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Regioni naturali storiche e tradizionali

    Le suddivisioni territoriali

    Regioni naturali

    « L’Umbria attuale non costituisce una unità ben definita e non presenta limiti naturali. Il suo territorio, anziché formare una regione geografica, è un insieme di parti diverse che la storia e le vicende amministrative hanno talvolta riunito, talvolta diviso. La parte settentrionale, con le sue ondulate colline di arenarie e di marne, sembra già un lembo della Toscana… Mentre ad est l’Umbria si estende sull’Appennino verso le Marche, a sudest e a sud le alte superfici calcaree preannunciano l’Abruzzo; a sudovest infine i ripiani vulcanici solcati da numerose valli appartengono già al paesaggio laziale. Regione di transizione insomma e di contatto, alla quale tuttavia la posizione centrale, la lontananza dal mare, il carattere prevalentemente montano hanno dato un certo isolamento e un relativo ritardo rispetto alle altre regioni ». Così il Desplanques, in un recente studio sulla nostra regione. In effetti non si può individuare nell’Umbria un’unità regionale, distinta nei suoi caratteri fisici fondamentali dalle regioni che la circondano. Essa non è che una parte della più grande regione appenninica interna, della quale riunisce nel suo territorio alcuni aspetti del vario e complesso paesaggio che ne è proprio.

    Le montagne e le colline, i fondovalle pianeggianti e le conche intermontane, le rocce calcaree, quelle arenaceo-marnose e i terreni alluvionali, il clima con le sue differenti caratteristiche in relazione aH’altimetria e alla distanza dal mare, sono elementi comuni a tutto l’ambiente, naturale dell’Appennino centrale, che, considerato a grandi linee, presenta nel complesso una notevole omogeneità. Le regioni naturali che lo costituiscono, e che anche nell’Umbria si possono facilmente riconoscere, si estendono su superfici discontinue, per la stessa frammentarietà del rilievo.

    Veduta aerea delle montagne a sud di Norcia, con la piccola conca di Cascia.

    Una regione dell’alta montagna, priva quasi ovunque di mantello boschivo, dove affiorano le nude rocce o il terreno si copre di una magra coltre erbosa, si sviluppa sulle sommità delle dorsali e dei massicci montuosi più elevati. Le aree più considerevoli s’incontrano tra i Sibillini e il Terminillo, dove vasti tratti sono al di sopra del limite naturale del bosco; ma si possono comprendere in questa regione anche tutti i lembi di territorio ad altitudine superiore ai iooo m., che seguono per lungo tratto lo spartiacque appenninico e che formano le zone culminali della Serra Maggio, del Subasio e della catena del monte Martano. Questa regione è caratterizzata climaticamente da temperature invernali assai rigide, da copiose precipitazioni, che però non attenuano l’aridità del suolo, sia per la natura dei terreni calcarei, sia per l’accentuata inclinazione che favorisce il rapido drenaggio; e infine da abbondante caduta di neve, che nelle parti più alte si mantiene sul suolo per oltre la metà dell’anno.

    La regione di bassa montagna scende fino ad una media quota intorno ai 600 m. ed è ricoperta per la maggior parte dal bosco qua più denso e rigoglioso, là rado e stentato, a seconda della ripidità del pendio o della presenza di rocce calcaree o arenaceo-marnose. Si estende sulle pendici della catena appenninica, come nel Subap-pennino, fino alla dorsale del monte Peglia e dei monti di Amelia e alle propaggini nordoccidentali dei Sabini. Nelle aree più favorevoli, per il minore declivio e la buona esposizione, la diffusione delle colture ne ha alterato profondamente la fisionomia. Il clima vi presenta caratteri più temperati che nella zona soprastante; le precipitazioni superano di regola il metro e la neve è rara e scompare in breve tempo.

    La regione di collina è costituita in massima parte dagli antichi depositi pliocenici fluviali e lacustri, che la successiva erosione normale ha inciso e parzialmente asportato, modellando una serie di rilievi molto addolciti che limitano, con linea irregolare, i fondi delle conche e delle valli. Di esigua estensione lungo l’alta valle del Tevere e quella del Chiascio e del Topino, la fascia collinare prende più ampio sviluppo nella parte centrale deH’Umbria, dove si estendeva il grande lago Tiberino, e si salda a mezzogiorno con le colline che circondano la conca ternana e a nordovest con le ondulazioni del bacino del Trasimeno. Collinare è anche tutto l’Orvietano, per quanto abbia forme più movimentate ed aspre, dovute alla presenza dei terreni vulcanici. Clima e vegetazione accostano questa regione, più che ogni altra parte del territorio umbro, all’ambiente mediterraneo: la temperatura è in complesso mite, anche se presenta talvolta bruschi sbalzi stagionali; le precipitazioni, un po’ meno abbondanti che in montagna, hanno sempre un minimo estivo e massimi autunnoinvernali, mentre la neve è di solito assente.

