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Forme di rilievo e costa

    Le forme del rilievo e la costa

    Sguardo alle vicende geologiche

    Se il turista non troppo affrettato, percorrendo la costa ligure, spingendosi nelle valli e risalendo le pendici montuose, coglie tutta una gamma di varietà nell’aspetto e nelle forme del rilievo, il geologo trova nella diversa natura e giacitura delle rocce un campo di studio di eccezionale interesse e lo studioso di geomorfologia vede nelle forme di oggi il risultato di una storia quanto mai complessa e tormentata.

    Le montagne che piegano ad arco mutando direzione e circondando il mare; l’irregolare andamento dello spartiacque, che ora corre vicinissimo al mare, ora se ne allontana; il fatto che qui si pone ormai da secoli nella bassa insellatura del Colle di Cadibona, il confine tra i sistemi montuosi delle Alpi e dell’Appennino, sono già sufficiente testimonianza di questa complessità.

    Le montagne che chiudono a sud la pianura di Cuneo, culminando a poco più di 2600 metri nei Monti Marguareis e Mongioie, formano, con le catene che se ne diramano verso la costa, quella parte delle Alpi Liguri che il confine amministrativo assegna alla Liguria; qui l’ossatura delle catene appartiene ad una delle cosi-dette « falde » del piegamento alpino (v. anche volume Piemonte di questa collezione). All’altra estremità della Liguria, l’Appennino Ligure orientale fa parte di una delle falde del sollevamento appenninico, la falda ligure toscana. Ma la montagna ligure deve il suo assetto ad una serie di altri avvenimenti geologici — indipendenti dai veri e propri movimenti di orogenesi alpina e appenninica — che si continuarono attraverso il Terziario e il Quaternario. In particolare ebbe importanza decisiva nel determinarne la struttura, un movimento di epirogenesi, cioè di sollevamento, ad arco in un piano ricurvo, che accentuò la rientranza del golfo mentre determinò la dissi-metria fra il versante marittimo e quello padano.

    Ai movimenti di epirogenesi, si accompagnarono movimenti del mare, pieghe e ripieghe, incisioni di valli e spostamento dello spartiacque, come nell’Appennino orientale dove questo è rimosso a spese del versante meridionale.

    Un movimento di sollevamento epirogenetico dovette già manifestarsi nell’Oligocene, ma ecco succedere nell’Oligocene medio e inferiore una grande invasione marina, iniziando quei movimenti di avanzamento e arretramento del mare che, qual che ne sia stata la causa, hanno caratterizzato un po’ tutta la storia geologica della Liguria. Il mare oligocenico copre tutto l’Appennino Ligure occidentale, mettendo il Mar Ligure in comunicazione col golfo padano, mentre sono emerse, con modesta altezza, da un lato le Alpi Liguri, dall’altro le dorsali montuose dell’Appennino Ligure orientale. Ma alla fine dell’Oligocene, un intenso movimento epirogenetico riduce l’estensione del mare ed emerge un’ampia zona continentale, a forma di arco continuo come la Liguria attuale, molto più estesa però a spese del mare. In questo continente (detto « pontico » perchè coincide con questo piano del Miocene) i corsi d’acqua che scendono dalle Alpi e dalla parte occidentale dell’Appennino incidono le loro valli, che oggi si ritrovano sommerse dalla Roia al Bisagno, fino all’isobata di 1500 metri, lungo la quale perciò sarebbe da porsi il limite di questo continente che, degradando più ripido dal lato della Riviera di Ponente, formava ai piedi dell’Appennino Ligure orientale un’amplissima piattaforma, la Ligustide dei geologi.

    Si preparano però nuovi eventi che muteranno ancora radicalmente i connotati di questa terra: alla fine del Miocene una nuova grande ingressione marina sommerge gran parte della Ligustide e copre le valli di cui i geologi hanno ritrovato le tracce sotto la coltre marina. Nell’ultimo periodo del Terziario, il Pliocene, la costa corre, lungo la Riviera di Ponente, poco discosto da quella di oggi, però con insenature più profonde nei solchi tra le costole montuose; mentre lungo la Riviera di Levante è scoperta una cimosa continentale abbastanza ampia e mancano pertanto lungo la costa attuale sedimenti pliocenici. Un’ingressione deve esservi stata, sempre in questo periodo, in corrispondenza al solco di Cadibona.

    Siamo ormai agli albori del Quaternario. Il grandioso fenomeno della glaciazione poco interessa i non elevati rilievi della Liguria, che ospitano solo qualche piccolo ghiacciaio o nevaio locale, ma altre importanti trasformazioni modificano ancora profondamente la morfologia delle montagne liguri e il contorno della costa: da un lato movimenti di orogenesi e di epirogenesi, sia pure attenuata, dall’altro l’alternarsi di movimenti di eustatisia, cioè di regressione e invasione del mare per l’alternativo diminuire e crescere del livello delle acque.

    I primi interessano innanzitutto l’estremità occidentale della Liguria, dove il movimento di epirogenesi toccò il massimo, circa 350 metri. L’emersione fa sparire le insenature precedenti ma la depressione dell’area montuosa nella zona savonese si accentua e con essa la disarticolazione che ne è caratteristica e che separa le ultime ondulazioni delle Alpi dall’inizio delle pieghe appenniniche.

    Anche all’estremità orientale i movimenti di orogenesi attenuata del Quaternario inferiore determinano dei profondi cambiamenti nella regione del Golfo della Spezia.

    Carta geo-litologica (rifacimento dalla Carta Pedologica di P. Principi, in « L’Italia Agricola» ottobre 1950, e dalla Carta Geologica d’Italia al 100.000). i, Porfidi e porfiriti (Paleozoico); 2, Rocce gneissico-micascistose con zone arenacee e conglomerati (Paleozoico); 3, Calcari (Mesozoico – Triassico); 4, Scisti e pietre verdi (Mesozoico); 5, Argilloscisti ofiolitiferi (Mesozoico – Cretacico); 6, Calcari marnosi (Eocene); 7, Arenarie compatte (macigno) e scistose (Eocene); 8, Argille scagliose con interstrati arenacei o calcarei (Eocene); 9, Masse serpentinose entro gli scisti dell’Eocene; 10, Conglomerati (Oligocene); 11, Arenarie, marne, conglomerati (Oligocene); 12, Argille (Pliocene); 13, Alluvioni recenti.

