.

    L’aumento della popolazione nel tempo.

    Molto scarsi e incerti i dati sulla popolazione ligure nel periodo medievale e nell’età moderna. Il numero degli abitanti si può calcolare solo in modo indiretto.

    La cronaca di Jacopo da Varagine ci dice che alla fine del secolo XIII (1293) la Repubblica allestì un’armata di 200 galee con 45.000 combattenti e che ne rimasero ancora tanti da armarne altre 40: in base a calcoli fatti, anche sulla scorta di confronti con dati posteriori, si dedurrebbe che la popolazione dell’intera Liguria marittima doveva aggirarsi intorno a 800.000 abitanti. La popolazione dovette fortemente diminuire nel tormentato secolo XV: lo confermerebbero gli Annali di Genova del Giustiniani (1535) dove si dà la popolazione per «fuochi» (quella di Genova per case) di tutti i paesi della Liguria. E il primo vero e proprio computo della popolazione, ma le cifre che se ne ricavano sono incerte, come sempre quando dal numero dei «fuochi» si voglia calcolare quello degli abitanti. Anzitutto i «fuochi» sono soltanto quelli «tassati»; inoltre il numero medio dei componenti ciascun «fuoco» è difficile a stabilirsi perchè varia da luogo a luogo e in rapporto alle condizioni generali di vita. La regione alla quale si riferisce il Giustiniani, comprendeva la Liguria marittima da Ventimiglia alla Magra e i « paesi d’oltre gioghi », cioè i territori di Novi e Ovada; attribuendo a ciascun «fuoco» 4 abitanti, si ottiene un totale di meno che 335.000 abitanti.

    Diagramma dell’incremento della popolazione nelle province liguri nell’ultimo secolo (dal 1861 al 1951).

    La popolazione dovette diminuire nel secolo XVII soprattutto per le decimazioni delle pestilenze, che infierirono anche in Liguria come nel resto d’Italia, ma non si hanno dati neppure approssimativi. I dati sul numero degli abitanti divengono più frequenti e attendibili solo con la fine del secolo XVIII: secondo un censimento del 1797, la popolazione della Repubblica, dalla quale però era escluso il principato di Oneglia, era di 603.000 abitanti. Il censimento del 1802, due anni dopo i tragici avvenimenti del 1800, quando Genova fu stretta d’assedio dagli Inglesi per mare e dagli Austriaci per terra, diede per la Liguria marittima e « paesi d’oltre gioghi » 560.860 abitanti. Un censimento eseguito nel 1838 dà per la regione (escludendo la provincia di Nizza che ne faceva ancora parte) 697.444 abitanti. Nella tabella n. 5 sono riportati i dati di questo censimento distinti per province e circondari; nella stessa tabella sono riportati anche i dati del censimento 1861.

    Vedi Anche:  Distribuzione della popolazione e tipi di insediamento

    Donne della Riviera alla raccolta dei fiori.

    Questo primo censimento italiano trovò in Liguria (confini attuali) una popolazione di 780.630 ab.; 1.573.790 ne ha trovati il censimento del 1951 ; la popolazione residente all’inizio del i960 era di circa 1.697.000 ab.; in un secolo perciò si è più che raddoppiata. Dal 1861 al 1951 l’aumento della popolazione si può ben seguire sulla scorta dei dati dei censimenti riportati nella tabella n. 6. Fino al 1921 l’incremento della popolazione ligure, salvo l’eccezione 1871-81, è stato superiore a quello complessivo dell’Italia, superando il 10% nei due decenni 1901-11 e 1911-21; ma dopo il 1921 il ritmo di aumento diminuisce e rimane inferiore a quello complessivo dell’Italia.

    Se si confrontano i dati delle quattro province liguri, si nota anzitutto la posizione dominante di Genova, che accoglie oltre il 60% della popolazione della Liguria. L’aumento percentuale è stato forte e, in complesso, costante e la popolazione vi si è più che raddoppiata, passando dai 427.500 ab. del 1861 ai 929.000 del 1951. Ancora più forte l’aumento relativo della provincia della Spezia che dai 92.400 abitanti del 1861 è passata ai 231.000 del 1951; ma la percentuale di aumento è stata meno costante: la popolazione è cresciuta soprattutto nei periodi 1861-71, 1881-1901 e 1911-21 in relazione allo sviluppo della città capoluogo come piazzaforte della Marina militare, ma si è molto ridotto negli ultimi vent’anni, in relazione alle vicende seguite alla guerra. La provincia di Savona aveva 139.500 ab. nel 1861, saliti a 244.000 nel 1951 : il suo aumento è stato quindi molto più modesto ed ha avuto oscillazioni notevoli da un decennio all’altro; ancora minore l’aumento di Imperia: da 121.000 a 169.000 abitanti.