    Montagne spoglie di vegetazione al confine umbro-marchigiano, presso Gualdo Tadino.

    Infine la regione di pianura, formata dai ristretti lembi pianeggianti di fondo-valle e dalle più vaste piane che si stendono sul fondo delle conche. E la zona dei terreni alluvionali recenti, terreni di varia composizione perchè provenienti dalle diverse rocce che costituiscono i versanti collinari e montani. Situate a differenti livelli, da poco più di 50 m. nella bassa valle del Tevere, a circa 200 nella valle Umbra, a 450 nella conca di Gubbio, le piane non hanno uniformità di condizioni climatiche, almeno per quanto riguarda la temperatura, più mite nella zona occidentale, dove può giungere ancora l’influsso marino, con estremi più accentuati nelle zone interne; ma le accomuna la presenza di acque abbondanti e di una falda freatica abbastanza ricca, che attenua, almeno in parte, gli effetti dell’aridità estiva.

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    Regioni storiche e tradizionali

    Le vicende politiche dell’Umbria nel passato, come non hanno favorito la formazione di un’unità regionale, così non hanno neppure contribuito a caratterizzare nel suo territorio delle regioni storiche; unica eccezione può essere considerata lo Spoletino, che dal lungo periodo di dominazione longobarda ha conservato anche nell’ambiente antropico un’impronta comune. Ma più vive e reali sono in tutto il territorio umbro le minori suddivisioni tradizionali, che hanno la loro origine nelle stesse particolarità fìsiche del territorio. Ognuna di queste subregioni ha il suo centro in una conca o in un tratto di fondovalle più ampio ed aperto, e comprende le pendici collinari e montane che gli fanno corona e che lo dividono dai territori contigui. Si è già osservato come la montagna in Umbria sia in genere un fattore di separazione, e non solo dove è più elevata, ma anche dove le altitudini sono modeste, e soprattutto dove la montagna è calcarea, come accade in buona parte della regione. I rilievi delimitano dunque una serie di minori unità territoriali, nelle quali la diversa altime-tria, le forme e la natura del terreno, l’orientamento dei versanti, le particolarità locali del clima, creano differenti condizioni ambientali; e in alcune di esse il relativo isolamento, dovuto principalmente alla difficoltà delle comunicazioni, ha contribuito anche a differenziare lo sviluppo dell’attività umana e i modi di vita degli abitanti.

    Le regioni storiche dell’Umbria

    Tali sono la conca di Gubbio e quelle di Norcia e di Cascia, la Vaitopina, la Val-nerina, la Vallinarca (lungo il medio corso del Nera), la vai Tiberina (l’alta valle del Tevere fra Sansepolcro e Città di Castello), la Teverina (lungo il basso Tevere, tra la confluenza del Paglia e quella del Nera), la conca di Terni, la valle Umbra o valle Spoletana.

    Nelle aree marginali, sia verso la Toscana che verso le Marche e a sudest lungo l’antico confine del Regno di Napoli, le piccole regioni tradizionali hanno mantenuto una maggiore compattezza, poiché la loro stessa posizione ha contribuito a rafforzare i vincoli tra gli abitanti e a rendere meno intensi i rapporti con il resto dell’Umbria, tanto più che le variazioni dei limiti politici e amministrativi nel tempo hanno portato alcune di tali aree ad accostarsi ora ad una ora all’altra delle regioni vicine. Inoltre sono da tener presenti le tendenze individualistiche, che ebbero la loro massima espressione nel periodo comunale e poi in quello delle signorie e sopravvissero anche all’incorporazione dell’Umbria nello Stato della Chiesa; esse non poterono che favorire il frazionamento della regione, creando intorno a ciascuna delle città e dei borghi preminenti aree di gravitazione ben definite, che si sono mantenute pressoché inalterate anche negli ordinamenti amministrativi più recenti.

    Profonde incisioni alle falde del monte Peglia in fondo, la valle del Tevere.

