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Le Fonti D’energia

    Le fonti d'energia

    Se si guarda alle risorse minerarie d'ordine energetico, strido sensu, la posizione del Piemonte non appare certamente brillante, anche tenendo conto dell'accennata, promettente scoperta di idrocarburi. Di veramente importante, almeno per ora, non vi è che l'antracite valdostana di La Thuile, nella valle che conduce al Piccolo San Bernardo. Questa antracite, l'unica italiana in quantità non trascurabile, ha potere calorifero sulle 5100 calorie, e cioè più basso di quello delle antraciti straniere, da cui si distingue anche per la maggiore fragilità. Si trova in giacimenti lenticolari, la cui consistenza complessiva si stima attorno a 35 milioni di tonn. e che si trovano nell'area del colle della Croce, che è alto 2400 metri. La produzione attuale, assorbita dalla Società Nazionale Cogne, s'aggira sulle 40.000 tonnellate annue, ed è ottenuta da 460 operai.

    Come si vede, si tratta di una produzione assai limitata, capace di rispondere soltanto ad una frazione minima dell'odierno fabbisogno energetico del Piemonte. Per fortuna, all'avarizia del sottosuolo ha posto parziale rimedio l'abbondanza delle acque fluviali, la cui forza meccanica era già attivamente sfruttata in passato per muovere gualchiere e folloni, « piste da carta », martinetti e magli. La necessità di sottrarsi alle importazioni di carbone e di macchine a vapore per la nascente grande industria piemontese fece convergere entusiastiche aspettative sull'utilizzazione delle acque correnti per la produzione di energia elettrica. Non per nulla fu un piemontese, Galileo Ferraris, a vincere il grave ostacolo del trasporto a distanza della energia stessa. Superata questa difficoltà, inesauribile ricchezza parve quella del « carbone bianco », scrosciante nei torrenti dalle nostre montagne, ed ogni problema energetico sembrò automaticamente e per sempre risolto.

    Ricca d'acque, la val d'Ossola forma un completo sistema idroelettrico. Diga e invaso della « Edison » in vai Toggia.

     

    In effetti, la massa d'acqua non mancava, e non sarebbe mancata in avvenire, mentre le caratteristiche morfologiche del rilievo alpino occidentale, soprattutto quelle di origine glaciale, risultavano favorevoli alla creazione di elevati salti. Ma d'altra parte, e di ciò ci si rese conto con l'andare del tempo, il frazionarsi del rilievo in tanti bacini indipendenti e di modesta estensione, limitava forzatamente la potenza dei singoli impianti: il regime prevalentemente glacionivale o nivale, dei fiumi, ne riduceva di molto la portata nei mesi invernali, rendendo indispensabili misure d'integrazione. La quasi generale impermeabilità dei terreni montani si ripercuoteva poi sulle portate dei corsi d'acqua, esacerbandone i divari, non frenando cioè le massime e non attenuandone le minime, mentre la ripidità e la relativa strettezza dei solchi vallivi impediva la creazione di invasi di grande capacità per una regolazione pluriennale. Sta di fatto che, relativamente presto, le risorse idriche locali si mostrarono insufficienti a correlarsi con lo sviluppo industriale di Torino e del Piemonte.

    Vedi Anche:  Marchesati e Langhe

    Si sta formando il lago-serbatoio di Beauregard (Valgrisanche) uno dei maggiori delle Alpi occidentali.

     

    Distribuzione delle centrali elettriche (con potenza installata superiore a 1000 kW).

     

    Nel 1958 il Piemonte (compresa come al solito la Valle d'Aosta) contava un numero di centrali idroelettriche (662) superiore a quello di qualsiasi altra regione d'Italia: una potenza installata (2.442.318 kW) e una producibilità media-annua (7 miliardi e 600 milioni di kWh) lievissimamente superiori a quelle della Lombardia. Se ne deduce una relativa piccolezza media delle nostre centrali, in armonia appunto, come si diceva, col frazionamento del rilievo in tanti singoli bacini, aventi per la massima parte modesta superfìcie e quindi limitato deflusso. Tra le maggiori centrali elettriche del Piemonte, ricordiamo quelle di Motta Ponte, in vai d'Ossola (93.260 kW), di Rosone in valle dell'Orco (105.352 kW), di Avise in Valle d'Aosta (146.700 kW), di Pont-Saint-Martin (50.000 kW), di Signayes in Valpelline (42.300), di Valpelline (120.000 kW), di Maen (54.464 kW) e Covalou (44.160 kW) in Valtournanche, di Venalzio in vai di Susa. Più scarse e di minor potenza sono le centrali distribuite nelle valli delle Alpi Cozie e delle Alpi Marittime, tra le quali si ricordano quelle di Vinadio in vai Stura (48.000 kW) e di Sampeyre. Come termine di paragone basterà tenere presente che la centrale di Cardano in vai d'Isarco, che alimenta tanta parte delle industrie torinesi, ha una potenza installata di 199.000 kW. A compensare la modestia delle portate unitarie non basta evidentemente l'imponenza dei salti che nella centrale di Venalzio raggiungono il massimo di tutta Italia (1058 m.).