    Il movimento naturale. Lo spopolamento della Liguria interna e l’aumento della popolazione nella fascia costiera.

    L’aumento della popolazione, di cui i censimenti ora ricordati fanno testimonianza, è solo in minima parte dovuto a eccedenza dei nati sui morti, anzi il fenomeno della diminuzione delle nascite si è verificato in Liguria in misura molto superiore alla media italiana, intensificandosi sempre più fino a collocarla all’ultimo posto fra le regioni italiane.

    Nel 1870-75, quando l’indice di natalità toccava, per la Nazione considerata nel suo complesso, circa il 37‰, in Liguria era già più basso della media, con circa il 34‰- Ma la differenza si accentua negli anni che seguono: negli anni precedenti la prima guerra mondiale, l’indice di natalità della Liguria è sceso a meno del 25‰; mentre per l’Italia si mantiene superiore al 32‰; la Liguria è già all’ultimo posto insieme al Piemonte.

    Movimento della popolazione nei comuni della Liguria nel periodo 1901-1951.

    Nel periodo fra la prima e la seconda guerra mondiale, l’indice della Liguria scende al 15‰ quando in Italia è ancora del 25‰; in questi ultimi anni raggiunge appena il 10‰. Le province che hanno sempre registrato gli indici più bassi sono Genova e particolarmente Imperia, ma ormai anche a Savona e a La Spezia la percentuale dei nati non differisce da quella delle altre due province. Contemporaneamente è diminuito l’indice di mortalità: fenomeno, è vero, comune a tutta l’Italia; in Liguria, tuttavia, le cifre di questi ultimi anni sono fra le più basse: poco più del 10‰ nella regione considerata nel suo complesso, con valori un po’ più elevati a Genova e Imperia, più bassi a Savona e soprattutto a La Spezia (meno del 9‰). Ma tali bassi valori della mortalità non sono sufficienti a compensare la diminuzione delle nascite: ormai anche nella Liguria, considerata nel suo complesso, le bare superano le culle. A Imperia e a Genova il fenomeno si ripete da diversi anni; ma anche a Savona i morti superano i nati o il numero resta inferiore di pochissime unità ; anche a La Spezia, che aveva sempre avuto una demografia più sana, l’eccedenza si è ridotta a valori minimi.

    La denatalità è quindi un fenomeno molto grave per la regione ligure; le cause, oltre a quelle generali, sono da ricercarsi nella vicinanza della Francia e nella povertà delle zone agricole, dove il fenomeno non è meno grave che in città.

    La popolazione ligure è pertanto cresciuta, specialmente negli ultimi decenni, soprattutto per eccedenza delle immigrazioni sulle emigrazioni, come conseguenza dell’attrazione esercitata dalle industrie e dall’attività marinara nei centri maggiori di Genova e Savona e del rapidissimo sviluppo della Spezia nella sua funzione di piazzaforte marittima. Lo prova la elevata percentuale di abitanti nati fuori della regione, in altri compartimenti italiani o anche all’estero (quest’ultima però è una conseguenza dell’emigrazione).

    Ma se, dall’osservazione delle variazioni della popolazione nell’intera regione o nelle province, si passa a quella dei singoli Comuni, viene messo in evidenza un altro fatto: la popolazione, negli ultimi decenni, è di fatto aumentata fortemente solo nei Comuni costieri, che hanno visto svilupparsi industrie e traffici, e tale aumento è avvenuto, non solo per immigrazione da altre regioni, ma molto anche a spese dei Comuni dell’interno. In questi ultimi, infatti, la popolazione nell’ultimo cinquantennio è diminuita, spesso con aliquote elevatissime e, se una parte degli abitanti ha emigrato fuori dei confini della Liguria, molti si sono spostati solo dall’interno alla costa: lo spopolamento del retroterra ligure è diventato un fenomeno di eccezionale gravità e ne fanno testimonianza i dati statistici delle varie zone e dei singoli Comuni. Questi ultimi sono riportati sulla cartina della pagina precedente, che meglio di qualsiasi parola esprime l’entità elei fenomeno, anche se non mette in evidenza gli spostamenti avvenuti entro il territorio dei singoli comuni, dove la popolazione ha abbandonato le sedi più disagiate, mentre si è avuto un incremento di alcuni centri situati sulle strade o in zone più favorevoli.