    Un esempio singolare del frazionamento politico che si ritrova nella regione tra il ’200 e il ’400 è dato da un piccolo territorio che alla metà del secolo XIV ancora conservava una completa autonomia nei confronti del potere centrale. Esso comprendeva una breve area collinare sulle falde nordorientali del monte Martano, tra Mon-tefalco e Massa Martana; le località principali erano Giano e Castelritaldi, con altri quattro paesi che oggi fanno parte dei due comuni. La regione costituiva una unità a sé, con un governo proprio ordinato in un capitanato o vicariato e prendeva il nome di « Normandia ». Ebbe forse origine nello stanziamento di elementi normanni su quel territorio, alla fine del secolo XI (si sa che in quell’epoca i Normanni attaccarono Spoleto), il che spiegherebbe sia il nome, sia l’autonomia che le era stata riconosciuta e che potè mantenere per un così lungo periodo.

    Le divisioni amministrative nel passato e attuali

    La più antica partizione amministrativa di cui si ha notizia è quella dell’età romana, derivata già probabilmente dai primitivi ordinamenti delle genti italiche.

    I municipi, cioè le città che godevano di autonomia ed avevano una costituzione propria, con propri magistrati locali, erano ben 48, secondo il catalogo di Plinio, neH’Umbria augustea che, con il Lazio e il Piceno, doveva essere una delle regioni più popolate e più ricche di centri abitati. Nell’area corrispondente al territorio dell’Umbria attuale si trovavano: TifernumTiberinum(Città di Castello), Perusia(Perugia), Clusium novum (Castiglione del Lago), Iguvium (Gubbio), Tadinum (Gualdo Tadino), Nursia (Norcia), Nuceria Camellaria (Nocera), Asisium (Assisi), Hispellum (Spello), Fulginium e Forum Flaminii (Foligno), Vettona (Bettona), Urvinium Hortense (Col-lemancio, presso Cannara), Mevania (Bevagna), Trebia (Trevi), Spoletium (Spoleto), Tuder (Todi), Carsulae (presso Sangémini), Ameria (Amelia), Interamna Nahartium (Terni), Narnia (Narni), Volsinii (Orvieto), Ocriculum (Otrìcoli). Dai municipi dipendeva il territorio circostante, con i minori nuclei abitati, distinti in vici, pagi e castella.

    Questo ordinamento si mantenne nella divisione ecclesiastica, per cui la maggior parte dei municipi divennero sedi vescovili (le antiche diocesi dell’Umbria erano almeno una quindicina, ridotte oggi a 13, con l’unione di Nocera a Gualdo Tadino e di Narni a Terni); e non vi dovettero apportare sostanziali mutamenti i vari dominii successi alla dissoluzione dellTmpero Romano. Nel periodo comunale e poi in quello delle signorie erano infatti ancora le stesse città che si dividevano praticamente il dominio della regione, e ad esse veniva mantenuta, sia pur non senza contrasti, una certa autonomia fino agli inizi dell’età moderna.

    Vedi Anche:  Perugia, Assisi, Foligno e Folignate

    Il vasto piano della valle Umbra, visto dalla Rocca di Assisi.

    Perugia e Spoleto emersero fra le altre, per la parte che ebbero nelle vicende politiche dell’Umbria, e su queste due città, riconosciute preminenti anche dall’ordinamento ecclesiastico, s’imperniava, durante i secoli dell’effettivo dominio pontificio, la divisione amministrativa della regione. Questa, fino alla fine del ’700, era ripartita fra il «Perugino», che comprendeva il territorio di Perugia, e 1’« Umbria», corrispondente alle terre già appartenenti al Ducato longobardo di Spoleto, con il territorio di Terni. Facevano parte a sè 1’« Orvietano » e il territorio di Città di Castello, mentre quello di Gubbio era unito alla « Marca di Ancona ». Nell’alta vai Tiberina, al confine con il Granducato di Toscana, si conservava indipendente da quasi tre secoli la minuscola repubblica di Cospaia, sorta quando, nel 1440, il Papa cedette Sansepolcro in pegno ai Fiorentini; l’incertezza del confine, stabilito ad un fosso mentre sul terreno se ne trovarono due, diede vita a questo piccolo territorio neutrale, che mantenne la sua indipendenza fino al 1826, allorché la repubblica di Cospaia fu soppressa, essendo divenuta focolaio di contrabbando.

    L’ordinamento napoleonico raggruppava tutta l’Umbria attuale, escluso sempre il territorio di Gubbio, nel Dipartimento del Trasimeno, con capoluogo Spoleto, suddiviso nei quattro circondari di Spoleto, Foligno, Perugia e Todi.