    Il golfo non esisteva come tale ma invece, con molta probabilità, il solco segnato dall’alta e media valle della Vara si continuava fino al mare, fra quelli che poi divennero i due promontori, occidentale e orientale, dell’attuale golfo. In questi due promontori andarono affiorando, per graduale scoperchiamento, rocce antiche dell’èra mesozoica (calcari in primo luogo); il promontorio occidentale, che forma un sèguito di imponenti falesie sotto la Chiesa e il castello di Portovenere e sul lato esterno delle isole della Palmaria e del Tino, appare come una pila monoclinale che rappresenta il residuo di una anticlinale fortemente erosa. Rocce antiche si trovano nel promontorio orientale che separa il solco dalla bassa valle della Magra. All’inizio del Quaternario, movimenti di orogenesi attenuata sollevano le montagne che ora chiudono il Golfo della Spezia a nordovest, separandolo dalla valle della Vara; questa viene trasformata in un lago che fa parte di una serie di altri laghi di questo periodo geologico. L’attuale golfo rimane allora come un tronco di valle decapitato che, con l’ultima ingressione marina quaternaria, verrà invaso dal mare nè potrà essere colmato da alluvioni perchè vi sfociano solo piccoli torrenti senza importanza. Intanto, anche il lago della media valle della Vara si svuotava per il formarsi del tronco fluviale col quale il fiume raggiunge la Magra: una stretta valle tra i massicci del Monte Croce e dell’Alpicella.

    Quanto ai movimenti del mare, durante la fase glaciale si ha una generale regressione, che lascia scoperta un’ampia cimosa ai piedi del continente pliocenico. Al ritirarsi definitivo dei ghiacciai, una ingressione marina, forse per una trentina di metri di altezza, torna a strappare nuovi lembi alla terra. Il terrazzo quaternario è ben visibile in più punti della costa ligure, particolarmente nella Riviera di Ponente, mentre a una trentina di metri sotto le più recenti alluvioni si ritrova nelle pianure litoranee il fondo roccioso. Si formano le isolette della Palmaria, del Tino, di Bergeggi, Gallinaria.

    Ormai l’uomo vive sul suolo ligure e nei suoi primi insediamenti, precedenti all’ultima fase glaciale, si rifugia in grotte scavate dall’abrasione marina. Dai tempi preistorici ci si affaccia agli albori della storia.

    La complessa storia geologica della Liguria è messa a nudo lungo la costa Riviera di Levante, nelle « Cinque Terre ».

    Ma ancora mutano i connotati di questa terra, soprattutto muta il contorno della costa, sia per l’azione costruttrice dei corsi d’acqua, sia per l’azione del mare che incide le coste alte e variamente favorisce od ostacola la formazione delle spiagge.

    In età storica ormai recente, dopo il Medio Evo e particolarmente nei secoli XVII e XVIII, si ha una fase di generale avanzamento della costa tutto là dove qualche corso d’acqua ha costruito una pur breve pianura litoranea. Invece il secolo XIX segna un periodo di avanzamento del mare e arretramento della costa, come ancora si dirà.

    Anche all’interno, sui fianchi delle colline e delle montagne, gli eventi geologici hanno impressa la loro storia nell’erosione delle valli con fenomeni di erosione ripresa e riattivata. E come per i rapporti fra terra e mare, la trasformazione continua anche nei tempi storici mentre già l’uomo è divenuto il grande trasformatore del paesaggio, nè mancano esempi di erosione accelerata e di fenomeni carsici.

    All’estremità del Promontorio di Portofino: erosione del mare nel conglomerato.

    Grotte di abrasione nel Finale.

    I fenomeni carsici sono frequenti nella sezione più occidentale delle Alpi Liguri, formate prevalentemente da rocce calcaree, e ritornano nell’Appennino Ligure orientale dove è pure abbastanza frequente la presenza di rocce calcaree. Imbuti, « fontane », sorgenti — tra cui quelle che alimentano gli acquedotti di Albenga e di Alassio — si trovano nelle Alpi Liguri. Di svariati fenomeni carsici è ricca la formazione calcarea del Finalese: nella caverna delle Arene Candide, famosa per i reperti paleolitici, ora posta a un’ottantina di metri sul mare, si sono associate l’erosione marina nella parte esterna, un tempo raggiunta dal mare, e l’erosione carsica nell’interno; collegate con l’erosione carsica, sono le caverne dell’interno, tra cui quelle molto note della Pollerà, delle Fate, dell’Arma di Via, in parte forse dovute all’azione di correnti sotterranee e apertesi come grotte quando furono incise le valli attuali.

    I fenomeni carsici si ritrovano nei calcari della regione del Golfo della Spezia dove sono caratteristiche caverne e « sprugole ». Si dà questo nome a delle caverne-inghiottitoi o comunque collegate con cunicoli e caratterizzate dalla emissione di acqua. La « sprugola » per antonomasia è una polla di acqua dolce in rapporto con la circolazione carsica che zampillava nel mare ed è rimasta inclusa nel territorio dell’Arsenale militare (una delle cui porte si chiama appunto « Porta Sprugola ») ; nel recinto di questo vi era anche una sprugola con un piccolo laghetto, che fu colmato.

    Altri esempi di fenomeni carsici non mancano qua e là nell’Appennino orientale, come nell’alta vai Graveglia il « Prato di Oneto », che è il fondo di un lago carsico temporaneo, col quale sarebbe collegata una grossa sorgente che sgorga poco più sotto, presso il piccolo paese di Statale.