    La popolazione abbandona i centri più disagiati delle valli: Ca’ di Vara (valle della Vara).

    La più vasta e compatta area colpita dallo spopolamento è quella della zona montuosa occidentale dove, confrontando i censimenti del 1901 e del 1951, si va da una diminuzione del 33% nel bacino della Centa al 50% in quello della Nervia, e nella valle Roia dove però intervengono, come è ovvio, fattori particolari. Un po’ minore la diminuzione nelle montagne più vicine alla costa dei settori di Diano e di Savona (23 e 27%). Anche nelle vallate del retroterra chiavarese, la diminuzione, nel cinquantennio considerato, raggiunge ben il 21% e poco inferiore è la diminuzione nella valle della Vara in provincia della Spezia (14%).

    Le condizioni si capovolgono nei Comuni della costa, particolarmente là dove si sono sviluppate le industrie: non solo il comune di Genova registra un aumento del 72%, ma anche quelli di Savona-Vado toccano l’8o%, e il 57% di aumento si registra nel complesso dei Comuni del Golfo della Spezia.

    Nuovi centri sorgono sulla costa. il nuovissimo « Villaggio orizzonte » presso il Capo Mele (Riviera di Ponente).

    I Comuni costieri delle zone dove più si è sviluppata l’industria turistica segnano tutti degli aumenti elevati, soprattutto nella Riviera dei Fiori e, in genere, nella Riviera occidentale, con valori vicini al 60% ; un po’ minore l’aumento nella Riviera centrale e nel Golfo Tigullio (intorno al 42%). I Comuni rivieraschi che registrano l’aumento più basso, sono quelli del settore spezzino occidentale, che erano tagliati fuori dalle grandi correnti turistiche. La popolazione ha segnato invece un notevole aumento nella bassa Lunigiana dove, con l’agricoltura, si sono sviluppate alcune industrie ed è sentita l’attrazione della vicina Spezia.

    L’influenza del fattore industriale determina forti contrasti nelle vallate del versante padano, dove la popolazione diminuisce, se non vi sono industrie, come in vai Trebbia, mentre aumenta là dove queste si sono sviluppate, come nelle valli delle due Bòrmide dove è evidente l’area di forte incremento del Cairese, nella media valle della Scrivia e in quella della Stura. L’industria turistica non sembra ancora esercitare, qui come nelle vallate del versante marittimo, un’influenza decisiva: tuttavia è ad essa che si deve il lieve aumento registrato nella valle dell’Àveto.

    L’emigrazione all’estero e le correnti migratorie interne

    Un cenno al movimento emigratorio, che si può dividere, come per l’Italia considerata nel suo complesso, in tre periodi: quello anteriore alla prima guerra mondiale; il periodo fra le due guerre e l’ultimo periodo posteriore alla seconda guerra mondiale. Nel primo, per il quale si possiedono dati statistici a cominciare dal 1876, l’emigrazione segna dapprima un rapido crescendo e sale a cifre molto elevate, superando anche i 6000 emigranti annui. Messi in rapporto alla popolazione totale, le cifre dell’emigrazione ligure di questo periodo sono superiori a quelle dell’Italia considerata nel suo complesso. Nel 1884 lasciarono la Liguria 703 emigranti su 100.000 ab., mentre la media italiana fu di 500. Quindi l’emigrazione registra una flessione nell’ultimo decennio del secolo, mentre l’emigrazione totale italiana continua ad aumentare; riprende intensità nei primi anni del nuovo secolo, superando più volte gli 8000 e nel 1913 i 9000 emigranti, ma senza raggiungere cifre proporzionali alla popolazione totale così elevate come quelle che tocca in questo periodo l’emigrazione italiana globalmente considerata; anzi la Liguria segna, fra le regioni italiane, il minimo dell’intensità emigratoria: nel 1913 lasciarono l’Italia 2464 emigranti su 100.000 ab.; per la Liguria, industrie la cifra si riduce a meno di 770.

