Vai al contenuto

I confini

    I confini.

    La Campania ha attualmente un confine terrestre lungo circa 520 km. Esso parte dalla foce del Garigliano, del quale segue il sinuoso corso fino alla confluenza tra il Gari e il Liri, e include pertanto tutto l’apparato vulcanico del Roccamonfina e alcuni minori rilievi calcarei a nord di esso, cioè il Monte Camino e la dorsale di Monte Lungo (960 m.). Seguendo poi per un tratto la valle del Peccia, affluente del Garigliano, sale sull’appendice più meridionale delle Mainarde e ne segue lo spartiacque, toccandone le cime più alte (Sammucro, 1205 m. ; Cèsima, 1170 m.) e deprimendosi a 451 m. al valico dell’Annunziata Lunga, dove passa una strada molto importante per i collegamenti tra Cassino, Venafro ed Isernia, cioè tra il Lazio e il Molise attraverso le valli del Garigliano e del Volturno.

    In corrispondenza della stretta di Presenzano, che divide l’alta dalla media valle del Volturno, il confine della Campania raggiunge l’ampio letto del fiume e lo segue verso monte per una quindicina di chilometri fino ad avvicinarsi alle falde nordoccidentali della montagna del Matese, che il fiume lambisce alla base. Segue quindi la dorsale più elevata della montagna, includendo le conche carsiche che si allungano su di essa (Gallo, Letino, Campo delle Sècine, Lago Matese); passa presso la cima di Monte Miletto (2050 m.), per la Gallinola (1922 m.), per Monte Mutria (1822 m.) e si abbassa nell’alta valle del Tammaro, della quale esclude la sezione superiore (Sepino, San Giuliano, Cercemaggiore).

    Sull’Appennino Sannita la linea di confine coincide solo per brevissimi tratti con lo spartiacque tra i fiumi tirrenici e quelli adriatici. Passando presso la cima della Morgia Giuntatore (984 m.), discende nella valle del Fortore e include l’alto bacino di quel fiume, i cui comuni furono aggregati alla Campania con la formazione della provincia di Benevento. Risale quindi i Monti della Dàunia e volge verso sud con andamento incerto, appoggiandosi ora a linee di cresta, ora a solchi vallivi dei principali rilievi del Subappennino Adriatico e includendo buona parte dell’alto bacino del Cervaro e del Calaggio. La cessione alla Puglia di alcuni comuni ha fatto rettificare la linea di confine, la quale si è arretrata alle dorsali più occidentali del Preappennino Pugliese.

    Vedi Anche:  Le solennità religiose

    L’Òfanto segna per lungo tratto il confine tra la Basilicata e la Campania, fin quasi alla Sella di Conza. A causa del suo regime torrentizio e del gran volume di acqua, che convoglia nel suo largo alveo durante le piene autunnali ed invernali, il fiume ha limitato i rapporti tra le opposte sponde, costituendo un considerevole ostacolo fisico ai collegamenti tra i due versanti. Di ciò è prova anche il fatto che il suo corso è quasi tutto una linea di confine, interprovinciale nel tratto inferiore (tra Foggia e Bari), interregionale nel tratto medio e superiore (tra Basilicata, Puglia e Campania).

    Dalla Sella di Conza la linea di confine passa sul versante tirrenico, taglia il Monte Marzano e raggiunge il Plàtano, del quale percorre verso valle la gola di Ricigliano e di Romagnano, una delle più grandiose della nostra regione, che ha costituito un diaframma insuperabile tra l’alto bacino del Melandro e la valle del Sele prima della costruzione della ferrovia, la quale la risale quasi tutta in galleria. La presenza di un tale ostacolo naturale ci spiega perchè il bacino di questo subaffluente del Sele non abbia mai fatto parte della Campania.