    Della modesta capacità dei nostri invasi è già una testimonianza il fatto che, mentre nel tratto alpino dall'Agogna al Mincio, i serbatoi costruiti hanno una capacità utile superiore ai 600 milioni di me., quelli nel tratto tra la Sesia e il Tanaro hanno una capacità utile appena superiore ai 200 milioni di me. Il maggiore dei serbatoi di regolazione piemontesi è quello di Beauregard (Valgrisanche) in Val d'Aosta (70 milioni di me.). Gli tengono dietro i serbatoi di Ceresole Reale in valle dell'Orco (36 milioni di me.) e del Moncenisio (32 milioni di me.), ora in territorio francese. Degno di menzione per le sue dimensioni è anche il lago-serbatoio di Telessio in valle dell'Orco (24 milioni di me.). Siamo comunque lontani, per es., dai 355 milioni di me. del lago-serbatoio di Molveno, nel Trentino-Alto Adige. Quando saranno portati a compimento i grandi impianti, ora in costruzione in Val d'Aosta (Avise della S.I.P. e Valpelline del Consorzio Elettrico Buthier), ben poco, in fatto di risorse idroelettriche, rimarrà da sfruttare in Piemonte. A meno che lo spopolamento montano renda possibile allagare interi tronchi di grandi valli, prospettiva, almeno per ora, alquanto lontana. In alcune vallate piemontesi si è già effettuata l'utilizzazione integrale delle acque del bacino sotteso. Come modello tipico di tale culminante realizzazione può citarsi il sistema idroelettrico della Toce, in vai d'Ossola, che con quattro gruppi di impianti, scaglionati lungo la valle, ne utilizza le acque, fra le quote 2460 e 224 sul livello del mare. Sono anche integralmente utilizzati gli affluenti Devero, Isorno, Diveria, Ovesca e minori. Completo è pure il sistema idroelettrico della Valtournanche, con i serbatoi del Goillet e di Cignana e con le centrali di Perrère, Maen, Covalou, Chàtillon.

    Vedi Anche:  Le maggiori città piemontesi

    Per sopperire alla crescente domanda di energia, specie da parte dell'industria, si sono costruiti di recente impianti ad acqua fluente sul Po, a monte e a valle di Torino. A monte è sorta la centrale di Moncalieri: a valle sono sorte quelle di Stura, San Mauro e Cimena. Un'altra centrale del genere sta per essere costruita in piena città, alla Madonna del Pilone. Dal bisogno di rimediare alle deficienze invernali di energia idroelettrica, in un primo tempo, e poi, in questi ultimi anni, dalla necessità di una più continua, regolare, ampia produzione, destinata a diventare di base, lasciando a quella idrica un ruolo sussidiario, sono derivati il potenziamento dei vecchi e la costruzione di nuovi impianti termoelettrici, come quelli di Moncalieri e di Chi-vasso — che possono funzionare anche a metano — senza contare le centrali termiche costruite a proprio uso, da grandi stabilimenti industriali.

    Centrale idroelettrica della Società Nazionale Cogne ad Aymaville.

     

    L'acqua di casa, dunque, non basta più, sebbene il Piemonte, con la Valle d'Aosta, producendo (1958) 7 miliardi e 211 milioni di kWh, e rappresentando quindi il 20% della produzione idroelettrica italiana, sia al terzo posto nella graduatoria nazionale delle regioni produttrici. E invece al quarto posto, dopo la Toscana, la Lombardia e la Liguria, per produzione di energia termoelettrica. Quanto ai consumi, con i suoi 1920 kWh annui-medi prò capite — più del doppio della media per abitante dell'energia consumata in Italia — il Piemonte occupa il primo posto. L'energia consumata in Piemonte non è tutta prodotta nella regione. Se ne importano, di fatto, forti quantitativi dalla Lombardia, dal Trentino Alto-Adige, dalla Toscana (Larderello). Per contro, dal Piemonte si esporta energia elettrica in Lombardia e in Liguria. La maggior parte del territorio piemontese rientra nella zona di influenza della Società Idroelettrica Piemonte (S.I.P.) e di sue consociate, come la Piemonte Centrale di Elettricità. L'Edisonvolta ha impianti in diverse località delle Alpi piemontesi, ma specialmente in vai d'Ossola.

    Vedi Anche:  Confini, forma e area

    La grande condotta forzata che alimenta l'impianto del Buthier superiore (Valpelline) In basso la centrale.

     

    Un collegamento idroelettrico internazionale è rappresentato dalla linea a 220 kV Avise-Piccolo San Bernardo.

     

    Per la sua posizione di confine il Piemonte ha interesse, sia alla possibile utilizzazione di acque derivabili dal versante francese, sia a scambi di energia col vicino Paese. Il quale, per altro, in seguito alle note rettifiche di confine, si è arricchito di un gruppo di centrali dell'alta valle Roja, e della centrale di Gran Scala, sopra Venalzio, in vai di Susa, già proprietà della S.I.P. Attualmente il Piemonte è collegato alla Francia, oltreché dalle linee provenienti dalle centrali ora ricordate, dall'elettrodotto a 220 kV che parte da Avise, per la centrale del Malgovert. Pure da Avise si stacca un elettrodotto che, per il Gran San Bernardo, porta energia alla stessa tensione in Svizzera (Guescet). Scambi di energia con la Svizzera avvengono pure attraverso centrali della vai d'Ossola, collegate mediante linee a 150 kV con le centrali di Morel e di Lucendro. Si tratta, è bene dirlo subito, di scambi di limitata importanza, e che, anche intensificandosi, non libereranno il Piemonte dalla necessità di ricorrere a fonti energetiche combustibili per coprire il suo fabbisogno.