    Vedi Anche:  Savona-Vado e il complesso portuale

    Gli emigranti liguri provengono in massima parte dalla provincia di Genova, nei vecchi confini che abbracciavano l’intera Riviera di Levante, e l’emigrazione transoceanica è sempre superiore a quella diretta a paesi europei e del bacino mediterraneo, anzi è dominante, nel periodo 1885-1900, in cui più del 50% degli emigranti si diresse nella sola Argentina; seguono gli Stati Uniti e poi gli altri Stati delle Americhe e di oltre Oceano.

    Dopo il 1900 si fa più cospicua anche la corrente emigratoria che ha per mèta i paesi europei e del Mediterraneo. Nel 1913 poco meno di un terzo degli emigranti si diresse in paesi europei e dell’Africa, un altro terzo in Argentina, che è in complesso lo Stato che ha accolto il più numeroso contingente di Liguri, il 28% negli Stati Uniti e il 2% nel Brasile. Tra i paesi del continente, viene prima la Francia con più del 50% degli emigrati in paesi continentali e del Mediterraneo.

    In questo primo periodo dell’emigrazione, i Liguri che lasciano il suolo della Patria sono anzitutto agricoltori (un terzo del totale nel 1913), seguiti da operai vari e da addetti al commercio e trasporti, e sono nella grandissima maggioranza uomini. Quanto ai rimpatri, la percentuale è per la Liguria molto superiore a quella media italiana, e ci riferiamo solo ai rimpatri dai paesi transoceanici, più facili essendo per ovvie ragioni quelli dai paesi più vicini : ciò prova la grande mobilità dei Liguri, avvezzi da secoli a navigare e a cercare fuori della propria terra fonti di guadagno, ma nello stesso tempo tenacemente attaccati al paese di origine. Espressione tipica di questa mobilità è la cosiddetta « emigrazione rondinella » compiuta da gruppi di lavoratori i quali, trascorsa l’estate in patria, si recavano nell’America meridionale a passarvi l’estate australe.

    Durante gli anni della prima guerra mondiale, mentre l’emigrazione italiana diminuisce bruscamente, il flusso migratorio della Liguria continua ancora relativamente vivace, volgendosi però, per la quasi totalità, a paesi dell’Europa e del Bacino Mediterraneo.

    Margheria e pascolo di bovini nell’alta val Tanarello (Alpi Liguri).

    Terminato il conflitto, all’inizio di quella che può chiamarsi la seconda fase dell’ emigrazione italiana, la Liguria è di nuovo alla testa del movimento, e mentre per il complesso dell’Italia neppure nell’anno di massima emigrazione, il 1920, si raggiungono più le cifre del 1912-13, gli emigranti partiti dalla Liguria superano di molto le cifre più elevate raggiunte precedentemente: nel 1919 e nel 1920 lasciarono la Liguria 13.000 persone e fu superata la cifra di 10.000 anche nel 1923. Ma dopo il 1927, con la nuova politica emigratoria, gli espatrii hanno generalmente carattere temporaneo.

    In ogni modo, già nei primi anni dopo la guerra, pur continuando ancora un notevole flusso migratorio verso l’Argentina e anche verso gli Stati Uniti, la netta prevalenza spetta ai paesi dell’Europa e Bacino Mediterraneo, in modo particolare alla Francia che accolse dal 1919 al 1924 circa il 90% del totale degli emigranti diretti appunto all’Europa e ai paesi mediterranei. La tabella n. 7 riunisce i dati più significativi della emigrazione all’estero per il periodo della maggiore emigrazione: dagli inizi del movimento al 1925.

    Gli anni dopo l’ultima guerra mondiale segnano una terza ripresa nell’emigrazione italiana e anche dalla Liguria tornano a partire gli emigranti, diretti di nuovo verso i paesi transoceanici, ma le cifre sono molto modeste e si riducono a 1500-2000 o poco più.

    La Liguria è interessata solo da modesti movimenti di migrazioni interne periodiche. Nell’àmbito della regione sono da ricordare gli spostamenti giornalieri dai paesi ai centri industriali, particolarmente numerosi nel settore spezzino dove molti operai continuano a risiedere nei paesi della bassa val di Magra, della vai di Vara o della costa, perchè non hanno abbandonato del tutto il lavoro agricolo; il diffondersi dei mezzi di trasporto pubblici e privati ha anzi favorito in questi ultimi anni tale modo di abitare e si sono moltiplicate, soprattutto vicino alle strade, le case di abitazione.