    Quanto ai fenomeni di erosione, si può anzitutto ricordare come nelle falesie più o meno alte della costa ligure si presentano tutti i più diversi e pittoreschi aspetti dell’abrasione marina: grotte, ponti, scogli con le più svariate forme che hanno valso spesso nomi caratteristici, ammassi caotici di rocce che l’alternarsi delle tinte e la diversa disposizione degli strati rende ancora più pittoreschi. Gli esempi più grandiosi di rupi a picco si trovano ai due estremi della Riviera, ai Balzi Rossi, presso il confine francese, e nel promontorio occidentale del Golfo della Spezia, da Portovenere alle isole della Palmaria e del Tino. In particolare sono un elemento pittoresco della costa le numerose grotte di abrasione. Alcune, già scavate dal mare in epoche geologiche passate, furono dimora dell’uomo paleolitico: così quella di Bergeggi, le grotte dei Balzi Rossi, nell’estrema Riviera di Ponente, la « grotta dei colombi » nell’isola Palmaria.

    Vedi Anche:  La Liguria nella storia

    Ma non è solo la costa ad offrire esempi di erosione pittoresca: anche se non vi si accompagnano le tinte suggestive del mare, gole, torrioni, finestre, ponti di roccia, forme bizzarre si trovano molto spesso nei monti liguri sia nelle zone calcaree, sia nelle altre rocce. Ecco, tra le forme più caratteristiche, il grande torrione calcareo di Castel dell’Ermo nella vai Pennavaira presso la Colla d’Onzo, che ha il poetico nome di «Donna Lucrezia»; nella stessa zona, arcate e rupi a incisioni singolari; ecco nelle pietre verdi presso Pegli un’altra roccia scolpita in forma di profilo, mentre nelle arenarie del Reopasso, presso Crocefieschi, si vuol riconoscere un profilo di lumaca! E ancora ricordiamo le forme fantastiche della zona del Finalese, i « funghi » di Camponuovo, presso Millesimo, il cui cappello di arenaria poggia su un gambo marnoso.

    Le piogge spesso torrenziali, le piene dei torrenti che ne conseguono, provocano con grande frequenza in Liguria, sia sulla costa, sia nell’interno, alluvioni e fenomeni di erosione accelerata, specialmente frane, che interrompono la viabilità, causano danni alle colture, ai boschi, agli abitati e di cui è molto frequente vedere, quasi gigantesche cicatrici, le aree di distacco. Le condizioni che le provocano sono variabili: disgregarsi di rocce massicce, per la presenza di fratture e l’interporsi di rocce tenere — così nelle Cinque Terre, così alle Rocche di Sant’Anna fra Sestri e la pianura di Chiavari —; presenza di talco che si imbeve di acqua diventando lubrificante e funzionando da piano di scivolamento, caso frequente nella zona delle pietre verdi; rammollimento per assorbimento di acqua in zone argillose e argillo-scistose; senza contare le frane costiere dovute all’azione del mare.

    Un tratto della valle della Vara, nell’Appennino orientale, scavato entro le arenarie compatte dell’Eocene.

    Le forme di escavazione e accumulo glaciale sono assai rare nella zona montuosa compresa entro i confini della Liguria; si riducono a qualche esempio nell’Appennino Ligure orientale, come nelle zone del Monte degli Abeti, nell’alto bacino dell’Avete dove si vedono, presso Magnasco, dei piccoli laghetti di circo e il lago delle Lame, sul pendio, sbarrato da depositi morenici; qualche traccia glaciale si osserva nel Monte Maggiorasca. Altrove eventuali testimonianze dell’azione glaciale sono discutibili.

    Complessità di movimenti orogenetici ; varietà nella costituzione litologica e morfologica: la Liguria ha tutte le caratteristiche delle terre giovani, cioè instabilità, che si traduce nella sismicità piuttosto intensa, varietà di aspetti, asprezza di forme.

    Quanto ai movimenti sismici, tutta la Liguria a ovest del Passo dei Giovi, e specialmente la regione costiera da Alassio a Ventimiglia, è caratterizzata da intensa sismicità e fu scossa più volte da gravi terremoti. Il più recente colpi la Riviera di Ponente il 23 febbraio 1887 e fu accompagnato da fenomeni di maremoto con varia intensità nei diversi punti della costa. Particolarmente colpito fu il centro di Diano, ma tutti i paesi della costa fino a Ventimiglia e a Nizza sentirono gli effetti dell’intenso movimento sismico. Molto minore la sismicità sulla Riviera di Levante, mentre torna ad accentuarsi nella valle della Vara e in particolare nell’alta valle con Varese Ligure e il Passo delle Cento Croci.

    I paesaggi della montagna ligure: le Alpi e l’Appennino

    Geologia e morfologia determinano una triplice divisione dei rilievi della Liguria: Alpi Liguri, dal confine con la Francia al Colle di Cadibona; Appennino Ligure occidentale, dal Colle di Cadibona al Passo dei Giovi, sezione montuosa che per le sue caratteristiche geologiche e morfologiche può considerarsi come zona di passaggio fra le due catene; Appennino Ligure orientale, dal Passo dei Giovi alla valle della Magra.