    Dopo il 1815 si ritornò sostanzialmente all’ordinamento precedente. Il «Perugino » formò la Delegazione di Perugia, ripartita in quattro distretti : Perugia, Città di Castello, Foligno e Todi; 1’« Umbria » costituì la Delegazione di Spoleto, con tre distretti: Spoleto, Norcia e Terni (nel distretto di Norcia era compreso il Vissano, appartenente, per ragioni fìsiche e tradizionalmente, al bacino del Nera). Il distretto di Gubbio, che si estendeva anche sul versante adriatico dell’Appennino, dipendeva dalla Legazione di Urbino e Pesaro; quello di Orvieto, con Ficulle, dalla Delegazione di Viterbo. Le minori suddivisioni amministrative delle due Delegazioni di Perugia e Spoleto erano già, eccettuate trascurabili variazioni, quelle che si sarebbero ritrovate nell’ordinamento del Regno italiano: i governi rimasero territorialmente come mandamenti ; i capoluoghi di governo e i comuni corrispondevano a quelli che divennero poi i comuni della provincia dell’Umbria.

    Ai margini della valle Umbra, presso Spello: le pendici del Subasio coperte di oliveti.

    Con l’annessione vi fu invece un rimaneggiamento nelle partizioni amministrative principali: la provincia dell’Umbria venne formata con i territori delle due delegazioni sopra ricordate, escludendo da quella di Spoleto il Vissano, che fu unito alle Marche, il cui confine si stabilì perciò in questo tratto al di qua dello spartiacque appenninico; per contro, l’Umbria oltrepassava più a nord il suo limite naturale acquistando, con il territorio di Gubbio, i comuni di Scheggia e Pascelupo sul versante adriatico. A ponente vi si unì il distretto di Orvieto, che fu staccato dal Patrimonio di San Pietro, rimasto sotto il dominio papale fino al 1870. Infine a sud la nuova provincia fu accresciuta di tutto il territorio di Rieti con la Sabina, che restò poi unito all’Umbria per oltre un sessantennio. Non tenendo conto di quest’ultima area, che non è compresa nell’Umbria attuale, la provincia Umbra risultava divisa nei cinque circondari di Perugia (corrispondente al territorio dell’omonima delegazione, senza il distretto di Foligno), Foligno, Orvieto (a cui furono aggiunti tre comuni già appartenenti a Perugia), Spoleto (con Norcia) e Terni. Il circondario di Perugia (che divenne capoluogo della provincia) era il più vasto, comprendendo oltre il 42% dell’intero territorio. I comuni erano in totale un centinaio, di diversa ampiezza: in genere più grandi quelli delle zone collinari dell’Umbria settentrionale e centrale, mentre a sud, nello Spoletino e nel Ternano, eccettuati alcuni grandi comuni della montagna, erano più frequenti i comuni di piccola estensione. Il loro numero venne poi ridotto con la fusione di alcuni minori territori comunali e con l’aggregazione di piccoli comuni ai maggiori comuni vicini.

    Nel 1927 venne costituita la provincia di Terni, alla quale fu assegnato il territorio del corrispondente circondario, completato da gran parte dell’Orvietano (esclusi i tre comuni settentrionali) e dal comune di Baschi, già dipendente da Perugia. Quest’ultima ebbe dalla provincia di Arezzo i comuni di Monte Santa Maria Tiberina e Monterchi, e da Macerata quello di Visso, che le fu di nuovo tolto due anni dopo; anche Monterchi ritornò in sèguito alla provincia d’origine. Si giunse così alla partizione amministrativa attuale: le due province di Perugia e Terni si estendono oggi rispettivamente su tre quarti (kmq. 6.339,71) e un quarto (kmq. 2.121,97) del territorio deH’Umbria. I comuni sono complessivamente 91, dei quali 59 appartengono alla provincia di Perugia e 32 a quella di Terni; un solo sdoppiamento di territorio comunale si è avuto negli ultimi anni, con la spartizione del comune di Baschi nei due nuovi comuni di Baschi e Montecchio.

    Vedi Anche:  Val Tiberina e Gubbio

    La media superficie dei comuni umbri è la più elevata di tutte le altre regioni, con circa 93 kmq., quasi due volte e mezzo l’estensione media dei comuni italiani; maggiore nella provincia di Perugia, dove supera i 107 kmq. ; assai più bassa in quella di Terni (66 kmq.). Prevalgono i comuni grandi e grandissimi, non solo per la superficie occupata, ma anche per il numero; 41 sono infatti i comuni la cui area è superiore a 50 kmq., e coprono oltre l’85% del territorio dell’intera regione, e quasi il 90% della provincia di Perugia. Di essi, 28 hanno un’estensione inferiore a 100 kmq., 12 sono compresi tra 100 e 200, e superano i 200 kmq. ben n comuni dei quali 9 nella provincia di Perugia (del cui territorio occupano il 45%) e 2 in quella di Terni. Il maggiore è Gubbio, che comprende tutta la sua conca e le montagne che la delimitano e, con i suoi 525 kmq., è per estensione all’ottavo posto tra i comuni italiani e al secondo dell’Italia centrale, superato soltanto da quello di Roma.