    Nella « grande Genova » la popolazione addetta alle industrie abita in grandissima maggioranza nel Comune, che ha assorbito quelli che un tempo erano città e borghi distinti da Genova. Tuttavia anche qui sono numerosi gli spostamenti giornalieri e il raggio di provenienza è molto vasto: arriva da un lato fino a Savona, tanto più dopo che si sono chiusi alcuni stabilimenti industriali di questa città; dall’altro fino al Tigullio ; e si estende oltre i confini del Comune, alle valli della Polcevera-Scrivia, del Bisagno, del Teiro-Stura. Genova è anche centro giornaliero di immigrazione per la sua Università, anche se da La Spezia gli studenti frequentano più numerosi la Università di Pisa.

    Sono molto ridotti, come ancora si dirà, salvo qualche esempio nelle Alpi Marittime, gli spostamenti stagionali collegati all’allevamento del bestiame. Invece ha qualche importanza, e più l’ha avuta in passato, l’immigrazione delle « raccoglitrici di ulive » che, soprattutto dal Piemonte, scendono nella Riviera di Ponente per la raccolta delle ulive nei mesi autunno-invernali. D’altro lato qualche giovane della campagna ligure va in Piemonte nella zona delle risaie, per la monda e la mietitura del riso. I più vecchi ricordano ancora l’emigrazione che in passato era diretta dalle vallate liguri in Piemonte per la raccolta delle foglie del gelso.

    La composizione della popolazione

    Anche se non sono da considerarsi in senso proprio migrazioni stagionali, il quadro umano della Liguria riceve il suo tono più caratteristico, nei paesi della costa, dal movimento dei turisti. Anche questi hanno, come si dirà ancora, le stagioni preferite: l’estate, i periodi delle festività natalizie e pasquali, in tutta la Riviera; l’inverno, con soggiorni prolungati, soprattutto nel Tigullio e nella Riviera di Ponente, anche se questo tipo di turismo di « gran lusso » va scomparendo in confronto al turismo « di massa ». Ma ormai, col diffondersi dei mezzi rapidi di comunicazione, ogni domenica, si può dire, una folla di italiani e di stranieri si riversa nelle città della Liguria. Ed è questa folla cosmopolita di gente che cerca lo svago e il riposo che dà il tono ai centri della Liguria e forma un vivissimo contrasto coi quartieri dove ancora vive in prevalenza la popolazione locale, con le sue tradizionali abitudini di lavoro, di sobrietà, di austerità.

    A Genova, e in minor numero nei porti di Savona e della Spezia, è un’altra folla cosmopolita a dare il tono, soprattutto in alcuni quartieri o vie caratteristiche : quella dei naviganti di ogni provenienza. Si ripete del resto il fenomeno che già distingueva la vita di Genova nei secoli passati. A La Spezia è caratteristica, e ancor più lo era prima dell’ultima guerra, la presenza dei marinai delle Marine da guerra italiana e straniere.

    Ma la Liguria, come si è detto, è stata mèta di un’intensa immigrazione stabile, alla quale deve l’aumento della sua popolazione. Questi immigrati sono venuti da diverse regioni italiane.

    Il contributo maggiore lo hanno dato, soprattutto in passato, le regioni vicine: il Piemonte sia nel Genovesato e, ancora più, a Savona e nella Riviera di Ponente; l’Emilia-Romagna, specialmente nel Genovesato e a La Spezia; la Toscana; la Lombardia. Ma particolarmente negli ultimi decenni si è accentuata l’immigrazione dei meridionali. Numerose colonie divenute stabili si sono fissate nella regione della coltura floricola, dove hanno fornito la mano d’opera e dove molti hanno acquistato i terreni. Questa immigrazione, formata soprattutto da Calabresi, è stata causa anche di qualche contrasto e la fusione con la popolazione locale è tuttora lenta e difficile. Gli immigrati meridionali sono ormai molto numerosi anche a Genova, dove il flusso continua sia dalla Sicilia, sia dalle altre regioni. La Spezia è la città dove la popolazione è più eterogenea per la rapidità con cui si è sviluppata come centro militare; e di questo si farà cenno nella descrizione della città.