    Delle Alpi Liguri — che fanno parte della più vasta sezione alpina denominata Alpi Marittime, e che si estendono dal Col di Tenda al Colle di Cadibona — appartengono alla Liguria quasi tutto il versante marittimo e brevi lembi del versante padano (alte valli del Tanaro, o meglio del suo affluente Tanarello, della Bòrmida di Millesimo e della Bòrmida di Spigno). La diversità della costituzione geologica e anche della morfologia suggeriscono di dividere questa regione montuosa in due sottosezioni: una occidentale che si estende fino al solco segnato dalla valle del Tanaro e da quella della Pennavaira, affluente della Neva, e una orientale da questo solco fino al Passo di Cadibona. Nella sezione occidentale, dove la Liguria comprende il solo versante marittimo, il centro orografico è formato dal Monte Saccarello (2200 m.), che è anche un nodo idrografico notevole perchè da esso hanno origine alcuni affluenti dell’alto Roia, il Tanarello e l’Argentina. La dorsale del Monte Saccarello, che a sua volta fa parte di una catena montuosa che si riallaccia alla Punta Marguareis, si biforca in due dorsali: su quella più occidentale, che culmina a 2138 m. nella Cima Marta e supera con diverse altre i 2000 m., passa il confine tra la Liguria e la Francia; l’altra si dirige verso est e culmina coi Monti Frontè, che supera i 2000 m. (2153 m.) e Mònega (1882 m.), diramandosi in vari contrafforti (Monte Pellegrino, Carmo di Brocchi, Monte Grande) e dividendo l’alta valle del-l’Arroscia da quella dell’Argentina. Questo paesaggio può già dirsi di alta montagna e ammantandosi di nevi nell’inverno, offre a pochi chilometri dalla Riviera di Sanremo e di Imperia, tutte le attrattive della montagna e degli sports invernali. Alte montagna inquadrano la valle del Tanarello superando i 1500 m. e una dorsale montuosa dirette in senso est-ovest, continuando ad oriente del Col di Nava, chiude a settentrione la valle longitudinale dell’Arroseia, toccando ancora i 1500 m. nella Rocca di Penne. A sud della valle dell’Arroscia, una serie di dorsali montuose dirette in senso perpendicolare o diagonale alla costa, separa le vallate della Nervia, dell’Argentina e dell’Impero; la più alta culmina a oltre 1600 m. nel Monte Ceppo, alta groppa di arenarie molto resistenti tra i bacini della Nervia e dell’Argentina. Raggiunge i 1300 m. il Monte Bignone a soli 7 km. dal mare, dominando l’anfiteatro di monti che forma lo sfondo dell’insenatura di Sanremo.

    Monte Saccarello, m. 2200.

    Veduta della Cima Marta.

    Le rocce che costituiscono questa sezione delle Alpi Liguri, che si appoggia alla falda alpina del Gran San Bernardo, hanno ben poco di alpino: è infatti formata da terreni del Terziario (Eocene), in gran parte calcari; le montagne hanno profili piuttosto cupoleggianti, salvo qualche zona ove i calcari sono più resistenti o vi si sostituiscono le arenarie.

    Al di là della valle longitudinale della Pennavaira mutano la costituzione geologica e la morfologia. Lo spartiacque principale infatti si avvicina al mare, dal quale dista in media non più di 10 km., e si fa spiccatissima la dissimmetria tra i due versanti, dei quali anche quello settentrionale appartiene in parte alla Liguria: da un lato brevi dorsali montuose, rotte da gole di torrenti precipiti, scendono ripide nel mare; dall’altra ampie valli scendono verso la zona collinosa delle Langhe e del Monferrato portando il tributo delle loro acque nel Po. La dorsale spartiacque non raggiunge mai i 1500 m. : tocca le cime più elevate al Monte Carmo (1389 m.), al Settepani (1386 m.) e al Monte Alto (956 m.). Muta del tutto in questa seconda sezione delle Alpi Liguri anche la costituzione delle rocce, che ricordano quelle alpine, mentre per la modesta altezza nessuna somiglianza vi è con i giganti della grande catena. Ai calcari dello Eocene succedono rocce di età paleozoica — masse eruttive costituite da porfidi e graniti, accompagnati da gneiss e scisti —, precedute verso il mare da una fascia di rocce del Mesozoico — scisti e calcari del Trias, marne e arenarie del Cretacico —, mentre rimane fuori dai confini liguri la formazione miocenica e pliocenica caratteristica delle Langhe e del Monferrato che si stende ampiamente sul versante padano.

    Nella formazione paleozoica non mancano i terreni del carbonifero e fa la sua comparsa un giacimento — non sfruttabile tuttavia industrialmente — di antracite.

    Le Alpi Marittime dal Col di Nava.

    Nella regione del Finalese: una grotta scavata dall’erosione marina.

    Variazione della linea di spiaggia e del corso del fiume Centa nella pianura di Albenga: in colore i corsi d’acqua e la costa in età romana (da N. Lam-boglià, « Albenga romana e medievale », Ed. Istituto internazionale di studi liguri, 1957).

    Le rocce eruttive formano rilievi che, pur essendo di modesta altezza, assumono il profilo aspro e dirupato delle alte montagne più resistenti all’erosione, ma prevalgono gli scisti che appaiono modellati in pendii più dolci. Calcari e arenarie del Mesozoico formano lungo la costa dei promontori assai ripidi e cime caratteristiche come la Rocca Barbena, con strati verticali. Una formazione geologica particolare è quella della cosiddetta «pietra di Finale»: qui, sugli strati calcarei raddrizzati verticalmente e obliquamente del Triassico, poggia una formazione di calcare a strati orizzontali del Miocene, a grana ora più grossa ora più fina, di colore roseo, ricca di fossili marini; di questo singolare paesaggio si parlerà ancora nella parte descrittiva.

    Le Alpi Liguri si affacciano al mare protendendovisi con dei caratteristici « capi » all’estremità delle dorsali che se ne diramano; tra l’una e l’altra trovano posto delle « marine » in genere poco ampie che furono golfi del mare pliocenico, poi riempiti dalle alluvioni del Quaternario. Una più ampia insenatura del mare pliocenico si è trasformata nell’unica pianura alluvionale che meriti questo nome: la piana di Albenga, che oggi si estende per circa 6 km. da sud a nord, tra le pendici del Colle San Martino, a sud di Albenga, e quelle del Monte Santa Croce, per circa 5 da ovest a est nella parte centrale, mentre si prolunga più internamente in corrispondenza ai corsi dell’Arroscia e della Neva.

    Nel golfo pliocenico sfociavano separatamente i quattro corsi d’acqua che oggi formano il bacino della Centa: Lerrone, Arroscia, Pennavaira e Neva. Un sollevamento alla fine del Pliocene, facendo inclinare verso il mare i sedimenti marini, provocò l’unione del Lerrone con l’Arroscia e della Pennavaira con la Neva, che dirigendosi a sudest diventerà affluente dell’Arroscia formando così la Centa.