    Pioppi e vigneti nella piana di Foligno

    L’esistenza di queste grandissime superfici comunali si ricollega per lo più all’importanza che ebbero nelle vicende politiche della regione i loro capoluoghi, verso i quali gravitava per tradizione, e gravita spesso ancor oggi, un ampio territorio; l’attuale ordinamento ha lasciato sostanzialmente invariati i limiti di tali aree. E il caso dei comuni di Perugia, Spoleto, Foligno, Gubbio, Todi, Città di Castello, Umbèrtide, Orvieto. La grande estensione dei comuni di Norcia e Cascia è giustincata dalla montuosità del territorio e dal relativo isolamento che esso conservò fino ai tempi nostri per la deficienza delle comunicazioni e la posizione di confine. Solo Terni, tra i comuni maggiori, è il risultato di un ingrandimento recente, poiché raggiunse l’attuale superficie (circa 212 kmq.) con l’aggregazione di sei comuni adiacenti, quando divenne capoluogo della nuova provincia.

    La piana del Tevere presso Perugia

    In provincia di Perugia nessun comune è al di sotto di 10 kmq.; e quasi li raggiunge il più piccolo comune ternano (Penna in Teverina); 7 comuni sono compresi fra 10 e 20 kmq., quasi tutti in provincia di Terni. Tutti gli altri sono di ampiezza media, da 20 a 50 kmq. In generale si può osservare una maggiore frequenza di piccole e medie superfici comunali in corrispondenza di valli strette o non molto ampie, come nella media ed alta Valnerina, nell’alta valle del Chiascio, e nella Teverina, di cui appartiene all’Umbria la sola parte sulla sinistra del fiume. Alcuni comuni di media ampiezza si incontrano anche sui due versanti della valle del Tevere tra Perugia e Todi.

    La composizione dei terreni comunali è in genere abbastanza uniforme, indipendentemente dalla loro ampiezza, e trae in massima parte le sue origini dalle vicende stesse del popolamento e dello sfruttamento agricolo della regione. L’area di influenza dei singoli centri, che sorgono quasi sempre in collina, si estende infatti verso il basso, dove le piane e i fondovalle offrono migliori condizioni per l’agricoltura, e verso l’alto, dove la montagna, con i boschi ed i pascoli, integra le risorse deireconomia rurale.

    Val Tiberina: fra Umbèrtide e Città di Castello.

    Esclusi i pochi casi in cui i comuni si estendono su intere conche o sui due versanti di un’ampia valle — e sono sempre comuni molto grandi, come Gubbio, Norcia, Città di Castello, Umbèrtide, Nocera Umbra, ecc. — il fondovalle è di solito diviso fra i territori comunali dell’uno e dell’altro versante, come si verifica nella Teverina, nel piano del Tevere tra Perugia e Todi, nella valle Umbra e in parte della valle del Nera. Tuttavia raramente il confine segue la linea del corso d’acqua, ma piuttosto antichi limiti di proprietà o di domini politici, oppure, come lungo il basso Tevere, un antico alveo del fiume, che si discosta anche notevolmente da quello attuale. I confini che seguono l’idrografia sono invece più frequenti lungo i versanti incisi profondamente da fossi e torrenti, dove il solco di questi costituisce sempre un limite ben definito. In montagna è scarsamente seguito il limite naturale dello spartiacque, e prevalgono i confini a decorso irregolare, ereditati da quelli delle aree di utilizzazione del bosco e del pascolo da parte delle singole comunità rurali.

    Un altro caso di sopravvivenza di condizioni passate sono le isole amministrative, parti di territori comunali completamente isolate dal corpo principale e situate nel territorio di altro comune o di altre province e regioni. L’Umbria ne possiede sei, delle quali due sono fuori della regione: una in provincia di Pesaro e Urbino (Monte Ruperto, del comune di Città di Castello) e una in provincia di Viterbo (Caio, del comune di Attigliano); una terza (Poggio Valle), dipendente da Fabro, in provincia di Terni, è situata nel territorio perugino; infine le tre rimanenti restano nell’àmbito della stessa provincia. Tra queste ultime prevalgono per superficie le isole amministrative di Poggio (comune di Otrìcoli), che ha un’estensione maggiore dello stesso comune da cui dipende, e quella di Frattuccia (comune di Guardea); la minore è Leoncini (comune di Umbèrtide). Quasi tutte queste aree corrispondono a zone di bosco e pascolo, tradizionalmente sfruttate dagli abitanti dei rispettivi comuni.