    Dalla confluenza del Melandro il confine risale per un tratto la valle di questo fiume, anch’essa di difficile transito e di ostacolo ai rapporti tra il suo bacino e quello del Sele, e percorre sinuosamente la Catena della Maddalena, ora includendo, ora escludendo i piani e i campi carsici che si allineano sulla sommità e raggiungendo

     

     

    le cime più alte (Sièrio, 1286 m. ; Gargaruso, 1325 m. ; Cavallo, 1396 m. ; Amoruso, 1288 m. ; Lo Serrone, 1502 m.). Gli agevoli collegamenti tra il Vallo di Diano e le valli del Melandro e dell’Agri, ad esso parallele, ci spiegano da una parte i frequenti rapporti culturali e politici tra il Cilento e la Lucania ionica sin dai tempi preistorici, e specialmente durante l’immigrazione dei Lucani e la colonizzazione greca, dall’altra la secolare appartenenza dei territori di Balvano, Vietri, Brienza, Màrsico Nuovo ed altri pochi comuni al Principato Citeriore.

    Vedi Anche:  La Campania dall'Unità d'Italia ai nostri giorni

    Dalla Campania rimane esclusa una piccola parte del bacino del Calore (ramo sorgentifero del Tànagro): il confine coincide con un tratto del suo corso, poi attraversa i monti a nordest di Sapri (Serralunga, 1483 m.), per raggiungere il mare in corrispondenza di un aspro promontorio, pochi chilometri a sud di Sapri.

    Dopo la perdita delle Isole Ponziane, rimangono alla nostra regione le Isole Napoletane, che sono Capri (1036 ha.), Ischia (4633 ha.), Pròcida con Vivara (414 ha.), Nìsida (32 ha.), che è legata alla terraferma con un ponte, oltre a numerosi scogli a non molta distanza dalla costa, tra i quali meritano di essere ricordati alla periferia del Golfo di Napoli i seguenti: La Gaiola presso il promontorio di Posìllipo; San Martino a ovest del Monte di Pròcida, raggiungibile per mezzo di un ponte; il Fungo davanti alla spiaggia di Lacco Ameno, dalla caratteristica forma assunta per l’azione delle onde sul materiale tufaceo che lo compone; i Faraglioni di Capri, di fama internazionale; il Vervece e la Pila, spuntoni calcarei emergenti dalle acque davanti alla costa di Massa Lubrense; Revigliano davanti alla foce del Sarno.

    Nel Golfo di Salerno molto noti sono Li Galli o Sirenuse, gruppo di tre isole di differente forma e grandezza, in cui il canto dei poeti, perpetuato dalla tradizione popolare, ha riconosciuto le Sirene, pietrificate in posizione diversa dopo che Ulisse ne disdegnò le grazie e la musica ammaliatrice. Nei pressi vi sono gli scogli di Vivaro e Isca, frequentati, come Li Galli, da cacciatori e sedi di ville. Lungo la costa del Cilento si contano vari scogli, dei quali il più grande è la cosiddetta Isola Licosa davanti alla punta omonima.

    Vedi Anche:  Le regioni storiche e tradizionali

    La Campania si affaccia al mare su un litorale lungo circa 360 km. (ma 430 con le isole), incurvato in ampi golfi e in minori insenature, che offrono ottimi rifugi ai naviganti e sono stati visitati da essi fin dai tempi più remoti. Attraverso i porti e gli empori creati lungo la nostra costa si sono svolti intensi rapporti culturali e commerciali tra le popolazioni della pianura litoranea o dell’interno e coloro che occupavano o frequentavano tali porti e scali. Le isole che fronteggiano la Campania hanno favorito questi rapporti.

    La linea di costa ha subito in epoca storica notevoli modificazioni, sia per la sedimentazione delle alluvioni fluviali, sia per l’azione dei vulcani, le cui colate laviche hanno raggiunto talvolta il mare con la loro fronte, sia per i movimenti bradisismici che hanno interessato in misura più sensibile le coste dei Campi Flegrei e della Penisola Sorrentina, sia, infine, per l’opera dell’Uomo che ha trasformato alcuni tratti del nostro litorale con la costruzione di moli, banchine, porti, muri e scogliere protettive e con la colmata di alcuni specchi d’acqua.