    Il ritiro del mare nella prima fase del Quaternario favorì il formarsi della pianura, poi invasa parzialmente dalla seguente ingressione: è ben visibile il terrazzo del Quaternario antico sulla sinistra della Neva, alto una trentina di metri sulla recente pianura costruita dalle alluvioni della Centa. La pianura continuò ad estendersi e a trasformarsi anche in età storica e lavori di bonifica furono tentati o eseguiti più volte. Le trasformazioni più importanti degli ultimi secoli furono: l’abbassamento del suolo per costipamento, al tempo stesso che vi si depositavano nuove alluvioni; e la deviazione del corso della Centa. In età romana e medievale il fiume sfociava infatti a nord della città, come attesta il grandioso « Ponte Lungo ». Ma le alluvioni, particolarmente copiose nei secoli XVI e XVII, fecero rialzare il letto del fiume, che cominciò a divagare e a inondare sempre più disastrosamente la piana. Una violenta piena nel 1651 deviò parte delle acque a nord, dove è il fosso di Antognano, ma in seguito a successive inondazioni il fiume finì per deviare nella direzione della Neva, a sudest, aprendosi il letto attuale.

    Vedi Anche:  Savona-Vado e il complesso portuale

    La piana rimase a lungo paludosa e vi furono più volte eseguite opere di incanalamento e di bonifica. Nel 1751 il noto ingegnere cartografo della Repubblica di Genova, Matteo Vinzoni, costruì una carta della piana e studiò un progetto di sistemazione. Con la seconda metà del secolo XIX, mentre cessa l’accrescimento della pianura e anzi il mare avanza a spese della costa, vengono compiute le opere di bonifica ed una radicale trasformazione agricola muta l’aspetto del paesaggio.

    Ad oriente della profonda insellatura del Passo di Cadibona, che scende a 460 m., depressione così bassa che in tutto il crinale appenninico non si ripeterà più fino alla soglia di Marcellinara, ha inizio l’Appennino Ligure occidentale. In realtà, tutta la sezione montuosa fino al Colle del Giovo segna una depressione, poiché le cime più alte della catena spartiacque superano appena gli 800 m. : è la depressione savonese che segna la fine del sistema alpino. Al di là del Colle del Giovo, l’Appennino inizia col massiccio serpentinoso del Mesozoico, detto « Gruppo di Voltri » : è costituito dalle cosiddette « pietre verdi » caratteristiche delle Alpi Occidentali, cioè serpentine, peridotiti, eufotidi, diabasi associate come in quelle a rocce scistose, calcescisti e micascisti, a volte anche trasformate in brecce a cemento calcareo. Coperta dalle acque del grande mare oligocenico, questa sezione occidentale dell’Appennino emerse in seguito al successivo movimento epirogenetico e rimase poi sempre allo scoperto.

    Dal punto di vista morfologico, l’Appennino occidentale ricorda la precedente sezione delle Alpi Liguri perchè lo spartiacque corre ancora vicinissimo al mare fino a distarne solo 5 km., e spiccatissimo è il contrasto fra il breve e ripido versante marittimo e il versante padano verso il quale scendono lunghe dorsali montuose e collinose, separate da ampie valli trasversali: di queste appartengono alla Liguria le alti valli dell’Erro, Orba, Stura, Gorzente. Molto vivo il contrasto fra le forme aspre e il colore scuro, talvolta nerastro, delle « pietre verdi », quasi sempre nude, e i pendii più dolci delle rocce scistose, rivestiti di vegetazione.

    Monte Lecco (m. 1072); nella zona delle «pietre verdi» nell’alto bacino del Verde, a nordovest di Genova.

    Le cime più alte della catena spartiacque sono: il Monte Beigua (1287 m.), l’Ermetta (1267 m.) e il Bricco del Dente (1107 m.).

    Al di là del solco formato dalle valli della Polcèvera e della Scrivia col Passo dei Giovi (472 m.), muta il paesaggio e si entra pienamente nel mondo appenninico: le catene assumono infatti l’orientamento da nordovest a sudest proprio dell’Appennino e, ciò che costituisce la caratteristica orografica più importante per la quale la Liguria orientale differisce nettamente da quella occidentale, si affiancano più catene succedendosi come le quinte di un teatro. Non più brevi contrafforti montuosi scendenti ripidi al mare, ma ampie valli longitudinali formano la caratteristica del versante tirrenico, al quale si contrappone il versante padano con le sue valli trasversali che scendono verso la pianura padana.

    La costa diviene quanto mai ripida e diritta perchè le catene che corrono longitudinalmente ad essa separandola dalle vallate dell’interno, ne distano solo qualche chilometro, sicché scendono ripidissime sul mare. Il contrasto maggiore è perciò qui tra la costa e le vallate longitudinali. La prima di tali vallate è quella percorsa dal torrente Lavagna o valle di Fontanabuona : è separata dal mare da una catena che non raggiunge i 900 m. mentre dall’altro lato la catena spartiacque tocca la massima altezza al Ramaceto (1345 m.); alla sua testata è il Passo della Scoffera da cui si accede nelle valli della Trebbia e della Scrivia, che nel primo tratto ha direzione longitudinale continuando così il solco della vai di Lavagna. Le cime maggiori dell’Appennino (Antola 1597, Oramara 1523, Maggiorasca 1803, Penna 1735 m.) sono al di là dello spartiacque principale, ma si trovano in territorio ligure poiché il confine amministrativo lascia alla Liguria le alte valli della Scrivia, Trebbia, A veto; è invece sullo spartiacque, alla testata del bacino della Sturla (Entella), il Monte Aiona che tocca i 1700 metri. Può dirsi questa la montagna di Genova e della Riviera di Levante che, con i suoi boschi, i suoi prati, l’ampio mantello nevoso invernale, ricorda le Alpi Liguri dell’altro capo della regione.

    La seconda valle longitudinale è quella percorsa dalla Vara, che si continua poi nella bassa valle della Magra, mentre anche il Golfo della Spezia dal quale è relativamente facile il passaggio verso la valle della Vara, può considerarsi una valle longitudinale parzialmente sommersa. La catena costiera resta inferiore ai 900 metri, ma la catena più interna, che separa la valle della Vara dall’altra valle longitudinale percorsa dall’alto e medio corso della Magra (Lunigiana), tocca i 1640 metri al Monte Gòttero, alta cupola di arenaria, e 1162 metri al Cornoviglio: su di essa corre il confine amministrativo ligure-toscano.

    Da Portofino Vetta la vista si allarga sulle montagne dell’Appennino orientale.

    Sono caratteristiche dell’Appennino Ligure orientale le valli longitudinali: la bassa valle della Magra e, nello sfondo, il Golfo della Spezia.

    Le rocce che costituiscono questa parte orientale dell’Appennino Ligure sono in parte quelle caratteristiche dell’Appennino Settentrionale, cioè arenarie, specialmente verso est, talora molto compatte (macigno) e calcari, specialmente verso ovest, attribuiti all’Eocene, frammisti a scisti e argille scagliose (valle di Fontanabuona, bacino della Vara e anche alcuni lembi della costa) : queste si modellano in pendii più dolci, mentre il macigno assume forme più aspre. Entro questa formazione terziaria si insinua una massa di rocce eruttive ofiolitiche, che si innalzano nude e dirute dai pendii boscosi delle rocce scistose, formando la dorsale dei Monti Mag-giorasca, Penna, Aiona, spingendosi fino al mare da Monterosso a Deiva con masse di serpentine, eufotidi, diabasi e anche gabbri rossi, compatte o trasformate in brecce (come il « verde » e il « rosso di Levanto »). Frammenti di masse serpentinose si trovano anche nell’alta valle della Vara e si distinguono dalle forme cupoleggianti e dai pendii erbosi delle altre montagne, per le loro forme aspre e perchè sono quasi sempre, verso la costa come nell’interno, nude di vegetazione. Infine, nei due promontori che chiudono il Golfo della Spezia, compaiono, come già si è detto, rocce più antiche: calcari del Mesozoico, talvolta —come nel promontorio di Portovenere — associati a scisti marnosi, modellate in montagne cupoleggianti coperte di boschi e macchie; nel promontorio occidentale, più alto, si avvicina ai 700 m. il Monte Parodi; in quello orientale non si toccano i 500.

    E compresa nei confini della Liguria l’ampia valle pianeggiante della bassa Magra, che si continua lungo il mare nella piana di Luni, dominata dalle Apuane. E larga da 2 a 5 chilometri e dalla confluenza della Vara, al limite meridionale della provincia, si allunga per circa 17. E una tipica pianura alluvionale costruita dalla Magra, che ha avuto l’attuale assetto nel Quaternario e si è estesa anche in epoca storica. E ormai del tutto prosciugata e bonificata, e delle opere di sistemazione e canalizzazione si parlerà nel capitolo dedicato alla bassa Lunigiana.

    La costa

    La costa ligure è una tipica costa alta e frastagliata, il cui aspetto, nelle linee generali, è dovuto alle vicende geologiche di cui si è parlato, nei dettagli è il risultato in piccola parte degli apporti alluvionali dei corsi d’acqua, in gran parte dell’intensa abrasione marina e della varia costituzione delle rocce che oppongono maggiore o minore resistenza all’azione demolitrice del mare. Il vento che solleva le onde più alte (fino a 5-6 m.) è il libeccio; lo scirocco è frequente ma non solleva mai onde superiori ai 2 m. : è caratteristico l’aumento del livello del mare che a volte precede lo spirare dello scirocco; violenti anche i venti di mezzogiorno. Imponenti mareggiate colpiscono spesso la costa ligure; alcune sono passate alla storia, tanta è stata la loro intensità: ricordiamo quelle del Natale 1821, del 1898, del 1937 e, in tempi a noi vicinissimi, la mareggiata che colpì tanto duramente il porto di Genova nel febbraio 1955. L’onda di marea ha invece importanza trascurabile: a Genova varia da 25 a 35 cm. ; le escursioni massime toccano i 60 centimetri. Neppure vi sono correnti litoranee tali da influire, notevolmente, per intensità o per regolarità, sulla formazione delle coste. Non sono, d’altra parte, accertati attuali movimenti di bradisisma.

    Paesaggio dell’Appennino Ligure orientale nella zona delle «pietre verdi »: il Passo del Bracco, con la via Aurelia (m. 615).

    I fondali sottomarini, a breve distanza dalla costa, scendono rapidamente a grande profondità specialmente lungo la Riviera di Ponente, dove l’isobata di 200 metri corre a meno di 10 km. dalla costa e l’isobata di 2000 m. a meno di 20. L’arco del golfo ligure si continua anche in profondità, come lo mostrano le isobate fino a 2000 metri.

    L’azione demolitrice del mare ha, come si è detto, effetto diverso secondo la natura delle rocce e la disposizione degli strati, ma sulle coste alte dovunque il mare guadagna a spese della costa; la deposizione delle arene è scarsissima e queste vengono rigettate al largo dopo essere state scagliate contro le falesie costiere.

    Gli studi sulle variazioni di spiaggia negli ultimi secoli hanno messo in evidenza che, pur variando sensibilmente le condizioni da luogo a luogo, per la presenza di promontori e per l’esposizione più o meno aperta al vento di libeccio, in tutte due le Riviere, di Levante e di Ponente, dalla fine del Medio Evo fino ai secoli XVII-XVIII, si è manifestato un generale avanzamento delle « marine » e comunque delle spiagge alluvionali, avanzamento che nello stesso periodo si verificò su altre spiagge italiane. Esso fu sensibile specialmente dove sfociano i maggiori corsi d’acqua, come nella piana di Albenga, dove raggiunse circa 150 m., nella pianura Chiavarese, dove fu ancora molto maggiore, ma è stato evidente anche in altre spiagge meno estese, come quelle di Loano, di Alassio, di Vado, di Sestri Ponente (qui superò i 300 m.), di Sestri Levante ed altre ancora.

    La caratteristica penisoletta detta ancora « Isola » a Sestri Levante,

    Un particolare dell’alta costa rocciosa delle « Cinque Terre » una piccola ciazza rocciosa a Manarola.

    Sono i secoli in cui sulle montagne liguri i boschi vengono tagliati per lasciare via via il posto alle colture e perciò i corsi d’acqua aumentano la loro forza erosiva. Ma con il secolo XIX, dove prima, dove con qualche ritardo, si manifesta in quasi tutta la Riviera il fenomeno contrario che assume fasi acute verso la metà del secolo e nei decenni seguenti. Non solo le spiagge non si accrescono più, ma il mare le corrode, le riduce, avanza fino a minacciare o colpire direttamente strade, case, abitati. La causa di questo cambiamento che ha fatto sorgere tutta una serie di opere difensive — scogliere, « pennelli », dighe — va forse ricercata anzitutto nell’intenso alluvionamento dei secoli precedenti: innalzandosi l’alveo dei corsi d’acqua, ne diminuì la pendenza, perciò i materiali si andarono accumulando nel letto dei fiumi invece di raggiungere la foce e contribuire alla formazione della spiaggia. D’altra parte le opere di arginamento impediscono alle alluvioni di depositarsi ai lati del corso d’acqua durante le piene e i materiali vengono portati al largo dalla corrente. Anche l’azione del mare ha avuto delle oscillazioni di intensità, ma è pure diminuita la quantità delle alluvioni: infatti i lavori di sistemazione idrica e di bonifica montana di questi ultimi decenni e la difesa contro le frane, hanno fatto diminuire l’erosione dei torrenti montani e quindi l’afflusso di materiale alluvionale sulla costa. Anche le bonifiche di zone paludose vicine alla costa hanno avuto per effetto la costipazione dei materiali incoerenti e perciò un abbassamento del suolo che ha favorito l’avanzamento del mare.

    Vedi Anche:  Nome, confini, popolazione ed area della Liguria

    Scogliera a Portovenere nel Golfo della Spezia.

    L’azione distruttrice del mare minaccia strade e abitati: la costa a Borghetto S. Spirito.

    Perciò anche l’uomo, che pur lotta per difendersi da questa ripresa offensiva dell’azione del mare, ne è stato in parte la causa. Le stesse opere difensive costruite con troppa precipitazione hanno avuto qualche volta effetto contrario, riparando una spiaggia, ma insieme impedendo il depositarsi delle alluvioni portate dal moto ondoso su un’altra. Le costruzioni vicine alla costa — banchine, strade, abitati — possono aumentare l’azione distruttiva del moto ondoso, perchè l’onda frangendosi su di esse e poi tornando indietro, scalza la spiaggia e la riduce sempre più, portandone lontano i materiali.

    L’esempio più segnalato di un forte arretramento della spiaggia nel secolo XIX, in contrapposto ad un forte avanzamento nei secoli precedenti, si è avuto nella spiaggia dolcemente arenata che va dal Capo Madonna delle Grazie alle Rocche di Sant’Anna, con l’abitato di Chiavari a destra dell’Entella, e quelli di Lavagna e Cavi a sinistra. Furono le alluvioni dell’Entella a formare la pianura, che ha una lunghezza di circa 7 km. ed una larghezza massima di 1,5. I portici medievali della città di Chiavari erano a poca distanza e paralleli alla spiaggia, e presso questa si trovava la cittadella, costruita nel secolo XV. Intenso fu quindi l’avanzamento della spiaggia nei secoli seguenti : la linea di « battiglia » fu portata di circa 500 m. più avanti e ancora più intenso fu l’accrescimento alle foci dell’Entella e al di là del fiume, dove, dall’età romana in poi, si formò la spiaggia, prima inesistente, che si estende da Lavagna a Cavi. Ma dopo il secondo decennio del secolo XIX si cominciò a manifestare il fenomeno contrario, intenso soprattutto davanti a Chiavari, mentre le alluvioni continuarono a depositarsi davanti a Cavi. L’arretramento fu rapido, specialmente fino al 19io: in un secolo il mare ricoperse 200.000 mq. di superficie già emersa. Dopo il 1910 si sono alternate fasi di stasi e di avanzamento contro cui si sono attivamente cercati i mezzi di difesa.

    Della spiaggia di Albenga si è già fatto cenno ma, pur con variazioni notevoli, di tempo, di modo, di entità, lo stesso fenomeno di avanzamento del mare si è manifestato e si manifesta su tutte o quasi le spiagge liguri, per cui si sono moltiplicate, come già si è detto, le opere di difesa di ogni specie, anche perchè l’afflusso dei turisti cerca sempre più sfogo nelle spiagge.

    La disposizione dei rilievi, normali o paralleli alla costa, l’alternarsi di rocce di varia natura, la diversa portata dei corsi d’acqua, determinano differenti aspetti del paesaggio costiero. Il contrasto è vivo soprattutto fra le parti estreme delle due « Riviere » di Ponente e di Levante. Nella Riviera di Levante, specialmente nel tratto delle cosiddette Cinque Terre e sul versante esterno del Promontorio di Portofino, poiché la catena costiera corre parallela al mare e vicinissima ad esso, i brevissimi torrenti che ne discendono hanno potuto creare solo delle minuscole spiagge sassose, continuamente minacciate dal mare. Caratteristiche di questa riviera, specialmente a oriente di Genova e nelle Cinque Terre, sono le ciazze o classe del dialetto locale, piccole e pittoresche gole fra le rocce dove venivano tirate a secco le barche, poggiandole sulla roccia viva. Alcune sono rimaste incluse nell’abitato dei quartieri orientali di Genova, da Boccadasse a Nervi. Molto rare ed esposte alla furia demolitrice del mare le « marine » allo sbocco di qualche piccola valle (Recco, Sori, Moneglia, Levanto). Caratteristiche della Riviera di Levante sono anche le « punte », cioè le sporgenze spesso tipicamente triangolari, delle montagne costiere sul mare: da Punta Chiappa nel Promontorio di Portofino, a Punta del Mesco e Punta Monesteroli che segnano i due estremi delle « Cinque Terre ». Il Promontorio di Portofino, formato di un resistente conglomerato oligocenico, che scende verso il mare aperto con imponenti falesie, interrompe il profilo della Riviera di Levante chiudendo il Golfo di Rapallo o Tigullio; su questo si affacciano la sezione di costa bassa da Chiavari a Cavi e, al di là delle dirute « Rocche di Sant’Anna », la spiaggia di Sestri formata dal torrente Gromolo e chiusa dalla penisoletta che fu un’isola fino ad epoca storica: la formazione dell’istmo si completò nei secoli XIV e XV. Nessun’altra isola, ma solo piccoli scogli pittoreschi, fino alle isole della Palmaria e del Tino che continuano il promontorio occidentale del Golfo della Spezia.

    Il paesaggio della costa si addolcisce nel lato orientale del Golfo della Spezia: la bella insenatura di Lerici, in primo piano il castello di San Terenzo.

    Nella Riviera di Ponente i rilievi che scendono al mare perpendicolari od obliqui alla linea di costa, lasciano il posto a una serie di « marine »: ecco quella di Alassio.

    Contrasti pittoreschi nella Riviera di Ponente: tra una «marina» e l’altra i rilievi scendono al mare con imponenti «capi»: il Capo di Noli.

    Le alte ripe del Promontorio di Portofino presso Santa Margherita: è ben visibile la costituzione della roccia, formata da un compatto conglomerato.

    Nella Riviera di Ponente mutano l’aspetto e la terminologia, soprattutto oltre Savona, dove tra l’una e l’altra dorsale montuosa, allo sbocco di valli e vallecole, le insenature colmate dalle alluvioni formano le cosiddette « marine » sabbiose o ciottolose, ma ampie e aperte in confronto alle ciazze. Tra l’una e l’altra un succedersi, non di « punte », ma di « capi », a base tondeggiante, con imponenti dirupi : Capo di Noli, di Caprazoppa, Capo Mele, Capo Cervo, Capo Berta. Della pianura di Albenga che si protende in mare a forma di triangolo, si è già parlato.

    Il Golfo di Genova non è che la parte più interna dell’arco costiero, il cui vertice è segnato non da Genova ma da Voltri. L’unico vero e proprio golfo ampio e riparato, è quello della Spezia: ben riparato anche dal vento più temibile di libeccio perchè aperto verso sudest.

    La costa ligure è una costa chiusa perchè i monti formano, specialmente alle due estremità, una barriera che la divide dal retroterra, ma attraverso ad essi si aprono alcuni facili passaggi naturali che hanno segnato fin da epoca remota il tracciato delle vie di penetrazione e che anche le strade moderne e le ferrovie hanno dovuto utilizzare: il Passo dei Giovi, tra la valle della Polcevera e quella della Scrivia, che, insieme ai passi del Turchino e della Scoffera, ha fatto di Genova lo sbocco naturale della pianura lombarda e di parte di quella piemontese ed emiliana; il Colle di Cadi-bona, per il quale Savona è lo sbocco del Piemonte; il Passo della Cisa, tra la val di Magra e la valle del Taro, che, insieme a quello del Cerreto, apre al Golfo della Spezia l’accesso alla regione emiliana; il Colle di Tenda, che mette in comunicazione la parte più interna del Piemonte con l’estrema Riviera di Ponente. Le vie carrozzabili utilizzano poi altri passi minori: di Nava e di San Bernardo (per le comunicazioni tra la valle del Tanaro, Imperia e Albenga), del Giovo (per le comunicazioni tra la Riviera savonese e il Piemonte), del Bocco (tra la Riviera chiavarese e la valle del Taro), di Cento Croci (tra l’alta valle della Vara e la valle del Taro).

    La scogliera di Nervi col pittoresco sfondo del Pro montorio di Portofino.

    La costa ligure è una tipica costa di attrazione. Alta ma non diritta, ha ospitato fin dalla più remota antichità una serie di centri marinari che hanno trovato riparo nelle sue numerose insenature; chiusa, ma con ampie brecce aperte verso il retroterra, ha potuto svilupparvisi il massimo porto mercantile italiano, quello di Genova, e due altri fra i maggiori d’Italia: Savona e La Spezia. Il clima eccezionalmente mite, unito alla bellezza dei suoi panorami, vi ha fatto fiorire, dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi, una serie di stazioni climatiche invernali ed estive tra le più famose in Europa e nel mondo. Il contrasto tra i promontori o i tratti di costa dove la roccia scende al mare con aspri dirupi, e le insenature con la loro cintura di colli coperti di ulivi e di giardini; i vecchi paesi incorniciati tra la roccia e il mare ; la varietà di tinte della roccia, della vegetazione, del mare e del cielo, fanno della Liguria marittima una delle regioni più pittoresche d’Italia, in cui si ritrovano l’immensità degli orizzonti marini, la severità della nuda roccia, la forza a volte violenta e selvaggia del mare che su di essa si infrange, la quieta dolcezza dei colli ammantati di ulivi, la ricca opulenza dei giardini dove figurano le piante tropicali o prospera in pieno inverno la coltura dei fiori.

    Il paesaggio naturale, così ricco di motivi e in continua evoluzione, è stato e continua ad essere profondamente trasformato dall’uomo e diviene sempre più un « paesaggio umano ». Come in poche altre regioni la natura è stata ricca di doni e nello stesso tempo ha costretto l’uomo ad una lotta continua per difendersi dall’opera demolitrice del mare, dalle alluvioni dei torrenti, dalle frane disastrose, per conquistare lo spazio alle colture, per trovare il posto agli abitati, ai porti, alle strade. Ma l’opera dell’uomo è divenuta, in questi ultimi anni, così multiforme e rapida, talora suggerita purtroppo solo da una visione di sfruttamento immediato, che il paesaggio della costa ligure è minacciato e sempre più autorevoli si levano le voci in difesa di tanto patrimonio paesistico.

    Il Promontorio di Portofino si rompe a sudest in una serie di basse colline e si frastaglia in pittoresche insenature nella punta omonima: panorama da Montallegro.